Condominio

Le molte vie per «dissentire» in assemblea e sulle liti

di Anna Nicola

L'art.1132 c.c. così recita: <<Qualora l'assemblea dei condomini abbia deliberato di promuovere una lite o di resistere a una domanda il condomino dissenziente, con atto notificato all'amministratore, può separare la propria responsabilità in ordine alle conseguenze della lite per il caso di soccombenza. L'atto deve essere notificato entro trenta giorni da quello in cui il condomino ha avuto notizia della deliberazione. Il condomino dissenziente ha diritto di rivalsa per ciò che abbia dovuto pagare alla parte vittoriosa. Se l'esito della lite è stato favorevole al condominio, il condomino dissenziente che ne abbia tratto vantaggio è tenuto a concorrere nelle spese di giudizio che non sia stato possibile ripetere dalla parte soccombente.>>
Questa normativa non ha subito modificazioni dalla Legge 11 Dicembre 2012 n. 220. Apparentemente lineare e semplice, la stessa crea più problemi di quanti era, in origine, destinata a risolverne.
Una linea critica, senz'altro risalente, osserva: «Questa disposizione, per cui la minoranza può tirarsi da parte in una posizione agnostica e di attesa, crea una situazione anormale, che talvolta può anche risultare illogica e ingiusta, ponendo il condomino ribelle in una situazione di privilegio, nel senso che, non partecipando alla lite, che pure riflette un interesse comune, viene a sottrarsi ad ogni responsabilità civile se le cose vanno male, mentre viene ad avvantaggiarsi se le cose vanno bene». (A. Visco in Le case in condominio, Milano, 1976, p. 812)
Si può osservare che la norma in esame deroga ai principi generali dettati dall'art. 1123 c.c.
Il diritto di dissentire dalle liti è concorrente e alternativo, quando ne ricorrano le condizioni con il diritto dei singoli condòmini di impugnare le delibere assembleari ai sensi dell'art.1137 c.c.
Su quest'ultimo aspetto, in pendenza del termine previsto a pena di decadenza, dall'art.1137 c.c., il condomino dissenziente ha, quando ne ricorrano le condizioni, due possibilità: impugnativa o atto di dissenso.
Inutile dire che le conseguenze dei due rimedi sono alquanto diverse. Si pensi ad es. un condomino potrebbe, pur ritenendo illegittima la delibera, non voglia affrontare l'aleatorietà di un giudizio.
Il rimedio di cui all'art. 1132 c.c. è limitato alle conseguenze della lite per il caso di soccombenza.
È un rimedio concesso solo a chi abbia votato contro la delibera o si sia astenuto.
Più difficile è comprendere, e far comprendere agli interessati, un particolare di non poco conto: il dissenso opera in merito alle conseguenze della lite, per il caso di soccombenza; con ciò, il dissenziente non è esonerato dal contribuire, secondo la regola di cui all'art. 1123 c.c., alle spese necessarie per introdurre il giudizio o per resistervi.
Le spese legali dell'avvocato e quelle propedeutiche necessarie per gli incombenti di radicare un giudizio sono da suddividere tra tutti i condòmini, favorevoli, contrari o astenuti che siano.
Secondo, è bene ricordarlo, la regola generale di cui all'art. 1123 c.c.
«Il condomino dissenziente non può dissociarsi dall'obbligo di sostenere le spese propedeutiche alla causa poiché tale potere è previsto dall'art. 1132 c.c. solo con riferimento alle conseguenze della soccombenza». (Trib. Firenze, 4 dicembre 2006, n.4149).
Quella riserva (il dissenso) opera nell'eventualità di esito sfavorevole della vicenda giudiziaria.4
«L'operatività dell'art. 1132 c.c. non va oltre l'esonero del condomino dissenziente dall'onere di partecipare alla rifusione delle spese di giudizio in favore della controparte, nell'ipotesi di esito della lite sfavorevole per il condominio, lasciando la norma, tuttavia, immutato l'onere di partecipare alle spese affrontate dal condominio per la propria difesa» (Trib. Bologna, 12 ottobre 2007, n.2618
La formulazione dell'art. 1132 c.c. indica in modo molto chiaro che il dissenso opera per tenere indenne il dissenziente da quanto si debba, per avventura, corrispondere, all'esito (sfavorevole) della lite, alla controparte.
Una facoltà nel mondo giuridico non può essere lasciata a tempo indeterminato.
Ex art. 1132 c.c. il legislatore ha previsto un termine e un modo per l'esercizio del diritto.
Il termine è di trenta giorni da quello in cui il condomino, che intende dissentire, abbia avuto notizia della deliberazione. Ciò significa che se l'interessato è presente all'assemblea, il termine decorre dalla data assembleare. Se invece l'interessato è assente, solo a decorrere dall'invio del verbale dell'assemblea può decorrere il termine di trenta giorni.
L' art. 1132 c.c. dispone che il dissenso vada notificato, all'amministratore, entro trenta giorni da quello in cui il condomino ha avuto notizia della deliberazione: esso opera solo all'interno del condominio, nei confronti dello stesso e, singolarmente, degli altri condòmini.
La separazione della responsabilità del condomino dissenziente da quella degli altri ha effetto solo tra i condomini e non riguarda il terzo che è in lite con lo stesso e verso il quale è impegnato tutto il condominio compresi i dissenzienti. Pertanto nell'ipotesi di soccombenza del condominio nella lite anche i dissenzienti possono essere costretti a pagare il terzo e dopo rivalersi contro il condominio di ciò che abbiano dovuto pagare alla parte vittoriosa (art.1132 - 2 comma - c.c.). La rivalsa deve essere limitata alle spese e ai danni che si sarebbero evitati se non si fosse fatta causa. In relazione, poi, al caso in cui la lite abbia esito favorevole al condominio ma non è possibile recuperare le spese, anche il dissenziente è tenuto a tutti gli oneri se la lite riguarda la conservazione di cose comuni o cose da cui il medesimo trae utilità (Di ciò, più specificamente infra, paragrafo D - esito favorevole al condominio -).
L'esonero del condomino dissenziente dalle spese ha come presupposti che la lite riguardi le parti comuni dell'edificio e che la proposizione della controversia in sede civile sia stata deliberata dall'assemblea (Cass. n. 5163/1997).
Di recente, la S.C. (Cass. 7095/2017) ha precisato, al riguardo che <<L'amministratore di condominio, tenuto conto delle attribuzioni demandategli dall'art. 1131 c.c., può resistere all'impugnazione della delibera assembleare ed impugnare la relativa decisione giudiziale senza necessità di autorizzazione o ratifica dell'assemblea, atteso che, in dette ipotesi, non è consentito al singolo condomino dissenziente separare la propria responsabilità da quella degli altri condomini in ordine alle conseguenze della lite, ai sensi dell'art. 1132 c.c., ma solo ricorrere all'assemblea avverso i provvedimenti dell'amministratore, ex art. 1133 c.c., ovvero al giudice contro il successivo deliberato dell'assemblea stessa.>>
Per i terzi, questa “separazione” non ha rilievo alcuno. Si tratta di conseguenza che si ricava direttamente dall'art. 1132 c.c.
La previsione significa che il condomino dissenziente sia esposto verso i terzi e possa subire le conseguenze negative della responsabilità del condominio nei loro confronti e, dunque, alla stregua dell'insegnamento delle Sezioni Unite (Cass. S.U. 9148 /08), nei limiti della propria quota di partecipazione.
Le liti fra condòmini o fra condomino e condominio è argomento spinoso
La Suprema Corte 801/1970 ha precisato: <<Il condominio non può pretendere che alle spese non ripetibili sopportate in una lite giudiziaria da esso sostenuta e vinta contro un condomino, partecipi pro quota anche il condomino soccombente. Invero nell'ipotesi non è applicabile, neppure in via analogica, l'art. 1132 c.c., che disciplina l'ipotesi di lite tra un condomino e un terzo estraneo e neppure l'art. 1101 c.c., richiamato dall'art. 1139 stesso codice. Nell'ipotesi di controversie tra condomini, infatti l'unità condominiale viene a scindersi di fronte al particolare oggetto della lite per dar vita a due gruppi di partecipanti al condominio in contrasto tra loro, con la conseguenza che il giudice, nel dirimere la contesa, provvede anche definitivamente sulle spese del giudizio sicché la parte soccombente non può essere tenuta a pagare alla parte vittoriosa, per spese del giudizio, una somma maggiore di quella per cui ha riportato condanna. Tale principio è inderogabile quando sia certo che l'interesse del condomino vincitore non abbia comportato affatto alcun vantaggio nei confronti del condomino soccombente.>>
Principio più volte ribadito dalla S.C. (tra le più recenti: Cass. 13885/2014; Cass. 1629/2018); in quest'ultima ordinanza c'è una precisazione sulla quale vale la pena di soffermarsi:
Questo orientamento spiega come nell'ipotesi di controversia tra condominio e uno o più condòmini, la compagine condominiale viene a scindersi di fronte al particolare oggetto della lite, per dare vita a due gruppi di partecipanti al condominio in contrasto tra loro, nulla significando che nel giudizio il gruppo dei condomini, costituenti la maggioranza, sia stato rappresentato dall'amministratore (Cass. 13885/2014; Cass. 801/1970, n. 801).
Quando il condominio vince la causa, il terzo comma dell'art. 1132 c.c., si ha che, sulla base della Relazione al Codice Civile, in data 4 aprile 1942 <<Può darsi però che l'esito della lite sia favorevole al condominio e il condomino dissenziente ne tragga vantaggio; in tal caso, se non è possibile ripetere dalla parte soccombente le spese del giudizio, è giusto che egli concorra in queste nei limiti del vantaggio che gli deriva, poiché altrimenti il vantaggio sarebbe da lui realizzato ad esclusivo carico degli altri partecipanti alla comunione (stesso articolo, terzo comma).>>

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