Condominio

Calore in condominio: contabilizzazione e termoregolazione

di Anna Nicola

Il D.Lgs. n. 102/2014 ha recepito la Direttiva europea 2012/27/Ue tesa al contenimento del consumo energetico e all'emissione dei gas serra, imponendo nei palazzi dotati di impianti centralizzati la contabilizzazione del calore. Quest'ultima, insieme alla termoregolazione, fa leva sui risparmi economici, essendo volta a sollecitare i condomini a consumare meno energia. Con ciò introduce un nuovo criterio di ripartizione delle spese di riscaldamento lontano da quando stabilito dall'art. 1123 c.c.
Il nuovo criterio di ripartizione delle spese di riscaldamento ha carattere imperativo: esso non può essere in alcun modo derogato, neppure con una clausola di natura contrattuale del regolamento di condominio, men che meno con una delibera assembleare. La mancata applicazione del criterio di ripartizione previsto dalla legge espone il condomino (art. 16, D.Lgs. n. 102/2014), alla sanzione amministrativa da 500 a 2500 euro e a provvedere entro 45 giorni.
Il D.Lgs. n. 102/2014 ha una finalità pubblicistica, valendo quale norma imperativa vincolante e inderogabile, essendo prevista a tutela di un interesse generale e non meramente privatistico
Il criterio di ripartizione delle spese viene in quest'ambito considerato al fine di giungere alla riduzione del consumo energetico e all'emissione di gas responsabili dell'effetto serra.
Nei condomini a riscaldamento centralizzato il consumo è di due tipologie: consumi volontari, dovuti all'azione volontaria del singolo mediante la valvola termostatica, che vanno ripartiti in base alle indicazioni fornite dai dispositivi, cioè tramite le letture atte alla contabilizzazione del calore (sotto-contatori, ripartitori); consumi involontari, dati da una quota fissa, indipendenti dall'azione dell'utente, costituti principalmente dalle dispersioni di calore della rete di distribuzione.
Occorre individuare l'importo complessivo delle spese che riguardano il riscaldamento per poi definire gli addebiti (in parte fissi e in parte variabili) che competono singolarmente ai condomini.
A seconda del tipo di edificio e del tipo di impianto di riscaldamento centralizzato su cui si va a intervenire, la contabilizzazione del calore può avvenire in due modi, diretta o indiretta.
Il nuovo testo dell'art. 9, comma 5, lett. b), D.Lgs. n. 102/2014 precisa che è obbligatoria l'installazione, a cura del proprietario, di sotto-contatori per misurare l'effettivo consumo di calore o di raffreddamento o di acqua calda per ciascuna unità immobiliare. Il sotto-contatore è un contatore dell'energia, con l'esclusione di quella elettrica, che è posto a valle del contatore di fornitura di una pluralità di unità immobiliari per la misura dei consumi individuali o di edifici, a loro volta formati da una pluralità di unità immobiliari, ed è atto a misurare l'energia consumata dalla singola unità immobiliare o dal singolo edificio ex art. 2, qq-bis, D.Lgs. n. 102/2014.
Alla luce di questa norma, il legislatore impone, come preventiva opzione, il sistema della contabilizzazione diretta, che prevede l'installazione di un sotto-contatore per ciascuna unità immobiliare nel punto di diramazione dell'impianto all'interno dell'unità immobiliare (cioè all'ingresso dell'unità immobiliare privata, vedasi anche l'art. 1117 c.c.), con ciò valutando alcuni parametri del fluido termovettore in ingresso e in uscita dall'appartamento. Il fluido termovettore è l'acqua calda che passa nei tubi del riscaldamento
È un metodo applicabile solo nei condomini con impianti a distribuzione orizzontale, caratterizzati da un unico circuito di alimentazione per ogni unità immobiliare, avendo un unico punto di prelievo dell'alloggio.
Se l'installazione del sotto-contatore per unità immobiliare non è tecnicamente possibile, o non è efficiente in termini di costi, così come non è proporzionata ai risparmi energetici potenziali (situazioni tutte da certificarsi in apposita relazione tecnica del progettista o del tecnico abilitato che può fare riferimento alla UNI EN 15459), per la misurazione del riscaldamento si deve ricorrere, sempre a carico dei singoli condomini, all'installazione di ripartitori in corrispondenza di ciascun corpo scaldante posto all'interno delle unità immobiliari: trattasi della contabilizzazione indiretta
La contabilizzazione indiretta è usata principalmente negli impianti meno recenti a distribuzione verticale a colonne montanti con radiatori o termoconvettori
Il ripartitore non misura direttamente l'energia come fa il contatore, ma rileva dei dati che poi, confrontati con i dati complessivi del condominio, permettono di ripartire tra i vari radiatori il totale dell'energia termica.
Il ripartitore di calore non misura alcun parametro fisico ma mostra degli algoritmi matematici. Essi rappresentano un valore proporzionale rispetto al consumo di riscaldamento totale dell'edificio. Il numero visualizzato sul display non indica né l'energia consumata né la spesa di riscaldamento, ma è un numero adimensionale.
Ove sussista un impedimento anche per l'installazione di sistemi di termoregolazione e di contabilizzazione del calore da installare in corrispondenza a ciascun corpo scaldante secondo quanto prescritto dall'art. 9, comma 5, lett. c), D.Lgs. n. 102/2014, deve essere prodotta un'ulteriore relazione tecnica di un progettista o un tecnico abilitato con specifico riferimento alla UNI EN 15459.
A seguito dell'adozione dei sistemi di contabilizzazione e termoregolazione vi sono due diverse modalità per la ripartizione della spesa del riscaldamento.
La prima - come risulta dal dettato normativo dell'art. 9, comma 5, lett. d), D.Lgs. n. 102/2014 - è quella contenuta nella norma Uni 10200 che lega il costo del servizio riscaldamento agli effettivi consumi di energia termica utile e ai costi generali per la manutenzione dell'impianto.
Applicando la norma Uni 10200, la spesa totale per il servizio di riscaldamento è data dalla somma di una quota di consumo e una quota per “potenza termica impegnata”.
La quota a consumo è legata al prelievo di calore volontario dell'appartamento ed è sostanzialmente determinata dal livello di temperatura mantenuto nell'appartamento dal singolo condominio, tramite la regolazione delle termovalvole, ma anche dalla dispersione termica dell'unità immobiliare -livello di isolamento termico e funzionalità del tipo di serramenti installati- dagli apporti solari e dalle abitudini degli occupanti.
In base a questa, ciascun condomino/conduttore è tenuto a pagare solo quella parte di calore che preleva dai propri termosifoni.
La quota per potenza termica impegnata è invece legata al consumo involontario cioè sostanzialmente alle dispersioni dell'impianto (ma anche dal costo dell'energia elettrica assorbita dall'impianto, costo per la conduzione e manutenzione ordinaria, costo per la gestione della contabilizzazione).
Nel caso di contabilizzazione diretta i consumi involontari, ovvero le dispersioni della rete di distribuzione, sono dati per differenza, sottraendo al consumo totale (energia totale erogata dal generatore) quello delle unità immobiliari e dei locali a uso collettivo (se presenti).
Nell'ambito della contabilizzazione indiretta, invece, tale quota fissa è individuata da un tecnico incaricato dal condominio e configura la quantità ideale di energia che ogni singola unità immobiliare potrebbe prelevare per mantenere 20°C di temperatura ambiente interno dall'inizio della stagione fino alla fine, determinabile tramite un calcolo tecnico previsto da specifiche indicazioni tecniche. L'applicazione della contabilizzazione del calore e la conseguente ripartizione delle spese in base alla norma UNI 10200, comporterà uno squilibrio, per cui i (numerosi) appartamenti intermedi avranno quote di fabbisogno inferiori, mentre gli alloggi più disperdenti, posti agli ultimi (e ai primi) piani, avranno quote maggiori e conseguentemente spese di riscaldamento notevolmente superiori rispetto al passato.
Il relativo calcolo implica la creazione di una tabella di fabbisogno per distribuire la spesa per il consumo involontario (espressa in millesimi di fabbisogno calore).
Il problema centrale è quello relativo alla valutazione dei millesimi di fabbisogno, se essi vanno riferiti all'edificio originario o a quello attuale.
A rigor di norma, devono essere valutati sull'edificio attuale perché chi ha investito nel proprio immobile per ridurre i consumi dovrebbe vedersi riconosciuto ciò anche nell'attribuzione millesimale e non solo tramite i consumi volontari, e perché occorre rispettare la Dir. Europea 2012/27/UE, così ancora per l'impossibilità di conoscere i rendimenti originari di generazione e distribuzione dell'impianto all'origine.
Queste considerazioni non paiono considerare che, in ambito condominiale, deve trovare applicazione l'art. 68 disp. att. c.c., con la conseguenza che anche per la redazione delle tabelle di fabbisogno calore non si può tenere conto di dei miglioramenti e dello stato di manutenzione di ciascuna unità immobiliare (e del canone locatizio).
Ciò significa che il tecnico incaricato dal condominio non può tenere in conto le migliorie apportate all'interno delle singole unità immobiliari quali, ad esempio, doppi vetri od opere di coibentazione; al contrario non sembrano essere di ostacolo per tenere conto delle opere volte al risparmio energetico relative alle parti comuni (cappotti esterni, coibentazioni del tetto).
In ogni caso la nuova tabella e il criterio di ripartizione di cui alla norma Uni 10200, devono essere approvati in assemblea con la maggioranza degli intervenuti e almeno 500 millesimi (art. 26, comma 5, L. n. 10/1991).
Nel caso in cui la norma Uni 10200 non sia applicabile o benché applicabile, siano comprovate, tramite apposita relazione tecnica asseverata, differenze di fabbisogno termico per metro quadro tra le unità immobiliari costituenti il condominio (o l'edificio polifunzionale) superiori al 50%, l'assemblea (con la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà dei millesimi) si può decidere se applicare o meno la norma Uni 10200 (art. 9, comma 5, D.Lgs. n. 102/2014, lett. d).
Qualora si voglia seguire il nuovo criterio è possibile suddividere l'importo complessivo tra gli utenti finali attribuendo una quota di almeno il 70% agli effettivi prelievi volontari di energia termica.
Gli importi rimanenti (cioè i consumi involontari) vengono predeterminati dal legislatore nella misura del 30% della spesa complessiva, percentuale che può essere ridotta dalla volontà condominiale fino ad arrivare all'1% degli oneri del riscaldamento centralizzato (ma non può essere totalmente eliminata).
La differenza sostanziale rispetto all'applicazione della Uni 10200 è data dalla non necessità di provvedere al calcolo di una nuova tabella millesimale.
Come indica il nuovo art. 9, comma 5, D.Lgs. n. 102/2014, lett. d), come modificato dal D.Lgs. n. 141/2016 (entrato in vigore il 26 luglio 2016), i consumi involontari possono essere ripartiti, a titolo esemplificativo e non esaustivo, secondo i millesimi, i metri quadri o i metri cubi utili, oppure secondo le potenze installate.
Mentre nei condomini ove alla data di entrata in vigore delle modifiche al decreto n. 102/2014, si sia già provveduto alla suddivisione delle spese secondo la norma Uni 10200, il nuovo possibile criterio è facoltativo.
In ogni caso è stata conferita la possibilità per la prima stagione termica successiva all'installazione dei dispositivi di cui al comma 5 dell'art. 9 di suddividere la spesa in base ai soli millesimi di proprietà.
Non è possibile utilizzare altri criteri quali, ad esempio, la precedente tabella del riscaldamento.
Tutto quanto sin qui detto non tiene in considerazione i condomini che si sono staccati dal riscaldamento centralizzato
Secondo il disposto dell'art. 1118, comma 4, quando un condomino si distacca occorre che lo squilibrio funzionale sia minimo, e che il distacco non implichi neppure un piccolo aumento di spesa: ove così sia, la rinuncia del singolo al servizio riscaldamento centralizzato sarebbe illegittima.
Ed allora è stato statuito che in ogni caso prima il rinunciante è tenuto a partecipare alle spese di gestione dell'impianto se e nei limiti in cui il suo distacco non si risolva in una diminuzione degli oneri del servizio (Cass. 9526/2014; Cass. 5331/2012).
Ciò significa che il condomino distaccata la propria unità abitativa dall'impianto di riscaldamento centralizzato, continua ad essere obbligato a partecipare alle spese di esercizio se e nella misura in cui il distacco non abbia comportato una diminuzione degli oneri del servizio a carico degli altri condomini. Trattasi di strada obbligata in quanto così facendo se il costo di esercizio dell'impianto (rappresentato anche dall'acquisto di carburante necessario per l'esercizio dello stesso) dopo il distacco non fosse diminuito e se la quota non fosse posta a carico del condomino rinunciante, gli altri condomini sarebbero costretti farsi carico anche della quota spettante al condomino distaccato.
Seguendo questo orientamento giurisprudenziale, qualora l'assemblea sia costretta o voglia seguire il criterio dettato dalla norma UNI 10200, nella nuova tabella di fabbisogno per ripartire la spesa per il consumo involontario (espressa in millesimi di fabbisogno calore) dovrà essere prevista anche una quota relativa all'unità immobiliare del distaccato.
La norma Uni 10200 prevede che le spese delle perdite di calore delle reti siano divise in modo proporzionale al fabbisogno di energia di ogni singolo alloggio, indipendentemente dal fatto che il condomino attinga o meno calore.
Si noti che comunque l'impianto resta comunque di proprietà irrinunciabile anche dei distaccati che dovranno contribuire i costi per le dispersioni dello stesso
Qualora, invece, si applicasse il diverso criterio previsto dal nuovo art. 9, comma 5, D.Lgs. n. 102/2014, lett. d), poichè i consumi involontari potranno essere ripartiti, a titolo esemplificativo e non esaustivo, secondo i millesimi, i metri quadri o i metri cubi utili, oppure secondo le potenze installate, i distaccati potranno contribuire alle spese relative alle dispersioni della rete e alla gestione del servizio riscaldamento (escluso quelle per gestione del servizio di contabilizzazione del calore) utilizzando le quote delle “vecchie” tabelle millesimali.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©