Condominio

Scaricare le acque nere nel pluviale è sempre vietato

di Valeria Sibilio

Il mantenimento dell'igiene domestica in un complesso condominiale è garantito dalla separazione, all'interno dell'edificio, tra le acque nere e le acque grigie. Ciò permette il riciclo dell'acqua - con conseguente riduzione dei consumi - e l'ottimizzazione dei sistemi fognari e di depurazione. Questo tema ha rappresentato il fulcro della sentenza n° 21636 del 2018, nella quale la Cassazione ha affrontato un caso in cui i proprietari di un appartamento condominiale scaricavano acque grigie e liquami, sulla strada di accesso agli stabili, provenienti da un pluviale abusivo, non collegato alla rete fognaria, al quale risultava allacciato il tubo di scolo della cucina.
Il Tribunale, accogliendo l'appello del pubblico ministero, disponeva il sequestro preventivo dello scarico al quale era allacciato il tubo di scolo, nonché del tubo medesimo. I proprietari ricorrevano in Cassazione per l'annullamento di tale ordinanza del 07/03/2017 eccependo, ai sensi dell'art. 606, lett. b) e c), cod. proc. pen., la sussistenza del reato di cui all'art. 674 cod. pen.. 1.2. e la mancata valutazione della insussistenza dell'elemento soggettivo del reato.
Dichiarando inammissibili i ricorsi, gli ermellini evidenziavano come nei sopralluoghi effettuati dalla polizia giudiziaria, nonostante non fosse mai stata riscontrata la presenza di acqua di scolo e di liquidi stagnanti e maleodoranti, lo stesso proprietario ricorrente avesse ammesso di aver scaricato in strada le acque grigie del proprio appartamento. Lo scarico diretto sulla pubblica via era stato causato dal rifiuto, opposto dai condomini sul cui giardino avrebbe dovuto passare il tubo di scolo prima di collegarsi alla rete fognaria, ad accettare tale soluzione, al punto che i proprietari avevano fatto ricorso al giudice civile.
Le fotografie, scattate dagli altri condomini, documentavano lo scarico di acqua mista a detersivi e l'ipotesi accusatoria trovava riscontro nelle dichiarazioni testimoniali, nei verbali di assemblea condominiale, che davano atto del fatto che la cucina dell'attore non avesse altro scarico.
La natura discontinua degli scarichi, legata all'uso della cucina, spiegava il motivo per il quale i sopralluoghi operati dalla polizia giudiziaria avevano avuto esito negativo. L'esigenza cautelare si era resa necessaria per impedire che lo scarico continuasse a imbrattare la strada creando molestie ai passanti che rischiavano di cadere. Tutte le argomentazioni proposte dai ricorrenti, a sostegno dei motivi di ricorso, si fondano su una diversa ricostruzione del fatto, non considerando che la sussistenza indiziaria del reato può essere esclusa solo da prove di un'evidenza tale da escludere la stessa valenza indiziaria degli elementi indicati dal giudice a sostegno della propria decisione. In ogni caso, non è consentito in sede di legittimità, proporre una versione dei fatti diversa da quella descritta nel provvedimento impugnato, visto che oggetto del sindacato della Corte di cassazione è il testo della motivazione e non le prove assunte nel corso delle indagini o del giudizio, a meno che il giudice non le abbia travisate, eccezione, questa, di cui non v'è traccia nel ricorso. Il vizio di travisamento della prova costituisce un tipico vizio di motivazione, non censurabile in cassazione. I ricorrenti sollecitavano l'esame della logicità e congruenza del provvedimento impugnato, esame non ammesso in sede di ricorso contro provvedimenti cautelari reali. La oggettiva finalità cautelare del provvedimento di sequestro rendeva irrilevanti le considerazioni circa l'elemento psicologico del reato e l'estraneità di uno dei ricorrenti al fatto.
La Cassazione ha, perciò, dichiarato inammissibili i ricorsi, condannando i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 2.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.

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