Condominio

Il reato di «getto pericoloso di cose»

di Paolo Accoti

Risulta illegittimo lo scarico diretto sulla pubblica via di acque grigie e liquami provenienti da un pluviale abusivamente fatto fuoriuscire da un appartamento in condominio, pertanto, corretto si appalesa il provvedimento di sequestro dello stesso in considerazione del fatto che, l'esigenza cautelare sottesa sta nella necessità di impedire che lo scarico continui ad imbrattare la strada creando molestie ai passanti che rischierebbero di cadere.
Questo il principio espresso dalla Corte di Cassazione, III Sezione Penale, nella sentenza n. 21636, depositata in data 15.05.2018.
A seguito del diniego, da parte del Giudice per le indagini preliminari, del provvedimento di sequestro richiesto dalla Procura della Repubblica di Trieste, relativo ad un pluviale abusivo che scaricava acque sporche e liquami sul strada pubblica, Il Tribunale di Trieste, successivamente adito dal Pubblico Ministero delegato, accoglieva l'appello, disponendo la misura cautelare del sequestro dello scarico abusivo, costituito da un tubo di scolo allacciato alla cucina dell'immobile sito in un condominio.
In particolare il Tribunale, ravvisando gli estremi del reato contravvenzionale di getto pericoloso di cose, ex art. 674 Cp, a mente del quale chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone, ovvero, nei casi non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di fumo, atti a cagionare tali effetti, è punito con l'arresto fino a un mese o con l'ammenda fino a euro 206, applicava la misura cautelare reale del sequestro.
Ricorrono per cassazione gli imputati eccependo l'inosservanza o erronea applicazione dell'art. 674 Cp, nonché inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di nullità, di inutilizzabilità, di inammissibilità o di decadenza.
La Suprema Corte osserva che si procede nei confronti degli odierni ricorrenti per il reato di cui all'art. 674 Cp, perché, quali proprietari dell'appartamento sito in Trieste, scaricavano acque grigie e liquami sulla strada di accesso agli stabili di detta via, provenienti da un pluviale abusivo, non collegato alla rete fognaria, al quale risultava allacciato il tubo di scolo della cucina.
Ciò posto, evidenzia come <<è pur vero, come aveva sostenuto il G.i.p., che nel corso dei plurimi sopralluoghi della polizia giudiziaria non era mai stata riscontrata la presenza di acqua di scolo e/o di liquidi stagnanti e maleodoranti, è altrettanto vero, però, che lo stesso … (ndr. imputato) aveva ammesso di aver scaricato in strada le acque grigie del proprio appartamento, che le fotografie scattate dagli altri condomini documentavano una situazione chiarissima (lo scarico di acqua mista a detersivi), che l'ipotesi accusatoria trovava riscontro nelle dichiarazioni testimoniali rese ….(omissis), nei verbali di assemblea condominiale che davano atto dell'esistenza del problema, nel fatto che la cucina dei (omissis) non aveva altro scarico; la natura discontinua degli scarichi, legata all'uso della cucina, spiega il motivo per il quale i sopralluoghi operati dalla polizia giudiziaria avevano avuto esito negativo>>.
Tanto esposto, afferma come <<I'esigenza cautelare sta nella necessità di impedire che lo scarico continuasse a imbrattare la strada creando molestie ai passanti che rischiavano di cadere>>, anche alla luce del fatto che <<la sussistenza indiziaria del reato può essere esclusa solo da prove di un'evidenza tale escludere in radice la stessa valenza indiziaria degli elementi indicati dal giudice a sostegno della propria decisione>>, conseguentemente, <<la oggettiva finalità cautelare del provvedimento di sequestro rende irrilevanti le considerazioni circa l'elemento psicologico del reato e l'estraneità di uno dei ricorrenti al fatto (come documentata dalla sola richiesta di archiviazione senza l'ordinanza del giudice).>>.
Il ricorso, quindi, viene dichiarato inammissibile e consegue, ex art. 616 Cpp, la condanna alle spese del procedimento, nonché il versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, fissata equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di € 2.000,00 per ciascuno dei ricorrenti.

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