Condominio

Impugnare le delibere dell’assemblea: una guida pratica

di Anna Nicola

L'art. 1137 c.c. – Impugnazioni delle deliberazioni dell' Assemblea – così recita:
«Le deliberazioni prese dall'assemblea a norma degli articoli precedenti sono obbligatorie per tutti i condomini.
Contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condomino assente, dissenziente o astenuto può adire l'autorità giudiziaria chiedendone l'annullamento nel termine perentorio di trenta giorni, che decorre dalla data della deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti.
L'azione di annullamento non sospende l'esecuzione della deliberazione, salvo che la sospensione sia ordinata dall'autorità giudiziaria.
L'istanza per ottenere la sospensione proposta prima dell'inizio della causa di merito non sospende né interrompe il termine per la proposizione dell'impugnazione della deliberazione. Per quanto non espressamente previsto, la sospensione è disciplinata dalle norme di cui al libro IV, titolo I, capo III, sezione I, con l'esclusione dell'articolo 669-octies, sesto comma, del codice di procedura civile».
L'art. 1137 c.c., seppur riscritto dal legislatore della novella, riporta pari, pari alcuni principi e alcune disposizioni già sanciti in precedenza.
Questi sono:
-le decisioni assunte dall'assemblea dell'edificio sono obbligatorie per tutti i condomini, anche per chi ne è contrario;
-le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento sono annullabili;
-l'impugnazione della deliberazione deve essere esercitata nel termine di decadenza di trenta giorni;
-l'impugnazione giudiziale non comporta l'automatica sospensione in via cautelare della deliberazione, potendo essere ordinata dall'autorità giudiziaria se viene presentata e accolta l'istanza di sospensione ad hoc;
-il ricorso cautelare di sospensione della deliberazione non vale ai fini dell'interruzione della prescrizione e della decadenza dell'azione ordinaria di annullamento della deliberazione.
La fattispecie di impugnativa ex art. 1137 c.c. della delibera perché contraria alla legge in certi casi può non essere corretta. Se la deliberazione è in frode alla legge o ha portata penale si dovrebbe parlare a rigore di nullità e non di semplice annullabilità della delibera in quanto sarebbe con causa illecita.
L'impugnazione spetta al condomino assente, dissenziente e, a seguito della novella, astenuto.
Il condomino assente alla riunione viene meglio definito come soggetto legittimato all'impugnazione. In precedenza questi era menzionato solo relativamente al decorso del termine entro cui poter impugnare la decisione dell'assemblea: non era espressamente indicato come persona a cui spettasse il diritto di agire se non in ragione del termine di decadenza. L'assente deve impugnare la decisione dell'assemblea entro trenta giorni dal materiale ricevimento del verbale. Il condomino dissenziente invece vede come termine iniziale dell'impugnazione la data dell' assemblea, essendovi stato presente.
La novella amplia la legittimazione attiva dell'impugnazione: la possibilità di chiedere l'annullamento della decisione spetta anche a chi si è astenuto. L'astenuto è colui che non ha espresso alcun voto, né favorevole né contrario, rispetto al tema portato all'ordine del giorno dell'assemblea.
L'art. 1137 c.c. concede un lasso temporale ulteriore a chi non se la sente di esprimersi in sede di assemblea. L'astenuto è chi non prende la decisione in riunione, non votando né pro né contro un certo argomento. Poiché gli è permessa l'impugnazione, ove nel termine di trenta giorni dalla riunione decidesse di dissentire, può presentare la domanda giudiziale di annullamento del deliberato, al pari del condomino assente o dissenziente. Il termine di decadenza è entro trenta giorni dalla riunione, in ragione della sua partecipazione alla stessa. L'astenuto viene parificato a tutti gli effetti al dissenziente: il lasso temporale è il medesimo di quello previsto per chi ha dissentito subito. Sul piano sostanziale chi vota contro la decisione e chi non esprime alcun voto vengono posti sullo stesso piano. Dal verbale deve risultare la sua mancata partecipazione alla decisione, sia in senso positivo, sia in senso negativo.
La stesura dell'art. 1137 c.c. approvata dal Senato prevedeva che l'autorità giudiziaria dovesse essere adita con atto di citazione. Questa espressa modalità processuale era un recepimento della decisione della Suprema Corte, a Sezioni Unite, n. 8491/2011.
Il testo finale dell'art. 1137 c.c. non contempla più questo atto processuale, rendendo quindi indifferente l'impugnazione per mezzo di citazione o di ricorso.
Come in precedenza, l'istanza di sospensione della deliberazione può essere presentata unitamente all'atto introduttivo del giudizio –con cui viene impugnata la decisione- o in via autonoma, precedente o successiva alla domanda giudiziale di merito. Il procedimento che fa seguito all'istanza di sospensione segue, per espresso disposto legislativo, l'iter processuale dei procedimenti cautelari, caratterizzati dall'urgenza di provvedere, ex artt. 669 bis e segg. Cpc., da cui viene escluso l'art. 669 -octies sesto comma c.p.c. L'istanza di sospensione non è soggetta al termine di decadenza di trenta giorni, come è invece l'azione ordinaria. E' chiaro che se si presenta la richiesta di sospensione, essa è dettata dall'urgenza di provvedere. Se il procedimento di sospensione viene giudizialmente promosso prima della causa di merito, l'istanza non vale quale primo atto del giudizio ordinario, in quanto non interrompe il termine per la proposizione dell'impugnazione della deliberazione. L'interruzione si ha solo a seguito dell'inizio del giudizio di merito. Se invece viene proposta nel corso del giudizio di impugnazione, essa sarà presentata al medesimo giudice che conosce della causa del merito. Ove infine l'atto introduttivo della causa di merito contempla anche l'istanza di sospensione, il giudice valuta prima la richiesta sospensiva, fissando eventualmente un'udienza ad hoc, e fornendo disposizioni per la prosecuzione del merito, quale la fissazione della prima udienza effettiva ex art. 168 bis c.p.c.
A seconda dell'atto che viene utilizzato ai fini dell'instaurazione della causa ordinaria, si hanno conseguenze diverse sotto il profilo processuale. Se si tratta di citazione, il contraddittorio si instaura quando essa è notificata all'amministratore di condominio: la sua notificata deve avvenire entro trenta giorni dalla riunione, per i dissenzienti e gli astenuti, e entro trenta giorni dalla ricezione del verbale, per gli assenti. Il condominio è convenuto in causa nella persona del suo mandatario, in ragione della mancanza della personalità giuridica in capo all'edificio. Se la causa viene introdotta con ricorso, a rigore il contraddittorio si attuerebbe solo a seguito della notifica, ad onere del condomino ricorrente, del ricorso unitamente al decreto del Tribunale di fissazione della prima udienza. Per evitare disparità di trattamento, anche in considerazione del breve termine di decadenza sancito dall'art. 1137 c.c., la giurisprudenza ritiene che entro il termine di trenta giorni sia sufficiente il deposito del ricorso in Cancelleria (Trib. Bologna Sez. III Sent., 19/05/2009)
Sia la citazione, sia il ricorso devono essere notificati presso il domicilio dell'amministratore, luogo di amministrazione dell'edificio.
Il verbale dell'assemblea deve essere inviato a tutti i condomini a cura dell'amministratore. Trattandosi di disposizione di chiusura del procedimento collegiale su cui è imperniata la normativa in tema di assemblea condominiale, seguendo l'insegnamento della Suprema Corte a Sezioni Unite n. 4806/2005, anche il mancato invio del verbale può costituire causa di annullamento della decisione del condominio, non potendo permettere a chi non ha partecipato alla riunione di impugnarlo ex art. 1137 c.c. (Cass. civ., sez. II, 1 aprile 2008, n. 8449; Cass. civ., Sez. Un., 7 marzo 2005, n. 4806; Trib. Salerno Sez. I Sent., 11/05/2009)
Vi può essere anche l'azione di nullità della deliberazione, come sopra accennato. Per essa valgono i principi generali in tema di contratto, compresa l'imprescrittibilità dell'azione salvo la prescrizione delle azioni ad essa conseguenti (ad es, per l'azione di ripetizione di indebito). Sono affette da nullità le deliberazioni prive degli elementi essenziali o contrarie a norme imperative di legge, con contenuto illecito o impossibile, che incidono sulla proprietà esclusiva dei condomini, senza legittimazione dal regolamento contrattuale o infine che non rientrano nei poteri dell'assemblea. La domanda di nullità non è soggetta al termine di decadenza di cui all'art. 1137 c.c. La sentenza conclusiva del giudizio ha efficacia dichiarativa, valendo ex tunc, sin dal momento in cui è stata assunta la deliberazione dichiarata nulla. L'indicazione che l'impugnazione ex art. 1137 c.c. può essere esercitata in ragione della violazione della legge o del regolamento del condominio crea il corretto confine tra le due azioni: le invalidità concernenti il procedimento comportano la possibilità di impugnare la deliberazione sotto il profilo della sua annullabilità (Cass., 13 febbraio 2013, n.3586 ; Cass. civ. Sez. II Sent., 27/07/2007, n. 16641)
Per quanto concerne la deliberazione attinente all'approvazione delle spese del condominio ed alla loro ripartizione, l'eventuale errore del deliberato in ordine alla apposizione delle somme dovute integra chiaramente una causa di annullabilità e non di nullità della delibera. La posizione di debito-credito del condomino se non viene fatta valere al momento dell' approvazione del bilancio consuntivo non può essere motivo di sospensione delle quote. (Cass, sez. II 30/5/2013, n. 13627)
Da ultimo si afferma che in tema di riparto spese, sono nulle le delibere con le quali, a maggioranza, sono fissati o cambiati i criteri di ripartizione delle spese comuni in difformità rispetto a quanto stabilito dalle norme di riferimento o dal regolamento di condominio di natura contrattuale, essendo per esse essenziale l'unanimità dei consensi; sono invece, annullabili e quindi impugnabili ai sensi dell'art. 1137 c.c. le delibere con cui l'assemblea condominiale determina concretamente la ripartizione delle spese stesse in maniera diversa rispetto ai criteri stabiliti dall'art. 1123 c.c. (Cass. Civ., Sez. II,14 giugno 2013, n. 15042; Cassazione, sez. II civile, 20 giugno 2013, n. 15523)
Occorre poi ricordare che, essendo in ambito di condominio vige la procedura di mediazione obbligatoria ex D. Lgs 28.2010 e ss.mm. Prima di intentare la causa occorre procedere davanti a un organo di mediazione al fine di verificare se si riesce a conciliare la vertenza. Se la conciliazione riesce, la questione viene sciolta e non vi è ragione del contendere; se invece la mediazione sortisce esito negativo, dalla data del deposito del verbale negativo presso la cancelleria dell'organismo di mediazione decorre ex novo il termine di trenta giorni per impugnare la deliberazione.

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