Condominio

Distanze tra verande, conta la posizione di «affaccio»

di Valeria Sibilio

Per definire se un manufatto possa essere eretto su di un balcone ad una distanza inferiore ai tre metri da quello del vicino, occorre tenere sempre presenti le diverse posizioni di affaccio. L'ordinanza della Cassazione n°10740 del 2018 (relatore Antonio Scarpa) ha trattato un caso in cui la costruzione di una veranda in cemento e vetri, su di una terrazza condominiale, è stata il fulcro del procedimento giuridico. La ricorrente nel giudizio di terzo grado, ha impugnato la sentenza della Corte d'appello che aveva riformato il giudizio del Tribunale inerente la sua domanda di demolizione di tale costruzione, in quanto posta a distanza inferiore di quella prescritta dall'art. 907 c.c. rispetto al bordo inferiore del proprio balcone. La Corte d'Appello, sulla base dell'espletata perizia, dei grafici e delle fotografie allegate all'elaborato peritale, aveva evidenziato come l'appartamento della attuale ricorrente si trovasse su una differente verticale dell'edificio e con un affaccio diretto su un terrazzo diverso da quello di proprietà della convenuta. Di conseguenza, secondo la Corte, dalla balconata dell'unità immobiliare di proprietà della ricorrente non si aveva veduta diretta sul terrazzo della convenuta, ma soltanto veduta laterale ed obliqua, con conseguente inapplicabilità della distanza di tre metri, ex art. 907 c.c., per contro operando il precetto di cui all'art. 906 c.c., inerente alle vedute oblique.
Nel primo motivo di ricorso, l'attrice ricorrente affermava che, nel caso di specie, dovesse applicarsi l'art. 907 c.c., in quanto il manufatto realizzato sulla terrazza della convenuta si trovava “nell'area di rispetto” sancita da tale norma, in quanto distaccata dai margini delle parti frontale e laterale destra del profilo esteriore della balconata destinata per sua natura a costituire una pluralità di vedute dirette per ciascuno dei tre lati su cui si sviluppa. Nel secondo motivo, la ricorrente affermava che, comunque, la copertura del manufatto, come confermato dalla perizia, si trovava a quarantacinque centimetri dalla parte inferiore del solaio del primo piano, ed era saldata al solaio del primo piano con una vetrata, sicché la distanza in verticale tra la proprietà dei condomini del primo piano e quella del manufatto è zero. La Corte d'Appello affermava, invece, che dai grafici allegati alla perizia risultava che tra il lato più vicino del balcone dell'attrice ricorrente ed il tetto della veranda realizzata dalla controricorrente intercorre una distanza superiore a settantacinque centimetri.
Per la Cassazione, il primo motivo di ricorso è risultato fondato, e l'accoglimento di esso ha assorbito l'esame del secondo motivo.
Per la Corte d'Appello, la vicenda in causa non rientrava nell'ambito di applicazione dell'art. 907 c.c., in quanto il balcone della ricorrente, oltre ad essere situato su di una verticale diversa rispetto al terrazzo della convenuta, ha un affaccio diretto su un terrazzo pertinenziale di un altro appartamento, ubicato sulla sua stessa verticale, e non sulla verticale dell'appartamento della convenuta, verso il quale avrebbe unicamente una veduta laterale ed obliqua.
Per gli ermellini, ai fini della distinzione tra vedute dirette, laterali ed oblique, assume rilievo decisivo la posizione di chi guarda, in particolare quando siano possibili più posizioni di affaccio. Con riferimento ai balconi, pertanto, rispetto ad ogni lato di questo si avranno una veduta diretta, ovvero frontale, e due laterali o oblique, a seconda dell'ampiezza dell'angolo, sicché la verifica dell'applicabilità dell'art. 907 c.c. va attuata non, come deciso dalla Corte, valutando in quale “verticale” il balcone sia inserito, ma con riguardo a tutte le possibilità, che la conformazione obbiettiva di esso offre da ciascuno dei suoi lati, di guardare frontalmente o meno sul fondo del vicino.
La Cassazione ha, perciò, accolto il primo motivo di ricorso, dichiarando assorbito il secondo, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa, anche per le spese del giudizio, ad un'altra sezione della Corte d'appello.

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