Condominio

Intonaco malfatto in facciata, quando i difetti sono «gravi»

di Anna Nicola

Ci si interroga su quando il condominio possa eccepire la non corretta esecuzione dei lavori di rifacimento dell'intonaco dell'edificio alla ditta appaltatrice
Può accadere, a breve distanza di tempo dall'esecuzione dell'intervento, che emergano dei difetti macroscopici come lo sbiadimento del colore. In questi casi, ovviamente, il condominio può eccepire la non corretta esecuzione dei lavori alla ditta appaltatrice
<<È pacifico che rientri nelle competenze dell'Amministratore ex art. 1130, n. 4, c.c. l'azione di cui all'art. 1669 c.c. intesa a rimuovere i gravi difetti di costruzione, nel caso in cui riguardino l'intero edificio condominiale ed i singoli appartamenti, vertendosi in un'ipotesi di causa comune di danno che abilita alternativamente l'Amministratore del Condominio ed i singoli condomini ad agire per il risarcimento, senza che possa farsi distinzione tra parti comuni e singoli appartamenti o parti di essi soltanto. Ne' può ritenersi che l'Amministratore necessiti di una specifica autorizzazione per resistere in giudizio rispetto alle domande svolte monitoriamente contro il condominio, ovvero per proporre in via riconvenzionale la domanda di danni, essendo previsto a suo carico solo un onere di comunicazione all'assemblea, ex art. 1131, comma 3, c.c., relativo alle citazioni o provvedimenti notificatigli che esorbitino le attribuzioni sue proprie, onere la cui violazione lo espone a responsabilità verso il condominio ma al quale non è tenuto nei limiti delle competenze come elencate nell'art. 1130 c.c.>> (Trib. Genova Sez. VI Sent., 23/07/2009).
L'impresa appaltatrice può agire nei confronti della società che le ha venduto il presunto prodotto difettato per recuperare il danno sopportato. Ci si domanda quale onere probatorio gravi a carico della ditta appaltatrice che contesta alla venditrice dell'intonaco l'assenza di qualità del prodotto Vediamo come affronta la vicenda una recente pronuncia di merito.
Occorre ricordare che in tema di decoro architettonico di un edificio in condominio può ritenersi lecita la deliberazione dell'assemblea condominiale con la quale sia stato deciso il cambio del colore della facciata dell'edifici (Trib. Bari, 24 febbraio 2016).
Nel caso qui analizzato la ditta appaltatrice è stata condannata al rifacimento di tali lavori, nel instaurato nei suoi confronti dal condominio a fronte dello sbiadimento dell'intonaco dei lavori per il rifacimento dell'intonaco esterno di un condominio. In ragione di ciò, cita in giudizio la società venditrice del prodotto utilizzato per l'esecuzione, sostenendo la scarsa qualità dello stesso e chiedendo il risarcimento dei danni sopportati per aver dovuto rifare l'intonaco esterno del condominio.
A sostegno della sue pretesa l'impresa esecutrice dei lavori ha lamentato che il colore aveva perso in breve tempo la tonalità, e per questo ha chiesto che fosse accertato l'inadempimento della società che le aveva venduto il prodotto, chiedendo la restituzione del prezzo di vendita dello stesso ed il risarcimento dei danni sopportati per aver dovuto provvedere nuovamente a rifare l'intonaco del condominio.
La società convenuta, dal canto suo, ha contestato ogni addebito ribadendo che l'avvenuta alterazione del colore dell'intonaco esterno fosse addebitabile ad un errore nella stesura del prodotto su cui la pittura finale è stata applicata.
Il Tribunale di Treviso ha respinto ogni richiesta della ditta che ha contestato, senza tuttavia fornire alcuna prova, la mancanza di qualità del prodotto utilizzato per effettuare la pittura dell'intonaco esterno di un edificio condominiale. (Tribunale di Treviso, 11 gennaio 2018, n. 58)
La decisione è stata quindi assunta in ragione della mancanza di prova di quanto asserito dall'appaltatore, lasciando libero il campo –e la possibilità di una sentenza a sé favorevole- nel caso in cui riesca a fornire la prova in oggetto.
Si ricorda che secondo il TAR Liguria 801/2014 ha rammentato che il tema del decoro urbano e quello dei criteri da seguire per la colorazione degli edifici è una materia rientrante nell'ambito delle competenze delle leggi regionali che devono stabilire i criteri da seguire.
Le norme regionali devono tener conto del principio di legalità sancito dall'art. 23 della Costituzione norma che dispone <<Che nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge” e tali norme devono armoniosamente essere seguite dall'esercizio di una adeguata potestà regolamentare da parte dei Comuni.>>
Occorre infine porre a mente che il degrado della facciata non costituisce un vizio dell'appartamento
Si legge nella decisione della Cass. 10239/2013 << … in modo adeguato e logico ha, per un verso, escluso che lo stato di degrado delle facciate del fabbricato condominiale (così come di altre parti comuni, in generale), nel quale era ubicato l'immobile oggetto della compravendita, potesse costituire propriamente un vizio del bene di tale contratto, risolvendosi, piuttosto, in una caratteristica o qualità dell'immobile che, pacificamente, non era di recente costruzione e, quindi, non si sarebbe potuto considerare nuovo, e, per altro verso, in base ad accertamento di fatto congruamente apprezzato (e, perciò, incensurabile nella presente sede di legittimità: cfr. Cass. n. 15395 del 2000; Cass. n. 5251 del 2004 e Cass. n. 3644 del 2007), ha evidenziato come tale situazione (caratterizzante l'edificio condominiale e, come tale, implicante la necessità di interventi di manutenzione straordinaria) fosse evidente e palesemente visibile, onde non poteva qualificarsi né come occulta né come sconosciuta all'acquirente (che, peraltro, rivestiva la qualifica, particolarmente idonea allo scopo, di mediatore professionale di compravendite immobiliari), il quale aveva stimato il valore del negozio (oggetto della vendita, unitamente alle sue pertinenze e alla quota di parti comuni) nella “situazione di fatto in cui si trovava”, che, oltretutto, aveva indubbiamente influito sulla determinazione del prezzo da corrispondere per l'alienazione dell'immobile…” (Cass. 2 maggio 2013 n. 10239).

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