Condominio

Lastrico solare pertinenza della casa solo se la proprietà è la stessa e c’è contiguità

di Edoardo Valentino

Sussiste un vincolo pertinenziale tra un lastrico solare e un appartamento unicamente quando vi siano due requisiti: uno soggettivo, ossia l'appartenenza di entrambi i beni allo stesso proprietario e uno oggettivo e cioè la funzione di asservimento in concreto svolta dalla pertinenza verso il bene principale (e non al suo proprietario).
Questo il principio espresso dalla sentenza numero 10411 pronunciata dalla VI Sezione della Corte di Cassazione (giudice Arianna Chiarentin) il 2 maggio 2018.
Il caso in particolare vedeva opposti alcuni condomini proprietari di due immobili siti nello stesso stabile.
Il condomino al piano terra agiva in primo grado lamentando un'illegittima appropriazione da parte dei proprietari dell'appartamento sito al piano secondo, dei lastrici solari dell'abitazione.
A tal fine l'attore domandava al giudice di dichiarare l'insussistenza di qualunque diritto domenicale in capo ai convenuti sui lastrici solari siti nel condominio (dei quali l'attore si dichiarava unico proprietario) e li condannasse parimenti alla rimozione di uno sbarramento realizzato sulla scala comune e volto a impedire l'accesso alla terrazza da parte dell'attore.
Il Tribunale rigettava la domanda.
Alla luce della soccombenza il condomino appellava la sentenza di prime cure.
Diversamente dal primo giudice la Corte d'Appello accoglieva le ragioni del proprietario, dichiarando lo stesso unico proprietario della terrazza e condannando gli appellati alla rimozione degli sbarramenti realizzati sulla scala comune.
I proprietari dell'appartamento sito al secondo piano dell'immobile proponevano, quindi, ricorso in Cassazione sulla base di tre motivi di diritto.
Il primo motivo era incentrato sulla presunta violazione della Corte d'Appello dell'articolo 342 c.p.c. per avere valutato come ammissibile un appello proposto in modo difforme dallo schema previsto dalla legge.
In particolare i ricorrenti lamentavano come la Corte avesse errato nel non considerare l'atto di citazione in appello come generico e sprovvisto dei requisiti del Codice di Procedura Civile e conseguentemente non lo avesse dichiarato inammissibile.
Con il secondo motivo di ricorso i soccombenti lamentavano la falsa applicazione dell'articolo 817 del Codice Civile nella parte in cui la Corte avrebbe errato nel non valutare in concreto lo stato dei luoghi, basandosi solo su quanto appreso dal contratto di compravendita dell'appartamento per emettere la propria decisione.
La terza argomentazione era invece incentrata sulla presunta erroneità della sentenza nella parte in cui aveva omesso di valutare la sussistenza di una pertinenza esclusiva della terrazza rispetto all'appartamento di proprietà dei ricorrenti.
Con la sentenza oggi in commento la Suprema Corte Cassava recisamente il ricorso proposto.
Riguardo al primo motivo, afferente una presunta violazione di carattere processual-civilistico, la Corte aveva modo di affermare che le Sezioni Unite con la sentenza 27199/2017 hanno fissato principio di diritto in ragione del quale “gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, vanno interpretati nel senso che l'impugnazione deve contenere una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice. Resta tuttavia escluso, in considerazione della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata, che l'atto di appello debba rivestire particolari forme sacramentali o che debba contenere la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado” ( Cassazione civile, Sezioni Unite, 16 novembre 2017, n. 27199 ).
Il secondo e il terzo motivo di diritto, invece, venivano trattati congiuntamente e considerati inammissibili.
I ricorrenti, difatti, muovevano delle critiche all'operato della Corte d'Appello in merito alla non sussistenza di un vincolo pertinenziale tra i lastrici solari e il loro appartamento.
Tale considerazione, secondo la Cassazione, era inammissibile in quanto aveva come oggetto un apprezzamento di merito che è frutto del libero convincimento del giudice di merito ed è insindacabile in sede di giudizio di legittimità.
Secondo la Corte, poi, la giurisprudenza aveva chiarito che “per la sussistenza del vincolo pertinenziale tra bene principale e bene accessorio è necessaria la presenza del requisito soggettivo dell'appartenenza di entrambi al medesimo soggetto, nonché del requisito oggettivo della contiguità, anche solo di servizio, tra i due beni, ai fini del quale il bene accessorio deve arrecare una utilità al bene principale e non al proprietario di esso” ( Cassazione civile, sezione II, 20 gennaio 2015, n. 869 ).
Nel caso in questione, in ogni caso, tale vincolo non sussisteva e quindi il lastrico solare non apparteneva ai ricorrenti, ma al resistente, sulla base di quanto previsto dal contratto con il quale egli aveva acquistato il proprio appartamento.
La Cassazione, infatti, aveva dato atto come il resistente aveva acquistato la propria unità immobiliare da un soggetto che era ai tempi proprietario di tutto lo stabile e che aveva inteso alienare allo stesso parimenti la proprietà esclusiva dei lastrici solari.
Alla luce di tali valutazioni, la Cassazione rigettava il ricorso proposto e condannava i ricorrenti alle spese del giudizio.

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