Condominio

Il regolamento e le sue clausole: qual è la differenza

di Anna Nicola

L'opinione meno recente riteneva che la distinzione tra regolamento contrattuale e non contrattuale dipendesse dal modo in cui era stato formato, a prescindere dal contenuto delle clausole.
Si affermava avere natura contrattuale il regolamento predisposto dall'originario proprietario ed allegato ai contratti d'acquisto delle singole unità immobiliari, ovvero quello approvato all'unanimità dei partecipanti. Questa impostazione è stata ormai abbandonata dalla giurisprudenza della Cassazione più recente (Cass. 17694/2007). A determinare la contrattualità dei regolamenti sono esclusivamente le clausole che limitano i diritti dei condomini sulle proprietà esclusive (divieto di destinare l'immobile a studio radiologico, a circolo ecc.) o comuni, ovvero quelle clausole che attribuiscano ad alcuni condomini maggiori diritti rispetto agli altri.
<<In materia di condominio negli edifici, una limitazione all'esercizio dei diritti dominicali sugli immobili in proprietà esclusiva può derivare soltanto dal regolamento di condominio di natura contrattuale, ritualmente richiamato nei singoli atti di compravendita, di talché - in assenza di specifiche clausole del regolamento di condominio - è illegittima la delibera dell'assemblea condominiale che nega la modifica di destinazione di un appartamento per l'esercizio dell'attività di parrucchiere, e ciò anche in presenza di un regolamento comunale che imponga l'autorizzazione assembleare, il quale, ledendo i diritti dominicali dei condomini, può essere disapplicato dal giudice ai sensi dell'art. 5 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E.>> (Trib. Salerno Ord., 23 maggio 2008).
Simili clausole naturalmente sono valide semprechè tutti i condomini vi abbiano prestato il consenso. L'approvazione può essere attuata con due modalità diverse:
-in sede di assemblea condominiale, con l'unanimità dei consensi da parte di tutti i condomini;
-in sede dei singoli atti di compravendita delle unità immobiliari con cui è stato frazionato l'edificio da parte del costruttore-alienante l'immobile condominiale.
Il regolamento può porre qualunque limitazione al diritto di proprietà esclusiva dei singoli condomini: l'approvazione delle clausole da parte di tutti i condomini fa assumere a quest'atto la natura di regolamento contrattuale. Abbandonato il filone giurisprudenziale che poneva unicamente l'accento sulla modalità di formazione del regolamento per distinguere quello assembleare da quello contrattuale, occorre verificare il contenuto delle singole clausole.
Il regolamento predisposto dall'originario, unico proprietario o dai condomini con consenso totalitario può non avere natura contrattuale se le sue clausole si limitano a disciplinare l'uso dei beni comuni. Se il suo contenuto è solo quello di cui all'art. 1138 c.c. la sua natura è pur sempre quella di regolamento assembleare.
<<Il regolamento predisposto dall'originario unico proprietario o dai condomini con consenso totalitario può non avere natura contrattuale se le sue clausole si limitano a disciplinare l'uso dei beni comuni, pure se immobili. Conseguentemente, mentre è necessaria l'unanimità dei consensi dei condomini per modificare il regolamento convenzionale, avendo questo la medesima efficacia vincolante del contratto, è, invece, sufficiente una deliberazione maggioritaria dell'assemblea dei partecipanti alla comunione per apportare variazioni al regolamento che non abbia tale natura. E poiché solo alcune clausole di un regolamento possono essere di carattere contrattuale, l'unanimità dei consensi è richiesta per la modifica di esse e non delle altre clausole per la cui variazione è sufficiente la delibera assembleare adottata con la maggioranza prescritta dall'articolo 1136, comma 2, c.c.>> (Cass. 17694/2007).
Hanno carattere negoziale le sole disposizioni che possono incidere sulla sfera dei diritti soggettivi dei condomini, mentre le altre clausole, ad esempio quelle concernenti le modalità d'uso delle cose comuni, hanno pur sempre carattere c.d. regolamentare.
<<La delibera con cui l'assemblea condominiale deliberi di aggiungere ai divieti già elencati dal regolamento la voce battitura tappeti, traducendosi in una limitazione delle facoltà inerenti al diritto di proprietà dei singoli condomini., deve essere presa non a semplice maggioranza ma all'unanimità>> (Trib. Brescia, 6 luglio 2000).
Da ciò consegue la sostanziale differenza per la loro modifica: accordo totalitario per le clausole contrattuali; approvazione maggioritaria per quelle assembleari.
Le clausole limitatrici dei diritti dei condomini sulle proprietà esclusive o comuni, ovvero che attribuiscono ad alcuni condomini maggiori diritti rispetto a quelli degli altri hanno natura contrattuale mentre non sono tali quelle clausole che si limitano semplicemente a disciplinare l'uso e la manutenzione dei beni comuni.
La linea di demarcazione tra il diritto sul bene comune ed il suo utilizzo da parte del singolo condomino è sottile, con ciò potendo creare confusione sulla natura della clausola.
Le clausole di un regolamento sono assolutamente autonome e distinte tra di loro. Questa osservazione assume importanza sotto il profilo dell'eventuale nullità della singola clausola: la sua invalidità non si trasmette alle altre disposizioni, salvo che vi sia tra le medesime un collegamento sulla cui base le une non possono esistere senza le altre.
Si tratta del principio generale in tema di nullità di contratti sancito dall'art. 1419 c.c. La costante disapplicazione della clausola, sia essa contrattuale o assembleare, da parte del condominio non assume rilevanza: l'adozione costante di comportamenti non conformi al regolamento non possono comportarne di per sé la modifica, in ragione del fatto che la formazione del regolamento condominiale è soggetto alla forma scritta “ad substantiam”.
<<Le clausole modificative, in quanto sostitutive delle clausole originarie del regolamento, non possono non avere i medesimi requisiti delle clausole sostituite, dovendosi, conseguentemente escludere la possibilità di una modifica per il tramite dei soli comportamenti concludenti adottati dai soggetti partecipanti al condominio>> (Trib. Bari 06 settembre 2007).
E' necessaria l'unanimità dei consensi dei condomini per modificare quelle clausole con contenuto rientrante nel c.d. regolamento convenzionale o contrattuale, come sopra inteso, avendo questo la medesima efficacia vincolante del contratto; è invece sufficiente una deliberazione maggioritaria dell'assemblea dei partecipanti al condominio per apportare variazioni alle clausole del regolamento che non abbiano tale natura. Le clausole contrattuali del regolamento sono modificabili in un solo modo: in sede di assemblea totalitaria, dove tutti i condomini vi prestino il consenso. La sede è solo formalmente l'assemblea: in sostanza si tratta di espressione di volontà contrattuale dei condomini. A ben vedere, nella pratica, questa è l'unica modalità di loro eventuale revisione. Non è possibile ipotizzare un successivo atto del venditore costruttore che vincoli tutti i condomini: il costruttore venditore con gli atti di vendita si è spogliato della sua legittimazione a statuire in merito al regolamento.
<<E' inopponibile al condomino il regolamento condominiale, da questi non approvato con atto scritto, per la parte che vietava la collocazione di una caldaia sul ballatoio e la collocazione di fili elettrici nell'androne del fabbricato>> (Cass. 1314/2004).
Le clausole, nel caso in cui siano state approvate all'unanimità, possono essere modificate a maggioranza in quanto esse non incidono sulle singole proprietà e sui diritti dei condomini. Ciò anche se il regolamento abbia natura contrattuale ed anche se la prima redazione ha visto come contraenti tutti i condomini/acquirenti degli alloggi del condominio.
<<Anche se sotto il profilo formale il regolamento può essere definito contrattuale, in quanto redatto dall'unico proprietario costruttore tale può non essere sotto il profilo sostanziale in quanto può contenere anche solo disposizioni di natura regolamentare, disciplinanti cioè l'uso delle parti comuni dell'edificio condominiale), dall'assemblea modificabili con la maggioranza dei consensi prescritta dall'art. 1136 c.c.>> (Cass. 8216/2005).
<<Il regolamento condominiale non ha natura contrattuale di per sé, ma solo in relazione a quelle clausole limitatrici dei diritti dei condomini sulle proprietà esclusive o comuni, ovvero attribuenti ad alcuni condomini maggiori diritti rispetto a quelli degli altri, e non invece in relazione a quelle clausole che si limitano semplicemente a disciplinare l'uso e la manutenzione dei beni comuni; e solo per la modifica delle clausole aventi natura contrattuale è richiesta l'unanimità dei consensi, ferma restando, in ogni caso, la necessità della forma scritta a pena di nullità>> (Cass. 17694/2007; Corte appello Milano, 14 luglio 2004).
<<Le clausole contrattuali che impongono restrizioni ai poteri e facoltà spettanti ai condomini sulle parti di loro esclusiva proprietà (restrizioni applicabili non soltanto al condomino-locatore ma anche al terzo-conduttore, siccome portatore di una posizione derivata soggiacente ai medesimi vincoli del suo dante causa), sono valide purché però le clausole limitative siano “formulate in modo espresso o comunque non equivoco”, in modo da “non lasciare alcun margine di incertezza sul contenuto e la portata delle relative disposizioni”; quindi, “i divieti di utilizzo della proprietà contenuti in un regolamento condominiale, proprio perché riferentisi al più pieno dei diritti reali, hanno carattere tassativo e non sono applicabili analogicamente né appaiono suscettibili di interpretazione estensiva>> (Tribunale Milano, 30 dicembre 2005).
Visto da diversa angolazione, poichè solo alcune clausole di un regolamento contrattuale possono essere di carattere contrattuale, o come si suole anche dire convenzionale, la unanimità dei consensi è richiesta per la sola modifica di esse.
<<Per poter modificare le altre clausole, non aventi questo contenuto limitativo, è sufficiente la delibera assembleare adottata con la maggioranza prescritta dall'art. 1136 c.c., comma 2>> (Cass. S.U. n. 943/99, Cass. 5626/2002).
Anche se approvata con l'unanimità dei consensi, vi può comunque essere una clausola del regolamento contrattuale che sia nulla di per sé. Si pensi al caso della clausola contrattuale che detti quorum assembleari, costitutivi o deliberativi, diversi da quelli sanciti dal legislatore, ovvero che deroghi all'art. 1137 c.c. in tema di impugnazione delle decisioni assembleari o che comunque disciplini il modo diverso gli istituti previsti dall'ultima parte dell'art. 1138 c.c., normativa inderogabile anche per il regolamento contrattuale. Si pensi ancora a clausole che siano contrarie all'ordine pubblico.
Si può pervenire nella prassi ad un regolamento misto, sia nel momento della sua nascita sia in quelle della sua modifica. L'esempio di regolamento misto è data dalla iniziale simultanea presenza della forma del regolamento contrattuale e del contenuto di quello assembleare: si tratta del regolamento predisposto dall'unico proprietario costruttore, sottoscritto da tutti gli acquirenti le unità immobiliari, il cui oggetto è costituito dalle sole clausole disciplinanti i beni comuni, senza limitazioni di sorta al loro esercizio da parte dei singoli condomini e senza disciplinare le proprietà solitarie. Esso può essere modificato, per singole clausole o integralmente, con le maggioranze prescritte dal codice civile, senza necessità del consenso unanime. Nel caso in cui invece il predetto iniziale regolamento –con forma contrattuale- contenga clausole sia contrattuali, sia assembleari occorrerà verificare la natura delle singole clausole onde validamente modificarle. Anche qui, a ben vedere, si può parlare di regolamento misto in ragione del diverso oggetto delle singole clausole. Ecco che allora per la modifica delle clausole contrattuali occorre il consenso unanime di tutti gli aventi diritto mentre per la modifica di quelle aventi contenuto assembleare, è sufficiente il raggiungimento delle maggioranze prescritte dal legislatore in ragione del tema da modificare, senza necessità dell'unanimità.
<<Le clausole dei regolamenti che limitano i diritti dei condomini sulle proprietà esclusive o comuni e quelle che attribuiscono ad alcuni di loro maggiori diritti rispetto agli altri hanno natura contrattuale e sono modificabili soltanto con il consenso unanime dei partecipanti alla comunione, che deve essere manifestato in forma scritta, essendo esse costitutive di oneri reali o di servitù prediali da trascrivere nei registri immobiliari della conservatoria per l'opponibilità ai terzi acquirenti di appartamenti o di altre porzioni immobiliari dell'edificio condominiale; mentre per la variazione di clausole che disciplinano l'uso delle cose comuni è sufficiente la deliberazione assembleare adottata con la maggioranza prescritta dall'art. 1136, secondo comma, c.c. (nella specie, la S.C., sulla base di tali principi, ha confermato la sentenza di merito che aveva dichiarato la nullità della deliberazione assembleare con la quale era stata modificata la clausola del regolamento di condominio relativa al divieto della sosta dei veicoli nel cortile comune)>> (Cass. 17694/2007).
<<Le clausole del regolamento condominiale che stabiliscono i criteri di ripartizione delle spese incidono direttamente sulla sfera soggettiva dei condomini, e, pertanto, hanno natura contrattuale e sono modificabili solo con il consenso unanime degli stessi (art. 1123 c.c.; art. 1136 c.c.)>> (Cass. 17694/2007; Tribunale S. Maria Capua V., 03 aprile 1998, Cass. 5399/1999).
<<E' nulla la deliberazione assembleare con la quale viene modificata la clausola del regolamento di condominio relativa al divieto della sosta dei veicoli nel cortile comune>> (Cass. 5626/2002).
<<In tema di Regolamento di condominio (atto avente formazione di natura negoziale) è necessario distinguere fra clausole di natura contrattuale e quelle di tipo regolamentare; infatti, mentre, per modificare le norme del regolamento è necessario il consenso unanime dei condomini, che ha incidenza direttamente nell'ambito dei diritti soggettivi e degli obblighi di ogni condominio, per modificare, invece, le clausole che riguardano l'uso delle cose comuni, l'organizzazione e il funzionamento dei diritti condominiali, basta la delibera assembleare ottenuta con la maggioranza disposta dall'art. 1136, comma 2, c.c.>> (Trib. Reggio Calabria, 10 febbraio 2003).
<<È nulla la delibera assembleare che modifichi le tabelle millesimali allegate al regolamento di condominio avente natura contrattuale>> (Trib. Napoli, 06 settembre 2007).
<<Poiché, in materia di condominio degli edifici, il diritto di ciascun condomino sulle parti di proprietà comune può trovare limitazioni soltanto in forza del titolo di acquisto o di convenzioni, la delibera assembleare che, nel destinare un'area comune a parcheggio di autovetture, ne disciplini l'uso escludendo uno dei condomini, è nulla se il relativo verbale non è sottoscritto da tutti i condomini, atteso che la relativa determinazione, modificando il regolamento condominiale, produce vincoli di natura reale su beni immobili ed è, pertanto, soggetta all'onere della forma scritta ad substantiam>> (Cass. 16228/2006).
<<Le clausole dei regolamenti che limitano i diritti dei condomini sulle proprietà esclusive o comuni e quelle che attribuiscono ad alcuni di loro maggiori diritti rispetto agli altri hanno natura contrattuale e sono modificabili soltanto con il consenso unanime dei partecipanti alla comunione, che deve essere manifestato in forma scritta, essendo esse costitutive di oneri reali o di servitù prediali da trascrivere nei registri immobiliari della conservatoria per l'opponibilità ai terzi acquirenti di appartamenti o di altre porzioni immobiliari dell'edificio condominiale; mentre per la variazione di clausole che disciplinano l'uso delle cose comuni è sufficiente la deliberazione assembleare adottata con la maggioranza prescritta dall'art. 1136 c.c., secondo comma. (Nella specie, la S.C., sulla base di tali principi, ha confermato la sentenza di merito che aveva dichiarato la nullità della deliberazione assembleare con la quale era stata modificata la clausola del regolamento di condominio relativa al divieto della sosta dei veicoli nel cortile comune)>> (Cass. 24146/2004).
Ulteriore aspetto della natura contrattuale o assembleare delle clausole concerne il profilo processuale. Nel caso in cui si voglia far valere un motivo di nullità di una clausola contrattuale, occorre che siano chiamati a partecipare al giudizio tutti i predetti soggetti. Poiché, come sopra si è osservato, il regolamento condominiale per questa parte è da intendersi come contratto plurisoggettivo, che vede quali parti contraenti tutti i condomini, occorre che tutti siano citati in causa onde ottenere l'accertamento della nullità della clausola.
<<Certamente il caso che viene portato al vaglio del giudice vede leso in qualche modo l'interesse del condomino che agisce in giudizio ma affinchè la sentenza dichiari la nullità della clausola e detta declaratoria valga per tutti i condomini dell'edificio occorre la simultanea loro presenza processuale>> (Cass. 9137/2009).
Il motivo della nullità della clausola può essere il più vario, fino ad arrivare ad essere nulla in quanto limitativa del diritto di proprietà della singola unità immobiliare dell'edificio ove non approvata anche da un solo condomino.
Il regolamento può contenere clausole non obbligatorie, ritenute fondamentali in ragione di esigenze concrete. Queste non sono prevedibili in astratto, dipendendo dalla natura del condominio ma soprattutto dai vari interessi perseguiti da chi forma –o revisiona- ed approva il regolamento. Seppur facoltative, una volta approvate il loro contenuto deve essere rispettato da tutti i condomini.
Vi può essere la clausola che prevede che si possa -o non si possa- porre in essere un certo comportamento se non previa autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea. Si tratta di per sé di un obbligo di non fare.
Poiché si tratta di un obbligo di non fare, la sua violazione implica la riduzione in pristino di quanto eventualmente compiuto, trovando applicazione l'art. 2933 c.c.
<<L'inadempimento dell'obbligazione assunta con questa clausola comporta - ex art. 2933 c.c. - il diritto degli altri partecipanti alla comunione di ottenere che sia eventualmente distrutto, a spese dell'obbligato, ciò che è stato fatto in violazione dell'obbligo, senza che sia necessario accertare se sia stato recato un danno alle parti comuni dell'edificio, come prevede la norma di cui all'art. 1122 c.c.>> ( Corte app. Torino, 3 luglio 1991).
In caso di mancata ottemperanza volontaria, si può agire giudizialmente per il suo rispetto. La procedura esecutiva da intraprendere, dal punto di vista processuale, è quella sancita dall'art. 612 c.p.c. proprio in tema di simili obblighi, di fare e non fare.
In tema di clausole facoltative, si pensi ancora all'ipotesi di una clausola arbitrale. La sua previsione non può essere di certo definita obbligatoria. Tuttavia una volta validamente redatta, occorre non solo applicarla ma anche interpretarne la valenza. L'assemblea non è munita del potere di fornire l'interpretazione autentica. La clausola non può essere applicata per interpretazione analogica o estensiva.
<<In caso di dubbio sulla portata della previsione arbitrale, deve preferirsi un'interpretazione restrittiva e, quindi, affermativa della giurisdizione ordinaria: Osserva il condominio che la clausola arbitrale inserita nel regolamento, non può avere la portata attribuitale dalla corte di merito, essendo palese che essa si riferisce alle sole controversie che possano insorgere tra condomini e amministratore in relazione alla interpretazione ed esecuzione “pratica” - come recita la norma - del regolamento, riguardo al funzionamento o alla disciplina di uso dei beni comuni. Osserva che nel processo di interpretazione della clausola compromissoria, nel dubbio deve essere data una interpretazione restrittiva dell'ambito delle controversie devolute agli arbitri, e indica come elemento significativo a tal fine innanzitutto il fatto che la clausola non contenga mai un riferimento al condominio, ma solo ai condomini e all'amministratore; rileva che proprio quelle modalità di nomina degli arbitri cui ha fatto riferimento la corte d'appello depongono per una interpretazione restrittiva, perché la possibilità che il ricorso al presidente del tribunale per la nomina del terzo arbitro avvenga su iniziativa dell'amministratore o, in sua inerzia, di due condomini, significa che le parti litiganti non possono che essere l'amministratore e i condomini>> (Cass., 22841/2007).
Vi può essere la clausola di ambasciata. Vi può essere la clausola penale in caso di mancato o ritardato pagamento delle spese condominiali. Si tratta di clausola che vincola il condomino al suo rispetto, semprechè l'importo della penale non sia eccessivamente oneroso. In applicazione dei principi dettati sul tema concernente questo istituto (art. 1382 c.c.), ove eccessivamente onerosa, essa deve essere ridotta.
<<L'importo che il condomino è tenuto a versare a titolo di penale non deve essere manifestamente eccessivo. Ove sia tale, non si ha comunque la nullità della clausola ma la equa riduzione da parte del giudice di quanto deve essere corrisposto, sulla base dei criteri ispirati alle norme ordinarie in tema di inadempimento, seppur temperati dall'esigenza di dare rimarchevole peso all'esatto adempimento di obblighi di natura condominiale.>> ( Giud. conc. Verona, 19 aprile 1989).
Si tratta di clausola che si pone sulla falsariga e su un piano parallelo a quanto sancito dall'art. 70 delle disposizioni di attuazione del codice civile in tema di sanzioni pecuniarie.
L'art. 70 disp. Att. C.c. così recita: <<Per le infrazioni al regolamento di condominio può essere stabilito, a titolo di sanzione, il pagamento di una somma fino ad euro 200 e, in caso di recidiva, fino ad euro 800. La somma è devoluta al fondo di cui l'amministratore dispone per le spese ordinarie L'irrogazione della sanzione è deliberata dall'assemblea con le maggioranze di cui al secondo comma dell'articolo 1136 del Codice.>>.
A ben vedere si tratta di fattispecie distinta che ben può essere prevista in sede di regolamento: essa infatti è in tema di penale e non di eventuale sanzione.
Su quest'ultimo tema è intervenuta anche la Corte Costituzionale.
<<E' manifestamente inammissibile, in riferimento agli artt. 3, 41 e 42 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 70 att. c.c., nella parte in cui prevede che per le infrazioni al regolamento di condominio possa essere stabilito, a titolo di sanzione, il pagamento di una somma fino a lire cento.>> (Corte Cost., ord. 11 dicembre 1997, n. 388).
<<Sono nulle, in quanto contra legem, le eventuali disposizioni del regolamento di condominio che dovessero prevedere sanzioni di importo maggiore. (Cass. 948/1995).
<<La sanzione prevista dall'art. 70 disp. att. cod. civ. può essere applicata anche nei confronti del conduttore dell'unità immobiliare facente parte del condominio.>> (Giud. conc. Caserta, 22 luglio 1985).
Si riportano a titolo esemplificativo alcune clausole.
Ogni condomino deve consentire, a richiesta dell'amministratore, che nei locali di sua proprietà si provveda alle ispezioni e ai lavori ritenuti necessari per la conservazione delle cose e dei servizi comuni. Il rifiuto o l'impossibilità del proprietario (o del suo inquilino) a consentire l'ingresso nell'appartamento ai fini di cui sopra, ancorché motivato, lo renderà comunque responsabile di ogni eventuale danno conseguente.
Ogni condomino è obbligato a comunicare immediatamente all'amministratore la presenza di qualunque guasto che si è verificato all'interno della proprietà privata, che possa arrecare danno alle parti comuni o alle atre proprietà private; i maggiori danni causati dall'omissione o dal ritardo della denuncia, saranno posti a carico dell'inadempiente.
Ogni condomino ha l'obbligo di notificare all'amministratore (a mezzo di lettera raccomandata) il proprio domicilio e le eventuali variazioni; in difetto, si intenderà domiciliato presso il condominio o all'ultimo domicilio conosciuto.
In caso di trasferimento di proprietà, il condomino uscente ha l'obbligo di far conoscere al subentrante i contenuti del presente regolamento, che dovrà essere richiamato e accettato dal nuovo proprietario nell'atto di acquisto sotto pena per il dante causa di risarcimento dei danni Entrambi hanno l'obbligo di rendere edotto l'amministratore dell'avvenuto passaggio di proprietà nonché delle generalità e domicilio del nuovo proprietario; Il condomino subentrante è obbligato solidalmente col predecessore al pagamento dei contributi relativamente all'anno in corso e a quello precedente. I contraenti, provvederanno fra loro a ogni operazione di conguaglio relativamente ai contributi versati dal venditore nel fondo comune e nel fondo di riserva: gli stessi, non sono ripetibili. Quanto sopra, nelle parti applicabili, ha valore anche nei casi di costituzione di usufrutto da parte del condomino.
In caso di locazione, il condomino locatore ha l'obbligo di far conoscere al conduttore i contenuti del presente regolamento, che dovrà essere richiamato e accettato dall'inquilino nel contratto di locazione, sotto pena per il dante causa di risarcimento dei danni L'amministratore ha rapporti unicamente con i condomini, i quali non possono servirsi della sua opera per l'eventuale riscossione dei contributi da parte dei conduttori, e rispondono di quanto eventualmente da questi dovuto.
Nei casi di frazionamento dell'unità immobiliare, gli interessati dovranno procedere a propria cura e spese alla divisione dei millesimi attribuiti a tale proprietà, nonché alla ripartizione dei contributi versati nel fondo comune e nel fondo di riserva, e rendere edotto l'amministratore di tali elaborati, sottoscritti per accettazione dalle parti interessate.
I singoli proprietari esclusivi, sono tenuti a provvedere alle tinteggiature dei serramenti delle finestre e dei balconi, a propria cura e spese, contestualmente alle opere di restauro delle facciate interessate e deliberate dall'assemblea, conformemente alle indicazioni del Comune (o quanto meno dell'assemblea) in merito alla scelta del colore, della tonalità e d'ogni altra eventuale caratteristica imposta.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©