Condominio

Se la palestra fa rumore il reato è imputato al gestore-locatario

di Valeria Sibilio


Convivere con i rumori provenienti da una palestra, che svolge la propria attività in locali al piano terra del condominio in cui si abita, può causare problematiche c ome quelle trattate nella sentenza della Cassazione n°17124 del 2018.
In primo grado, il Tribunale aveva condannato ad una ammenda di euro 300, per la violazione dell’articolo 659 del Codice penale (disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone), la conduttrice di una palestra, ubicata in un edificio condominiale, per aver arrecato disturbo alle occupazioni ed al riposo delle persone mediante la musica ed il rumore proveniente dall'impianto di aereazione. Contro il provvedimento, l'imputata proponeva ricorso per cassazione congiunto, essendo gli impianti della palestra di proprietà della locatrice dell'immobile, unico soggetto al quale doveva essere ascritta la contravvenzione e, invece, rimasta estranea al procedimento.
I due controlli tecnici, eseguiti rispettivamente il 1° settembre 2009 ed il 23 ottobre 2013, avevano rivelato il primo il superamento del valore limite di differenziale sonoro dell'impianto tecnologico di aereazione, ed il secondo il superamento del differenziale per il solo impianto di aereazione nel tempo di osservazione diurno, invece escluso per la rumorosità della musica amplificata. Per cui sarebbe stata da escludersi l'imputabilità dell'imputata in quanto subentrata nella gestione della palestra solo dal 28 gennaio 2013, senza che nessun controllo fosse stato effettuato nel 2014 in ordine al volume della musica, essendosi accertato nel dibattimento che, nel capo di imputazione, era stata erroneamente indicata la data del febbraio 2014 in luogo del febbraio 2013.
Due rilievi fonometrici, eseguiti nell'appartamento in cui risiede la parte civile, situato al primo piano dello stabile in cui è ubicata la palestra, avevano accertato la mancanza di diffusione dei rumori all'interno dell'intero edificio condominiale, escludendo che gli stessi potessero essere percepiti da altri condòmini, tenuto conto che le immissioni rumorose non avevano mai superato il valore limite, mentre quelle relative al funzionamento degli impianti non potevano ritenersi percepiti da altri all'infuori degli abitanti del primo piano.
La ricorrente lamentava, inoltre, la mancata presa d'atto della intervenuta prescrizione del reato, essendo stato commesso tra il 2001 ed il 2014, maturata per tutte le condotte poste in essere a tutto il 2011 e maturanda per quelle successive, essendo stato accertato, nel corso dell'istruttoria dibattimentale, che l'imputazione avrebbe dovuto essere retrodatata al febbraio 2013.
Per la Cassazione, il primo motivo è risultato infondato in quanto autore del reato è colui che pone in essere la condotta rumorosa, indipendentemente dalla titolarità e degli impianti attraverso i quali si propaghino emissioni eccedenti la normale tollerabilità. Ricade, perciò, su chi esercitava la gestione della palestra l'obbligo di adottare le necessarie cautele per evitare emissioni sonore che potessero provocare disturbo alla pubblica quiete.
Le contestazioni svolte con il secondo motivo non si confrontano con la sentenza impugnata che ha fondato la colpevolezza dell'imputata su una pluralità di accertamenti tutti attestanti, per quanto riguarda l'impianto di condizionamento, il superamento delle soglie di rumorosità di oltre il doppio dei decibel consentiti, mentre relativamente all'impianto musicale solo nel 2014 è stato verificato il superamento dei limiti di tollerabilità, non risultando nei precedenti accessi che lo stesso fosse stato messo in funzione. La ricorrente, nel menzionare due soli accessi, aveva introdotto una contestazione priva di rilevanza in quanto, nel negare l'accesso del 2014, assumeva un travisamento della prova di cui tuttavia non forniva l'evidenza, non avendo allegato al ricorso i relativi atti processuali.
Il terzo motivo è risultato, per gli ermellini, infondato. Dal momento che l'interesse tutelato dalla fattispecie criminosa di cui all'art. 659 c.p. deve essere ravvisato nella pubblica quiete, è necessario, per la configurabilità del reato, che le emissioni sonore abbiano una tale diffusività che l'evento di disturbo sia potenzialmente idoneo ad essere risentito dalla collettività, tenuto conto che la valutazione, circa l'entità del fenomeno rumoroso, va fatta in relazione alla sensibilità media del gruppo sociale in cui il fenomeno stesso si verifica. Pertanto se non è necessario che la verifica sia effettuata mediante perizia o consulenza tecnica, occorre accertare la diffusa capacità offensiva del rumore in relazione al caso concreto. Accertamento che può essere effettuato direttamente dal giudice del merito, al quale è consentito fondare il suo convincimento in ordine alla sussistenza di elementi probatori di diversa natura, quali le dichiarazioni di coloro che sono in grado di riferire le caratteristiche e gli effetti dei rumori percepiti. Nel caso in questione, l'accertamento della propagazione effettiva dei rumori si è fondata sulla deposizione dell'Amministratore di condominio, rimasta incontestata ai sensi dell'art. 195, primo comma c.p.p., avendo egli stesso fatto riferimento alle plurime lamentele raccolte dai vari condomini.
Anche l'intervenuta prescrizione del reato commesso nell'espletamento di un'attività commerciale, quale si configura quella di una palestra aperta al pubblico, deve ritenersi manifestamente infondata. La natura di reato eventualmente permanente, rivestita in tal caso dalla contravvenzione in esame, impone di far riferimento, relativamente al decorso del termine prescrizionale, al momento di cessazione della condotta illecita, indicata nel capo di imputazione alla data del febbraio 2014. Pertanto alla data della pronuncia impugnata, il termine prescrizionale previsto dagli art. 157 ss. c.p. non poteva ritenersi assolutamente decorso.
La Cassazione ha, perciò, rigettato il ricorso, condannando la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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