Condominio

Infiltrazioni, il condòmino è responsabile per l’incuria del suo appartamento

di Valeria Sibilio

L'individuazione delle responsabilità, per i danni subiti a causa di infiltrazioni d'acqua in aree condominiali, sono motivo, sovente, di procedimenti giudiziari per stabilirne cause e risarcimento (si veda anche l’articolo uscito ieri su un caso analogo). L'ordinanza della Cassazione n°8393 del 2018, ha esaminato un caso originato dalla sentenza del Giudice di Pace , il quale aveva accolto la domanda di un vicino per il risarcimento dei danni patiti dalla propria abitazione, a seguito di infiltrazioni addebitabili all'appartamento di un condòmino. Il Giudice liquidava il danno in euro 2.909,55, condannando il condòmino al pagamento delle spese del giudizio. Quest'ultimo, contro tale sentenza, proponeva appello, ritenendo che la sentenza non avrebbe giustificato le ragioni per le quali addebitare la responsabilità delle infiltrazioni all'immobile del convenuto, in quanto tra i due appartamenti vi era, anche, quello disabitato di un soggetto terzo.
Il Tribunale riformava la sentenza di primo grado, rideterminando in euro 2.000,00 il danno da risarcire e compensava per metà le spese del giudizio ponendo a carico del condòmino la restante metà. Secondo il Tribunale, la causa principale delle infiltrazioni lamentate era da ascrivere alla vetustà del tetto di copertura del fabbricato, per cui la responsabilità delle infiltrazioni andava imputata all'intero condominio. Ciò che, invece, appariva addebitabile al condòmino è il non avere attuato, nel corso degli anni, la manutenzione ordinaria del proprio appartamento, senza preoccuparsi di sollecitare l'esecuzione dei lavori condominiali, disinteressandosi delle richieste dei condòmini e lasciandolo privo di infissi, per cui l'acqua piovana attingeva direttamente il pavimento interno, evidentemente non predisposto a svolgere funzione di impermeabilizzazione.
Nel ricorso in Cassazione, il condòmino denunciava che il Tribunale, affermando che la responsabilità delle infiltrazioni di acqua erano dovute essenzialmente alla vetustà del tetto del fabbricato, cioè del tetto condominiale, non aveva tenuto conto del fatto che tali infiltrazioni si erano verificati 1'11 dicembre del 2008 e, cioè, dopo che una ditta specializzata aveva ricevuto l'appalto per i lavori di rifacimento del tetto dell'immobile. La responsabilità delle infiltrazioni, quindi, avrebbe dovuto essere riferita a tale ditta appaltatrice. Motivo risultato inammissibile, in quanto, se è vero che nel caso specifico il Tribunale aveva accertato una responsabilità del condominio, è anche vero, che ha accertato una responsabilità del condòmino per mancata custodia dell'appartamento di sua proprietà. La responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia, prevista dall'art. 2051 c.c., ha carattere oggettivo, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione del verificarsi dell'evento dannoso e del suo rapporto di causalità con il bene in custodia. Una volta provate queste circostanze, il custode, per escludere la sua responsabilità, ha l'onere di provare il caso fortuito, ossia l'esistenza di un fattore estraneo che, per il suo carattere di imprevedibilità e di eccezionalità, sia idoneo ad interrompere il nesso causale che, nel caso in esame quell'onere non è stato assolto.
La Cassazione ha, perciò, rigettato il ricorso, condannando il condòmino al versamento dell'importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©