Condominio

Chi paga se il «bene» è aperto al pubblico e qualcuno subisce un danno?

di Filippo Martini

Anche i privati, come gli enti pubblici, sono destinatari dell’obbligo di custodia previsto dall’articolo 2051 del Codice civile al fine di rendere il bene immune da rischi per la collettività. Presupposto di questo obbligo sociale di custodia è che il soggetto privato abbia un effettivo dominio sul bene e che l’area sotto il suo controllo sia aperta a un numero indistinto di persone che a vario titolo vi possono legittimamente accedere.

Così, può essere condannato il proprietario di una villa per i danni subiti da una persona, sua ospite, che si sia procurata un danno all’interno della proprietà cadendo da una scala per la rottura di un gradino usurato (Cassazione, sentenza 19870/2014).

Allo stesso modo, il condominio è responsabile per gli incidenti che avvengono nelle aree comuni, se queste sono state lasciate in condizioni di degrado, costituendo così un’insidia inavvertibile per i condomini o per altre persone.

Più in generale, per verificare l’esistenza della responsabilità prevista dall’articolo 2051 del Codice civile per le cose in custodia, il danneggiato che agisce in giudizio deve offrire la prova del nesso causale fra la cosa in custodia e l’evento lesivo, nonché dell’esistenza del rapporto di custodia. Il privato convenuto deve a sua volta dimostrare l’esistenza di un fattore estraneo alla propria condotta e idoneo a interrompere il nesso di causalità (il caso fortuito), in presenza del quale si esclude la responsabilità del custode.

La ripartizione dell’onere della prova è stata precisata, tra le altre, dalla sentenza 25483/2016 della Cassazione, che ha riconosciuto la responsabilità del condominio per i danni subiti da una donna caduta sul mattonato del viale di acceso allo stabile reso scivoloso da una patina di muschio, causata da incuria e omessa manutenzione.

Sovente la causa delle cadute che danneggiano i visitatori sono le buche presenti nel terreno ma non avvistabili con la normale diligenza. Si tratta di un fenomeno che non investe solo le strade. Può infatti accadere in un’area di parcheggio, con conseguente condanna del proprietario dell’area privata al risarcimento del danno (Tribunale di Roma, sentenza 19065/2017); oppure la buca insidiosa può trovarsi sulla pavimentazione interna di un circolo ricreativo (Tribunale di Bologna, sentenza 21479/2015).

Ancora, la caduta può avvenire all’interno di un supermercato, a causa di una pavimentazione resa scivolosa da alcuni acini d’uva caduti a terra e non asciugati tempestivamente dagli addetti per evitare che possano rappresentare un’insidia per la clientela (Cassazione, ordinanza 12027/2017).

Molto frequenti sono poi le cadute in luoghi affollati come le palestre o le piscine. In questi casi, però, spesso, la presenza di superfici calpestabili scivolose è prevedibile da parte dei frequentatori, al punto che spesso l’insidia non è ritenuta imprevedibile e quindi inevitabile.

Così, la Cassazione, con l’ordinanza 15718/2016, ha affermato la responsabilità dell’evento dannoso in capo al solo danneggiato il quale, senza porre la dovuta attenzione nel camminare, era inciampato in prossimità del locale piscina su un tappeto bagnato così tenendo un comportamento imprudente e disattento, idoneo a interrompere il nesso di causalità tra la cosa custodita e il danno.

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