Condominio

Danni dall’appalto? La colpa è anche del condominio che non protesta

di Edoardo Valentino

In caso di danno cagionato nel compimento di un'opera in condominio l'appaltatore e il direttore dei lavori devono risarcire l'appaltante in caso la loro responsabilità venga provata. L'ammontare di tale risarcimento, tuttavia, deve essere valutato anche tenendo conto dell'eventuale comportamento inerte del condominio nel porre in essere interventi di riparazione delle opere.
Se il palazzo non compie interventi conservativi sulle opere e nelle more del giudizio il danno si aggrava questa maggiorazione non può essere addebitata ai – pur inadempienti – appaltante e direttore dei lavori.
Questo il principio espresso nella lunga decisione della Cassazione numero 8508 del 6 aprile 2018 (relatore Antonio Scarpa).
Il caso principia quando un condominio agisce con accertamento tecnico preventivo (si noti che nel 1995, anno di proposizione della domanda, non era ancora stata introdotta la procedura della consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, nata nel 2005) avverso l'impresa costruttrice.
All'esito di tale procedura l'appaltatore, che aveva realizzato un lastrico solare adibito a parcheggio, aveva depositato ricorso per decreto ingiuntivo domandando il saldo delle proprie spettanze al committente.
Stante il fatto che il lastrico solare presentava gravi vizi e dava atto ad allagamenti all'appartamento del piano inferiore, il condominio aveva agito in giudizio opponendo il decreto ingiuntivo e domandando il risarcimento dei danni cagionati dall'impresa.
Il condominio attoreo, inoltre, chiava in giudizio il direttore lavori dell'opera, accusandolo di essere responsabile in solido per i danni patiti.
Nel giudizio in questione interveniva, inoltre, il proprietario dell'appartamento sottostante il quale – in via autonoma – domandava il risarcimento dei danni subiti a causa degli allagamenti provenienti dal lastrico solare.
Il giudizio di prime cure si concludeva con la revoca del decreto ingiuntivo e la condanna dell'impresa e del direttore lavori al risarcimento del danno.
Il giudizio approdava poi in Corte d'Appello.
Il giudice del riesame, al termine del processo, confermava sostanzialmente la decisione di primo grado.
Il direttore lavori e l'erede dell'appaltatore (deceduto nelle more del giudizio), proponevano quindi due autonomi ricorsi in cassazione.
Il ricorso proposto dal direttore lavori era di lunghezza decisamente considerevole (più di cento pagine) e molti dei motivi proposti erano incentrati su presunte violazioni di carattere processual-civilistico commesse dalla Corte d'Appello.
Lamentava il ricorrente, in sintesi, come la Corte d'Appello avesse errato a considerare valido l'intervento del proprietario dell'appartamento in giudizio stante il diverso oggetto della causa, come la Corte avesse errato nel non concedere alle parti termini per la presentazione di memorie a seguito del predetto intervento e come avesse errato nel valutare le istanze istruttorie e le eccezioni di carattere processuale sollevate in detta sede.
La Cassazione rigettava tutti i precedenti motivi sulla base del fatto che la Corte d'Appello avesse agito correttamente e nel rispetto del contraddittorio tra le parti, senza violare alcuna norma.
La suprema Corte, tuttavia, accoglieva il ricorso sopra descritto limitatamente ai motivi sesto e settimo (le cui doglianze erano contenute anche nell'omologo ricorso dell'erede dell'appaltatore).
Tali motivi di doglianza erano basati sull'errata valutazione del giudice di merito in punto quantificazione del risarcimento.
Ammesso e non concesso, sosteneva il ricorrente, che vi fosse una responsabilità nella progettazione ed esecuzione dei lavori, il condominio aveva omesso qualsiasi intervento cautelativo o conservativo, cagionando con la propria inerzia un aggravamento del danno.
Sostenevano quindi i ricorrenti come questo aggravamento dovesse essere debitamente quantificato dalla Corte d'Appello.
La Cassazione, come anticipato, accoglieva le predette doglianze, rilevando come in grado di Appello “era quindi indispensabile un'analisi dettagliata della diligenza impiegata dal danneggiato nel riparare il lastrico, nel limitare i fattori dannosi (utilizzo del bene) aggravanti la condizione dell'immobile sottostante e dei limiti temporali precisi entro cui il manifestarsi del difetto dell'opera era addebitabile alla mancata esecuzione o invece alla eccessiva lentezza del condominio nell'affrontare risolutamente la questione, già ormai nota sotto il profilo risarcitorio”.
Alla luce di tale valutazione la Corte di Cassazione, in accoglimento del ricorso, cassava la sentenza impugnata e rimetteva il giudizio alla Corte d'Appello competente per una nuova valutazione nel merito.

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