Condominio

Il cavedio non può essere sottratto all’uso comune

di Paola Pontanari

Non sempre è possibile definire in maniera netta il confine tra uso legittimo ed abuso del bene comune operato dal singolo.
Risulta infatti rilevante il rapporto esistente tra l'uso fatto e la funzione propria della cosa comune: se l'uso del singolo non pregiudica la sostanziale fruibilità del bene da parte degli altri condomini, siffatto uso deve dirsi pienamente legittimo.
A dirimere ulteriormente i dubbi emersi al riguardo è intervenuta la Cassazione con l'ordinanza n. 5358 del 7 marzo 2018 che ha rigettato il ricorso promosso dal condomìno che riteneva violato il proprio diritto di utilizzare autonomamente la cosa comune ai sensi dell'art.1102 codice civile.
L'art.1102 codice civile (dettata in tema di comunione, ma applicabile anche al condominio stante il richiamo fattone dall'art. 1139 c.c.) consente al condominio di servirsi della cosa comune, «purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto».
La nozione di pari uso «non va intesa nel senso di uso identico e contemporaneo, dovendo ritenersi conferita dalla legge a ciascun partecipante alla comunione la facoltà di trarre dalla cosa comune la più intensa utilizzazione, a condizione che questa sia compatibile con I diritti degli altri» (Cassazione Civile, sezione II, 30 maggio 2003, n.8808).
Quindi, a prescindere dalle quote di proprietà, ciascun condomino ha diritto di servirsi del bene comune nella sua pienezza ed interezza, consentendosi dunque anche un uso più intenso della cosa da parte di un singolo, a condizione che non ne esca pregiudicata la facoltà degli altri condomini di fare pari uso del bene.
L'ordinanza 5358 , in particolare, ha attestato - sulla base dei risultati della consulenza tecnica d'ufficio esperita in primo grado - che il cavedio era stato trasformato dal ricorrente in un “vero e proprio accessorio” del suo appartamento “alternandone la destinazione propria”. La Corte, pertanto, ha confermato la decisione assunta in primo grado e confermata in Appello di procedere alla immediata chiusura della porta aperta sul muro comune del cavedio interno, rimuovendo tutto quanto ne impedisca il pari uso da parte degli altri condomini.
L'uso esclusivo di un bene comune è possibile unicamente a fronte di una esplicita autorizzazione da parte dell'assemblea dei condòmini presa all'unanimità.
Del resto, l'art. 1118 codice civile., nel “parametrare” il diritto del singolo sul bene comune al valore della quota corrispondente alla proprietà esclusiva, espressamente prevede che il titolo possa disporre diversamente.
Una modifica del regolamento contrattuale volta ad escludere dalla comproprietà tutti i condomini meno uno sarà possibile con l'approvazione di tutte le parti contraenti, cioè di tutti i condòmini.
Sulla scorta di tali considerazioni, la Suprema Corte ha riconosciuto pienamente legittima l'apertura, sul muro condominiale di nuove porte e finestre, o l'ampliamento di quelle esistenti, trattandosi di interventi che di per sé non incidono sulla destinazione della cosa.
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