Condominio

Affittacamere non è «pensione»: il regolamento è rispettato

di Rosario Dolce

Il Tribunale di Milano, con Sentenza pubblicata in data 22 febbraio 2018 (Giudice Caterina Spinnler), offre una soluzione alla querelle sulla interpretazione dei divieti regolamentari imposti agli immobili ubicati all'interno del Condominio degli Edifici per attività di “pensione” e/o “affittacamere”.
Il fatto prende spunto dalla richiesta formulata da parte di un Condominio milanese al proprietario e al (sub)conduttore di un immobile ubicato all'interno dell'edificio e al relativo conduttore (anzi, subconduttore), in quanto destinato allo svolgimento dell'attività di affittacamere, per violazione dell'articolo numero 6 del relativo regolamento (che, in realtà, inibiva lo svolgimento della sola attività di “pensione”).
Il giudice milanese, intanto, si è interrogato sulla legittimazione passiva a resistere ad una simile domanda da parte del conduttore, ovvero sulla necessaria integrazione del contraddittorio tra proprietario e inquilino, arrivando a concludere come segue: “il proprietario di un immobile ubicato all'interno di un condominio è obbligato al rispetto del regolamento condominiale ed è responsabile di fronte alla collettività condominiale della violazione del regolamento anche se operata dal conduttore del suo bene, essendo tenuto ad imporre a quest'ultimo il rispetto del regolamento” (all'uopo è stata richiamata la Sentenza della Corte di Cassazione nr 11859/11).
Ergo, nell'ipotesi di violazione del divieto contenuto nel regolamento contrattuale di destinare i singoli locali di proprietà esclusiva dell'edificio condominiale a determinati usi, il condominio può richiedere la cessazione della destinazione abusiva sia al conduttore che al proprietario locatore.
Il condomino siccome principale destinatario delle norme regolamentari si pone, infatti, nei confronti della collettività condominiale non solo come responsabile delle dirette violazioni di quelle norme da parte sua ma anche come responsabile delle violazioni delle stesse norme da parte del conduttore del suo bene, essendo tenuto non solo ad imporre contrattualmente al conduttore il rispetto degli obblighi e dei divieti previsti dal regolamento ma altresì a prevenirne le violazioni e a sanzionarle anche mediante la cessazione del rapporto”.
Così inquadrata la vicenda dal punto di vista soggettivo, il decidente meneghino, a questo punto, ha esaminato il merito la pretesa esercitata da parte del Condominio, stante il tenore della norma regolamentare, di natura contrattuale, assunta come violata (a mente della quale “Gli alloggi sono destinati all'uso del condomino, dei suoi famigliari, del personale di servizio da esso dipendente e degli inquilini nei limiti in cui è ammessa la locazione . E' fatto divieto al condomino di tenere locande o pensioni. Non è altresì consentito nei singoli alloggi, solai e boxes ad essi pertinenti l'esercizio di industrie e di altre attività imprenditoriali, di laboratorio, di officine, né il deposito di merci o materiali vari da esitarsi all'ingrosso o al minuto...”).
Ora, richiamando precedenti orientamenti di legittimità, il decidente ha precisato che “L'attività di affittacamere, pur differenziandosi da quella alberghiera per le sue modeste dimensioni, richiede non solo la cessione del godimento di locale ammobiliato e provvisto delle necessarie somministrazioni (luce, acqua, ecc.), ma anche la prestazione di servizi personali, quali il riassetto del locale stesso e la fornitura della biancheria da letto e da bagno (Cass. 22665/2010; Cass. 5632/1993; Cass. 17167/2002; Cass. 755/1991).
Il criterio distintivo tra la locazione di alloggi e l'esercizio dell'industria di affittacamere viene ricondotto, dunque, nell'ambito di un quadro relazionale differente. Mentre il secondo rapporto è accompagnato dalla prestazione di servizi personali (che del rapporto stesso sono accessorio e complemento imprescindibile), nella locazione, invece, la persona del locatore rimane del tutto estranea alla vita dell'ospitato ed ogni relazione tra i contraenti si esaurisce nella conclusione del negozio giuridico, senza che vi sia posto per rapporti di fatto, riconducibili alla nozione di ospitalità (in punto, cfr Tar Toscana sezione III 1826/2000).
Nel caso in specie, il decidente ha così rivelato che la concessione in godimento dell'immobile da parte della società in favore di terzi era funzionale più alla locazione che ad una mera attività imprenditoriale riconducibile all'ipotesi di affittacamere, o meglio riconducibile ad un'attività quale quella di “pensione”.
Le prestazioni accessorie - riassetto e pulizia della stanza, fornitura e lavaggio della biancheria del letto e del bagno - che caratterizzano l'attività di affittacamere, differenziandola dalla locazione, non erano infatti prestate dalla società subconduttrice, che, anzi, ha dato luogo alla stipulazione, per ciascuna stanza dell'appartamento, di un apposito contratto di locazione transitoria con durata minima pari a quattro anni.
In conclusione e sempre secondo il decidente meneghino, l'attività di affittacamere non può interpretarsi come vietata dal regolamento condominiale in disamina, posto che il divieto si riferisce all'attività di pensione o locande.
A tale scopo è stato anche argomentato che trattandosi di materia, invero, che attiene alla compressione di facoltà normalmente inerenti alle proprietà esclusive dei singoli condomini, i divieti ed i limiti devono risultare da espressioni incontrovertibilmente rivelatrici di un intento chiaro, non suscettibile di dar luogo a incertezze e non possono quindi dar luogo ad un'interpretazione estensiva delle relative norme (in senso conforme, cfr Cass. Sez. 2, n. 9564 do 01/10/1997; 24707/2014).

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