Condominio

Guida con sentenze: istituzione e soppressione del servizio di portierato

di Anna Nicola

L'istituzione del servizio di portierato si qualifica in termini di gestione straordinaria del bene, sulla cui base trova applicazione l'art. 1136, quinto comma c.c.: la deliberazione deve essere presa con un numero di voti che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio e due terzi del valore dell'edificio.
«L'istituzione del servizio di portierato, non previsto dal regolamento di condominio, che comporti la destinazione ad alloggio del portiere di locali di proprietà comune aventi in precedenza una diversa funzione, e la soppressione del medesimo servizio, nella opposta ipotesi in cui questo sia previsto dal regolamento anzidetto con destinazione ad alloggio del portiere di locali di proprietà comune, configurano, derivandone, rispettivamente, la nascita e l'estinzione di un vincolo di destinazione pertinenziale a carico di parti comuni, atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, per la cui deliberazione - attesa l'equiparazione di tale categoria di atti alle innovazioni disposta dal secondo comma dell'art. 1108 cod. civ. (applicabile al condominio per il rinvio operato dall'art. 1139 dello stesso codice) - è necessaria la maggioranza qualificata (che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio e due terzi del valore dell'edificio) prevista dal quinto comma dell'art. 1136 cod. civ., il quale non esaurisce la disciplina delle maggioranze in relazione a tutte le deliberazioni assumibili dalla assemblea dei condomini» (Cass. 2585/1988).
«In materia di condominio di edifici, la istituzione o soppressione del servizio di portineria, come pure della guardiana e di altrettanti servizi rispondenti, secondo le esigenze epocali di sicurezza, a criteri di tutela patrimoniale e personale, non costituisce di per sè una innovazione della cosa comune di cui all'art. 1120 c.c., bensì un atto di gestione straordinaria che può essere validamente approvato dalla maggioranza dei condomini». (App. Napoli, 06/03/2008).
Anche la decisione assembleare di modifica della destinazione è validamente assunta ai sensi dell'art. 1136, comma 5, c.c.
«In tema di condominio negli edifici, la modifica della destinazione pertinenziale dei locali adibiti ad alloggio del portiere, anche se di origine contrattuale, non richiede l'unanimità dei consensi, bensì una deliberazione dell'assemblea dei condomini adottata con la maggioranza qualificata di cui al comma 5 dell'art. 1136 c.c.» (Cass. 642/1996).
Non così nel caso di suddivisione dei locali della portineria in due o più unità immobiliari, di cui una abbia la medesima destinazione precedente. La giurisprudenza afferma che questa fattispecie non si qualifica in termini di gestione straordinaria ma di semplice modifica, come tale, può essere decisa a maggioranza semplice ex art. 1136, secondo comma, c.c.
«I lavori deliberati dall'assemblea di condominio per la divisione di un locale di proprietà condominiale (già adibito a portineria) e già condotto in locazione da un terzo, al fine di conseguire due locali, di cui uno da concedere in locazione ed altro da destinare al parcheggio dei motoveicoli di proprietà dei condomini, non costituiscono innovazione, bensì mera modifica finalizzata al miglior godimento e sfruttamento del bene comune, a maggior ragione se nessun nocumento economico ne derivi - come nel caso di specie - al condominio. La delibera per l'approvazione di detti lavori, pertanto, non necessita delle maggioranze di cui al comma 5 dell'art. 1136 cod. civ., essendo invece sufficiente la maggioranza semplice di cui al comma 2 del richiamato art. 1136 cod. civ.. La suddetta decisione, infatti, non integra gli estremi della innovazione propriamente detta, giacché la divisione del locale non altera l'entità sostanziale dello stesso, né ne muta la destinazione originaria, ma potenzia ed indubbiamente rende più vantaggioso il godimento della cosa comune» (Trib. Napoli, 14/01/2005).
Come l'istituzione, la soppressione –e, come sopra accennato, la modifica- della destinazione dell'immobile a alloggio del portiere possono essere deliberate dall'assemblea a maggioranza qualificata ex art. 1136, comma 5, c.c., non essendo necessaria l'unanimità del consenso di tutti i condomini.
«In tema di condominio di edifici la modifica della destinazione pertinenziale dei locali adibiti ad alloggio del portiere, anche se prevista da un regolamento condominiale contrattuale, non richiede l'unanimità dei consensi vertendosi in materia di natura regolamentare, bensì una deliberazione dell'assemblea dei condomini adottata con la maggioranza qualificata di cui all'art. 1136, comma 5, c.c.» (Cass. 5400/1997).
<<L'assemblea del condominio con la maggioranza prevista dall'art. 1136, 5 comma, c.c. può deliberare la modificazione (o anche la soppressione) del servizio di portierato, sempre che vengano osservati i principi in materia di innovazioni posti dall'art. 1120 c.c. e non ne derivino per taluno dei condomini vantaggi o svantaggi diversi rispetto agli altri; pertanto, è nulla per violazione dell'art. 1120 citato, la deliberazione assunta a maggioranza che, conservando la proporzionalità di spesa sulla collettività condominiale, attui in un condominio costituito da più edifici la <centralizzazione> del servizio di portierato, in guisa da lasciare immutata la situazione per i condomini dell'edificio presso il quale il servizio viene svolto, mentre i condomini degli altri edifici vengono a trarre dal servizio una utilità minore>>. (Cass. 5083/1993).
<<Qualora modifichi la destinazione pertinenziale del locale adibito ad alloggio del portiere, la soppressione del servizio di portierato nell'ambito di un condominio richiede la deliberazione a maggioranza qualificata.>> (Cass. 2585/1988).
Per poter affermare, nel caso di alloggio di proprietà esclusiva, che la destinazione collettiva è cessata occorre una deliberazione del condominio che li abbia esclusi dall'utilizzazione comune, oltre ad avergli attribuito una destinazione non più a favore dell'intero stabile.
<<Le parti dell'edificio condominiale indicate dal n. 2) dell'art. 1117 c.c. e quindi anche i locali per la portineria possono essere sottratti alla presunzione di proprietà comune, ma non è sufficiente, a tal fine, che vi sia stato un atto di trasferimento degli stessi perchè possa affermarsi che sia venuto meno il vincolo di destinazione derivante dalla loro natura, essendo necessario invece che sia stata assunta dal condominio una deliberazione che li abbia esclusi dall'utilizzazione comune.>> (Cass. 4662/1998).
L'eliminazione del servizio di portierato può comportare la decisione del condominio di modificare le tabelle millesimali: a seguito dell'eliminazione di questo servizio il condominio può decidere di rivedere le tabelle per la parte concernente l'utilità venuta meno in capo ai condomini in ragione dell'eliminazione del portierato. Dopo la novella si può avere la revisione delle tabelle millesimali quando, per le mutate condizioni di una parte dell'edificio, in conseguenza di sopraelevazione, di incremento di superfici o di incremento o diminuzione delle unità immobiliari, è alterato per più di un quinto il valore proporzionale dell'unità immobiliare anche di un solo condomino.
<<In tema di condominio nulla si oppone, in teoria, a che, a seguito della soppressione del servizio di portierato, vengano modificate le tabelle millesimali nella parte in cui si era tenuto conto della utilità che le singole unità immobiliari ritraevano da tale servizio.>> (Cass.16880/2007).
L'avvenuta soppressione del servizio di portierato implica l'obbligo dell'amministratore di chiedere in consegna le chiavi dell'immobile onde permettere il pari uso dell'immobile in capo ai singoli contitolari, salvo diversa volontà assembleare.
<<In tema di condominio degli edifici, il dovere dell'amministratore, ai sensi dell'art. 1130, n. 2 c. c., di controllare e disciplinare il godimento di locali comuni (nella specie: locali destinati ad alloggio del portiere dopo la soppressione del servizio di portierato), implica, in mancanza di diverse disposizioni della assemblea, il diritto di detenere le chiavi dei suddetti locali, per assicurarne l'uso da parte dei singoli condomini in condizioni di parità.>> (Cass. 5076/1983).
<<In materia condominiale, il dovere dell'amministratore, ai sensi dell'art. 1130, n. 2, c.c., di controllare e disciplinare il godimento di locali comuni implica, in mancanza di diverse disposizioni della assemblea, il diritto di detenere le chiavi dei locali destinati ad alloggio del portiere dopo la soppressione del servizio di portierato, per assicurarne l'uso da parte dei singoli condomini in condizioni di parità.>> (App. Palermo, 10-02-2009).
L'amministratore non può eliminare il servizio di portierato o la guardiola senza la previa decisione del condominio, pena la riduzione in pristino della situazione precedente.
<<In tema di condominio, ai sensi dell'art. 1120, comma 2, c.c., è vietato rendere inservibili all'uso o al godimento di anche un solo condomino le parti comuni dell'edificio. Nella specie l'ipotesi di cui sopra risulta integrata dall'arbitraria rimozione della guardiola d'ingresso ad opera dell'amministratore del condominio, condannato per ciò stesso alla rimessione in pristino dello status quo ante>>. (App. Napoli, 04/05/2006).
Una volta soppressa la destinazione ad alloggio di portierato, il condominio in sede assembleare può deliberare di destinare l'immobile a qualunque titolo, compreso concederlo in locazione a terzi con apposito contratto del tutto svincolato dal precedente rapporto
<<Nell'ipotesi in cui una parte dell'immobile in condominio, oggetto di proprietà comune (quali i vani destinati a portineria) non sia più destinata a uso condominiale, si applica ad essa la disciplina della comunione in generale (art. 1100 cod. civ.) e, in base a tale disciplina, deve ritenersi consentito ai partecipanti alla comunione, quali aventi diritto a concorrere nella relativa amministrazione (art. 1105 primo comma cod. civ.) di concedere il detto bene in locazione per renderlo fruttifero. Né, ai fini della modifica della detta destinazione, è necessario l'atto scritto, essendo questo richiesto, sotto pena di nullità, soltanto per i contratti che costituiscono la comunione di diritti su beni immobili (art. 1350 n. 3 cod. civ.)>>. (Cass. 3690/1979).

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