Condominio

Anche l’assemblea può cambiare idea

di Paolo Accoti

La volontà assembleare non si cristallizza in una determinata deliberazione e può essere modificata.
La formazione della volontà assembleare non è immutabile e, pertanto, non si cristallizza una volta per tutte in una determinata deliberazione, potendo subire, come tutte le dichiarazioni di carattere negoziale, dei mutamenti in ragione di successive e diverse manifestazioni di volontà da parte della medesima assemblea.
Questo il principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 5932, depositata in data 12 Marzo 2018.
Una condomina cita in giudizio dinnanzi al Tribunale di Savona la proprietaria di un appartamento ubicato nel medesimo stabile in condominio, al fine di ottenere la declaratoria di illegittimità dell'avvenuta sostituzione del parapetto condominiale in muratura della balconata con una ringhiera, realizzata dalla convenuta nella propria unità immobiliare, con conseguente lesione del decoro architettonico nonché violazione del regolamento contrattuale del condominio (art. 4) nella parte in cui richiede per le opere da realizzarsi su parti esclusive o comuni la preventiva autorizzazione assembleare, inesistente nel caso di specie.
Si costituiva in giudizio la convenuta eccependo la natura privata delle opere realizzate e, comunque, l'esistenza di autorizzazione assembleare concessa in una precedente deliberazione assunta in data 14.08.1998.
Il Tribunale dopo aver disposto l'integrazione del contradditorio nei confronti di tutti i condòmini, stante la natura comune del bene in contestazione, dichiarava nulla la delibera del 1998 e ordinava il ripristino dello stato dei luoghi.
Proponeva gravame la condomina soccombente e la Corte d'Appello di Genova, in riforma della sentenza di primo grado, rigettava la domanda attrice, ritenendo non leso il decoro architettonico del condominio.
Propone ricorso per la cassazione la condomina originaria attrice eccependo l'omesso esame di un fatto decisivo ai fini della controversia, rappresentato dall'esistenza della delibera assembleare del 14.08.1999 che aveva revocato la precedente delibera autorizzativa del 14.08.1998 e, conseguentemente, la violazione dell'art. 4 del regolamento condominiale e degli artt. 1136, 1138 e 1120 Cc.
La Corte di Cassazione evidenzia come il giudice d'appello ha ritenuto che l'opera realizzata avesse trovato <<”l'assenso dell'assemblea condominiale con delibera non impugnata da alcun condomino e la cui nullità parte appellata aveva dedotto ... esclusivamente sotto il profilo dell'incompletezza dell'ordine del giorno”>> ma che, tuttavia, la medesima corte territoriale, non avrebbe tenuto conto della deliberazione di revoca della precedente delibera di autorizzazione alla realizzazione dei lavori, sebbene ritualmente prodotta.
Pertanto, afferma come <<L'aver trascurato la considerazione di tale fatto decisivo - costituito dalla dedotta revoca, la cui valutazione in concreto compete al solo giudice del merito - costituisce, oltre ad omesso esame quale dedotto nel primo motivo, falsa applicazione (quale dedotta con il secondo motivo) dei principi di diritto concernenti la formazione della volontà assembleare, che non si cristallizza una volta per tutte in una determinata deliberazione, ma può subire - come ogni dichiarazione negoziale - modificazioni per effetto di successive manifestazioni di volontà.>>.
Conseguentemente, il ricorso viene accolto e la sentenza cassata con rinvio a diversa sezione della Corte d'Appello di Genova, la quale disporrà anche in merito alle spese del giudizio di legittimità.
Per completezza espositiva occorre ricordare che quando ci si trova al cospetto di una impugnativa di delibera condominiale, successivamente revocata, <<il giudice deve dichiarare cessata la materia del contendere ove risulti che l'assemblea dei condomini, regolarmente riconvocata, abbia deliberato sugli stessi argomenti della deliberazione impugnata, ponendo in essere un atto sostitutivo di quello invalido>> (Cass. n. 3069/1988; Cass. n. 3159/1993).
Tale principio deriva dall'applicazione analogica alla materia condominiale dell'art. 2377, VIII, Cc, che disciplina la materia societaria, a mente del quale <<L'annullamento della deliberazione non può aver luogo, se la deliberazione impugnata è sostituita con altra presa in conformità della legge e dello statuto. In tal caso il giudice provvede sulle spese di lite, ponendole di norma a carico della società, e sul risarcimento dell'eventuale danno.>>.

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