Condominio

Niente litisconsorzio se c’è la «riconvenzionale» nella lite sul bene comune

di Selene Pascasi

Niente litisconsorzio necessario, nei confronti di tutti gli altri condòmini, se all'azione di uno tesa a far accertare la natura condominiale di un bene, il convenuto non risponda con domanda riconvenzionale appositamente stilata per contestare la comproprietà. Lo annota la seconda sezione civile della Corte di Cassazione, con ordinanza n. 5361 depositata lo scorso 7 marzo (relatrice Chiara Besso Marcheis). Sollecita l'intervento della Suprema Corte, la citazione promossa da tre condòmini per impedire ad un condomino di apportare modifiche al lastrico solare. Diritto inesistente, lamentano, trattandosi di un bene che era stato sempre posseduto in maniera esclusiva dal condominio. Ma il convenuto offre la sua versione: il lastrico lo aveva acquistato stipulando un regolare atto di compravendita, per cui, in caso di evizione, andavano chiamate in giudizio le danti causa. Il Tribunale, però, accoglie la domanda dei tre condòmini e la Corte di appello conferma la decisione. L'uomo, allora, sottopone la questione alla Cassazione dolendosi, principalmente, del fatto che il procedimento, così come la sentenza impugnata, erano viziati per mancata integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri condòmini che avrebbero dovuto presenziare tramite l'amministratore.
Ciò, posto che, a fronte della domanda di una parte dei condòmini – avanzata a tutela di un bene di proprietà comune – era stata dedotta la sussistenza di un diritto di proprietà esclusiva, il cui accertamento «comporta quale corollario la necessaria partecipazione al giudizio di tutti i condòmini ai sensi dell'art. 102 c.p.c.». Tesi bocciata dalla Cassazione. A ben vedere, spiegano a Piazza Cavour, il ricorrente, convenuto nel giudizio di primo grado con un'azione qualificata (negatoria servitutis) non aveva proposto domanda riconvenzionale ma si era limitato ad eccepire di essere proprietario esclusivo del lastrico solare. Ecco perché, non era necessario integrare il contraddittorio. Intanto, occorre ricordare che la norma citata, ossia l'articolo 102 del Codice di procedura civile, è una norma cosiddetta “in bianco” giacché non specifica in quali evenienze si verifichi quel rapporto unico con pluralità di parti che ne esige la convocazione in giudizio. Così, di volta in volta, spetterà al giudice individuare se gli effetti di una sentenza potranno o meno dirsi rivolti anche ad altri soggetti, oltre a quelli che sono parti dirette in causa, e, pertanto, procedere all'integrazione del contraddittorio.
Tuttavia, nella vicenda, detta integrazione non è stata ritenuta necessaria in virtù del principio (Sezioni Unite 25454/2013, in tema di abusivo inglobamento in un'autorimessa privata di un'area di parcheggio condominiale) per il quale ove «un condomino agisca per l'accertamento della natura condominiale di un bene, non occorre integrare il contraddittorio nei riguardi degli altri condomini, se il convenuto eccepisca la titolarità esclusiva, senza formulare, tuttavia, un'apposita domanda riconvenzionale». In tale ipotesi, del resto, l'eccezione del convenuto non vale a «mettere in discussione – con finalità di ampliare il tema del decidere ed ottenere una pronuncia avente efficacia di giudicato – la comproprietà degli altri soggetti». Metro valutativo e di giudizio, questo, che la Cassazione ribadisce ancora una volta, rigettando il ricorso.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©