Condominio

Lotta al rumore, quando l’amministratore va in causa

di Mario Battaglia

La legittimazione attiva

Questi, a grandi linee, i casi in cui un amministratore può essere convenuto in giudizio:
a) per rumori provocati da un impianto condominiale: a sua volta, i rumori possono recare disturbo a qualcuno dei condomini stessi oppure a terzi soggetti;
b) per rumori provocati dallo stesso Condominio in sé: si pensi a una struttura supercondominiale in cui siano racchiuse attività che producono rumore che proviene dall'utilizzo di aree comuni: in tal caso, più probabilmente, la legittimazione passiva dell'amministratore concorrerebbe con la legittimazione passiva dei singoli condomini esercenti le attività disturbanti;
c) per disturbi provocati da un uso di bene condominiale: bene che potrebbe essere utilizzato da un condomino ex art. 1102 c.c. (in tal caso l'amministratore sarebbe più probabilmente convenuto da terzi danneggiati, anche in concorso con il condomino), oppure in forza di locazione o comodato.
In tutti questi casi la legittimazione passiva dell'amministratore trova regolamentazione nel secondo comma dell'art. 1131 c.c. che stabilisce che esso può essere convenuto in giudizio per qualunque azione concernente le parti comuni dell'edificio.
Al riguardo la giurisprudenza interpreta estensivamente la nozione intendendo la legittimazione passiva “in ordine ad ogni lite avente ad oggetto interessi comuni dei condomini (senza distinguere tra azioni di accertamento ed azioni costitutive o di condanna)”. Ciò all'espresso fine di “rendere più agevole ai terzi la chiamata in giudizio del condominio senza la necessità di promuovere il litisconsorzio passivo nei confronti dei condomini” (Cass. 26 febbraio 1996 n. 1485, che ha confermato la legittimazione passiva dell'amministratore in un caso di domanda di condanna alla rimozione dell'impianto condominiale stesso. V. anche Cass. 14 luglio 2008 n. 19307, che ha confermato la legittimazione passiva dell'amministratore per danni derivanti da cose comuni in custodia).
Attenzione:
- nel caso sub a) la legittimazione passiva dell'amministratore può concorrere con la legittimazione passiva del costruttore dell'impianto dannoso, se non siano passati 10 anni dal compimento dell'opera (art. 1669 c.c.). E, nel caso, anche ove il terzo non convenga in giudizio entrambi, l'amministratore potrebbe chiamare il costruttore in manleva del Condominio quale terzo avente causa e proprietario dell'impianto comune costruito;
- nel caso sub b), come detto, vi sarebbe la concorrenza di legittimazione passiva di amministratore e condomini titolari di attività disturbanti
- nel caso sub c), potrebbe trattarsi di una canna fumaria apposta in facciata da condomino che eserciti il diritto di adeguamento normativo dell'impianto e dunque si avvalga delle facoltà dell'art. 1102 c.c. Però, ove la canna provochi rumori fastidiosi, vi sarebbe teoricamente la legittimazione passiva del condomino rumoroso e anche
dell'amministratore quale proprietario del bene.
La legittimazione passiva può declinarsi anche in modo diverso a seconda che
l'azione venga proposta per violazione di norma regolamentare o ai sensi dell'art. 844
c.c.
Se l'azione è proposta ai sensi dell'art. 844 c.c., legittimati passivi sono i proprietari dei
rispettivi fondi, disturbato e disturbante ed eventuale terzo fruitore del fondo
disturbante. Sicchè, in tutti i casi sopra indicati, quale proprietario dell'area, sarebbe
sempre legittimato passivo l'amministratore, da solo o in concorso con altri
responsabili.
Non sarebbe legittimato passivo l'amministratore, invece, ove si trattasse di rumore
proveniente solo da fondo di proprietà esclusiva del condomino.
Se l'azione è proposta per violazione di norma regolamentare (titolo esclusivo o in
concorso con l'art. 844 c.c.) resta confermata la legittimazione passiva di chi viola il
regolamento e, in caso di controversia con il Condominio circa l'interpretazione della
norma regolamentare, dovrebbe essere convenuto in giudizio anche l'amministratore,
sia per rendere opponibile a lui l'interpretazione della norma regolamentare, sia per
vincolare il medesimo a far rispettare la norma di regolamento violata.
Secondo le regole generali, in tutti i casi in cui l'amministratore è naturale
legittimato passivo, in quanto l'azione rientri fra le materie a lui attribuite dalla legge
(art. 1130 c.c.) non è tenuto a fare quanto previsto dal penultimo comma dell'art. 1131
c.c., ovvero a dare senza indugio notizia all'assemblea dei condomini. E peraltro tale
obbligo riguarda necessariamente cause che esorbitano dalle attribuzioni
dell'amministratore in quanto, proprio per esse, è prevista dall'art. 1132 c.c. la facoltà
per il condomino dissenziente di separare la propria responsabilità dalla causa deliberata
dall'assemblea (sia nel senso di proporla che nel senso di resistere a essa). Facoltà che
non potrebbe essere compiutamente esercitata senza, appunto, la sollecita convocazione
dell'assemblea. E se dalla non sollecita convocazione dell'assemblea si sia verificato
qualche danno, l'amministratore sia è tenuto al risarcimento sia il fatto costituisce
ragione legittima di revoca.
Nel caso, invece, di naturale legittimazione passiva, l'amministratore non è tenuto alla
convocazione assembleare e può tranquillamente conferire mandato al legale per
costituirsi, senza neppure necessità di convocare assemblea per ratifica, salvo che
l'amministratore abbia dubbi sul fatto che l'azione rientri o meno fra le materie di sua
attribuzione.
I casi sopra indicati rientrano o no fra le sue attribuzioni di legge, ex art. 1130 c.c.?
Tenuto conto che rientra fra le sue attribuzioni la cura dell'osservanza del regolamento
di condominio (n.1), in tutti i casi in cui è coinvolto il regolamento, la causa rientra fra
le sue attribuzioni.
Può rientrare fra le sue attribuzioni anche la causa in cui si controverte sulle modalità di
funzionamento dell'impianto che produce rumore, nel caso che la domanda verta sulla
modifica del funzionamento dell'impianto, visto che il n. 2 dell'art. 1130 accorda
all'amministratore la disciplina dell'uso della cosa comune e la fruizione dei servizi
nell'interesse comune, in modo che ne sia assicurato il miglior godimento a ciascuno dei
condomini (non vi rientrerebbe il caso in cui la domanda si estendesse allo spegnimento
e/o rimozione dell'impianto, in quanto si tratterebbe di attività straordinaria di cui
informare necessariamente l'assemblea).
Può rientrare ai sensi del n. 4 se la causa abbia ad oggetto domande in relazione alle quali l'amministratore resista al fine di conservare le parti comuni dell'edificio (come nel caso di un'attività rumorosa ma necessaria per mantenere in funzionamento la cosa o il servizio condominiale).

La legittimazione attiva
Sotto il profilo della legittimazione attiva, l'amministratore:
a) può agire, sempre ovviamente per la tutela di beni e cose di proprietà condominiale, nei confronti di condomini che arrechino disturbo (si pensi a un condomino che svolga attività rumorosa con un locale aperto al pubblico posto nel condominio; oppure mediante un manufatto apposto su bene comune ma di sua proprietà, quale un impianto di condizionamento)
b) può agire nei confronti di terzi conduttori, e/o utilizzatori a qualsiasi titolo, di appartamenti di proprietà di singoli condomini: in tal caso, legittimato passivo naturale è il condomino proprietario, cui si aggiunge la legittimazione passiva del terzo gestore che arreca disturbo;
c) può agire nei confronti di terzi estranei al Condominio (si pensi al caso del gestore/proprietario di locale in cui venga esercitata attività di discoteca che si trova in stabile limitrofo a quello condominiale).
Ciò che conta è però che il bene e/o cosa da tutelare abbia chiara natura condominiale.
E dunque, nel caso in cui l'attività disturbante arrechi solo fastidio e immissioni intollerabili a danno di singoli condomini (si pensi ad esempio a rumore di discoteca che danneggi solo i condomini confinanti con lo stabile in cui si trova la discoteca, e non determini rumori fastidiosi all'interno dell'atrio condominiale), sono solo loro ad essere legittimati ad agire.
Si può porre anche il caso che, in caso di controversia fra Condominio e singoli condomini (o conduttori di proprietà esclusiva) disturbanti, il Condominio agisca per violazione di regolamento condominiale e non ai sensi dell'art. 844 c.c. (o, perlomeno, non agisca solo in forza di tale norma).
In tal caso, in linea generale, vista l'attribuzione di legge del compito di dare esecuzione e sorvegliare l'adempimento di norme di regolamento, legittimato attivo sarebbe comunque l'amministratore, essendo il regolamento condominiale il titolo fatto valere (violazione di norma condominiale).
E peraltro, per inciso, il fatto di far valere come titolo il regolamento condominiale dirige anche la competenza del giudice, che sarà sempre il Tribunale (anche nel caso in cui, vertendosi solo in una causa di immissioni fra proprietari esclusivi di appartamenti in condominio – che sarebbe materia del giudice di pace – il condomino disturbato faccia valere solo o anche la violazione di norma regolamentare piuttosto che la norma di cui all'art. 844 c.c.).
Le due azioni, infatti, sono dalla giurisprudenza considerate in sé come autonome, pur cumulabili e determinano diverse conseguenze sia in tema di competenza (come detto), sia in tema di legittimazione passiva. Infatti, a quest'ultimo riguardo, se l'amministratore fa valere un titolo regolamentare, deve convenire in giudizio necessariamente il condomino proprietario, unitamente al terzo conduttore. Ove invece l'amministratore agisse solo ex art. 844 c.c., potrebbe anche solo convenire in giudizio l'esercente l'attività rumorosa non condomino.
Però, dal momento che il regolamento condominiale, se contrattuale, può contenere sia disposizioni di naturale natura condominiale, sia disposizioni con le quali si impongono a carico dei rispettivi condomini delle reciproche servitù, laddove entrino in gioco solo diritti individuali di privati titolari o gravati della servitù, lì non c'è legittimazione attiva dell'amministratore.
Spiegandosi meglio:
- se la causa ha ad oggetto rumori provocati da un condomino che interessino parti condominiali e ciò costituisce anche violazione di norma regolamentare che, ad esempio, imponga il silenzio in determinate fasce orarie, la legittimazione attiva dell'amministratore è pacifica;
- ma se la causa ha ad oggetto rumori che di per sé non provocano immissioni in parti comuni condominiali ma solo in appartamenti di proprietà esclusiva, e ciò costituisca violazione di previsione regolamentare (che, nei riguardi delle singole proprietà esclusive costituisce pacifica servitù reciproca di limitazione d'uso di bene privato), la legittimazione al riguardo dovrebbe essere accordata ai e nei confronti dei soli condomini interessati dalla produzione del rumore e dal danneggiamento provocato dal rumore.
Peraltro, sempre in applicazione del principio di autonomia fra le due azioni, la giurisprudenza anche generalmente ritiene che, proposte cumulativamente le due azioni (art. 844 c.c. e di violazione regolamento), quest'ultima potrebbe comportare l'accoglimento della tutela inibitoria anche ove non venisse rilevato l'esubero di legge (di 3 db sul rumore di fondo), laddove il regolamento condominiale disponesse l'obbligo di assoluto silenzio (no rumore da fonti disturbanti) in determinate fasce orarie.
D'altra parte, sotto il profilo della necessità o meno di autorizzazione assembleare, è certo che in tutti i casi in cui vi sia la legittimazione attiva dell'amministratore e la causa riguardi le materie di cui al n. 1, n. 2 e n. 4 dell'art. 1130 c.c., la causa rientra fra le sue attribuzioni senza necessità di autorizzazione assembleare.
Laddove, invece, non si verta in tema di adempimento di regolamento condominiale, né di causa inerente a regolazione e uso di servizi condominiali, né di conservazione di beni condominiali – e dunque ove, ad esempio, si tratti di causa da promuovere solo ai sensi dell'art. 844 c.c. per limitare i rumori a un atrio condominiale ma senza che vi sia una norma di regolamento di cui si denunci violazione – occorre informare l'assemblea affinchè la stessa deliberi l'iniziativa.
Non, dunque, nel caso in cui l'amministratore intenda agire o resistere in giudizio per ottenere che un condomino non adibisca la propria unità immobiliare ad attività vietata dal regolamento condominiale contrattuale (fare un bar-ristorante): azione per la quale l'amministratore può agire senza autorizzazione assembleare (è il caso di Cass. 25 ottobre 2010 n. 21841).
Occorre, però, che il divieto di destinazione sia preciso, chiaro ed espresso (non dunque nel caso in cui si dica che non possa essere adibito il negozio ad attività rumorose e/o che ledano decoro o tranquillità).

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