Condominio

Le spese si contestano impugnando il piano di riparto

di Anna Nicola

Le quote poste a carico dei singoli condomini devono essere contestate con l'azione di impugnazione della delibera assembleare di approvazione dei piani di riparto entro trenta giorni, ai sensi dell'art. 1137 del codice civile.
Non può essere accolta perché inammissibile la domanda con la quale il condomino chiede al giudice di accertare che non è tenuto al pagamento degli oneri condominiali approvati in assemblea e mai impugnati. Il Giudice di per sè non può essere al corrente della situazione contabile del condominio e del singolo condomino
In questo caso, l'unica via è l'impugnazione della delibera assembleare di approvazione dei piani di riparto secondo le modalità e i termini di cui all'art. 1137 del codice civile.
Questo il principio di diritto che si ricava dalla sentenza del Tribunale di Roma n. 3 del 2 gennaio 2018.
Per il giudice romano, il nostro ordinamento appresta uno strumento tipico di tutela contro lo stato di ripartizione degli oneri condominiali approvato dall'assemblea, cioè l'azione di impugnazione ex art. 1137 del codice civile per l'annullamento della delibera di approvazione di tale riparto. Ed è tale azione tipica, e non altre, che il condomino deve esercitare per liberarsi dall'obbligo di pagare gli oneri condominiali nella misura deliberata in assemblea.
Il Tribunale ha affermato detto principio in via incidentale, nell'ambito di una controversia in cui una condomina aveva convenuto in giudizio il Condominio e il precedente proprietario del suo appartamento chiedendo che fosse verificato che non era tenuta al pagamento degli oneri di riscaldamento risultanti nel piano di riparto, mai impugnato, in quanto relativi al periodo precedente all'acquisto dell'immobile.
La Cassazione ha già più volte ribadito che <<l'accertata nullità del negozio giuridico, in esecuzione del quale sia stato eseguito un pagamento, dà luogo ad un'azione di ripetizione di indebito oggettivo, volta ad ottenere la condanna alla restituzione della prestazione eseguita in adempimento del negozio nullo, il cui termine di prescrizione inizia a decorrere non già dalla data del passaggio in giudicato della decisione che abbia accertato la nullità del titolo giustificativo del pagamento, ma da quello del pagamento stesso>> (Cass. 7651/2005; Cass. 24418/2010).
Con un successivo intervento la Suprema Corte ha precisato che la decorrenza del termine di prescrizione dalla data di esecuzione del pagamento, e non dalla sentenza dichiarativa della nullità del negozio giuridico, si giustifica <<in ragione, essenzialmente, della natura che riveste la pronuncia di nullità del negozio, che, essendo di mero accertamento, ha efficacia retroattiva con caducazione fin dall'origine dell'atto e della modifica della situazione preesistente, non diversamente da quanto accade nell'ipotesi di ripetizione del pagamento effettuato in base a norma dichiarata incostituzionale>> (Cass. 10250/2014)
Occorre ricordare che sul tema del momento dal quale decorre il termine di prescrizione dell'azione di ripetizione che segue i pagamenti effettuati in base ad un negozio giuridico dichiarato nullo da una sentenza, si registra anche un altro orientamento giurisprudenziale che, contrariamente a quello appena citato, fa decorrere il termine di prescrizione dal passaggio in giudicato della sentenza. (Cass., 12038/2000).
Le ragioni che hanno indotto il Giudice di Roma a non prendere in considerazione l' orientamento espresso della Cassazione nell' ultima sentenza menzionata, si identificano nella necessità di scongiurare che l'applicazione di simile principio potrebbe avere una portata destabilizzante sul sinallagma dei rapporti economico-giuridici.
A tal proposito, infatti, evidenzia che qualora il termine di prescrizione del diritto a ripetere quanto indebitamente pagato decorresse dalla data della sentenza dichiarativa della nullità del contratto in forza del quale è avvenuto il pagamento stesso <<…. si perverrebbe al paradossale ed inaccettabile risultato di consentire la ripetizione di quanto pagato nell'immediatezza di un negozio giuridico dichiarato nullo oggi, ma stipulato ad esempio, più di settant'anni prima>>.
Proprio per non incorrere in questa situazione, basta soffermarsi sul testo dell'articolo 1422 del codice civile che nel disporre l'imprescrittibilità dell'azione volta a dichiarare la nullità del contratto, d'altra parte fa salvi gli effetti dell'usucapione e della prescrizione delle azioni di ripetizione.
Nulla da fare, quindi, il diritto di ripetizione delle spese pagate dalle condòmine in virtù di una delibera successivamente dichiarata nulla da una sentenza, si prescrive entro dieci anni dal singolo pagamento effettuato e pertanto il provvedimento si conclude con il mancato accoglimento delle loro richieste.

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