Condominio

Niente ripartizione in parti uguali anche se mancano le tabelle millesimali

di Paolo Accoti

Salvo casi specifici, espressamente indicati dal legislatore, le spese necessarie alla conservazione e ed al godimento delle parti comuni dell'edificio, così come quelle per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza devono essere ripartite tra condòmini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione (art. 1123, comma I, Cc).
Qualora il condominio non fosse dotato delle tabelle millesimali nondimeno la ripartizione dovrebbe tener conto della relazione tra il valore della singola proprietà e quello dell'intero edificio, in altri termini, la ripartizione dovrebbe avvenire in proporzione tra la quota a carico di ciascun condomino e la quota di proprietà esclusiva di questi.
Ciò posto, anche le spese relative alla condanna giudiziale del condominio devono essere ripartite nella misura dettata dall'art. 1123 Cc, salvo diversa convenzione, a nulla rilevando, come detto, la mancanza delle tabelle millesimali, ripartizione che tuttavia può essere impugnata dinnanzi al giudice specificando in maniera particolareggiata il perché della pretesa violazione.
Peraltro, in caso di giudizio che veda contrapposti il condominio e un condomino, a quest'ultimo non può imputarsi il pagamento delle spese giudiziali pro-quota, non essendo applicabili alla peculiare fattispecie le disposizioni di cui agli artt. 1132 e 1101 Cc.
Questi i principi di diritto ribaditi dalla Corte di Cassazione nell'ordinanza n. 4259, pubblicata in data 21 Febbraio 2018, relatore Antonio Scarpa.
A seguito dell'emissione di un decreto ingiuntivo nei confronti del condominio, ad istanza di un avvocato - peraltro condomino del medesimo stabile - per l'opera professionale da questi svolta in favore del condominio stesso, divenuto esecutivo per mancanza di opposizione, l'assemblea condominiale decideva di ripartire le spese in parti uguali tra tutti i condòmini, ivi compreso il condomino creditore.
Quest'ultimo impugnava la delibera innanzi al Giudice di pace di Roma che, tuttavia, dichiarava l'improcedibilità della domanda siccome proposta con ricorso e non con citazione.
Sull'appello interposto dallo stesso condomino il Tribunale capitolino, pur ritenendo ammissibile l'impugnativa, giudicava legittima siffatta ripartizione attesa la mancanza delle tabelle millesimali.
Propone ricorso per cassazione il condomino soccombente deducendo la violazione e falsa applicazione degli artt. 1123, 1132 e 1101 Cc.
La Corte di Cassazione evidenzia come pur in mancanza delle tabelle millesimali, <<la ripartizione tra i condomini degli oneri derivanti dalla condanna del condominio va comunque fatta alla stregua dei criteri dettati dall'art. 1123 c.c., salvo diversa convenzione (arg. da Cass. Sez. 2, 12/02/2001, n. 1959). Né ha rilievo in senso contrario alla necessaria ripartizione interna dell'importo oggetto di condanna la mera mancanza formale delle tabelle millesimali (come considerato dal Tribunale di Roma), spettando semmai al giudice di stabilire l'entità del contributo dovuto dal singolo condomino conformemente ai criteri di ripartizione derivanti dai valori delle singole quote di proprietà (Cass. Sez. 2, 26/04/2013, n. 10081; Cass. Sez. 2, 30/07/1992, n. 9107).>>.
Ciò posto, una delibera che, di fatto, modifica i criteri legali, come nel caso di specie, in mancanza di diversa convenzione – da adottare all'unanimità ovvero contenuta nel regolamento contrattuale – siccome <<adottata a maggioranza, in deroga all'art. 1123 c.c., va certamente ritenuta nulla (Cass. Sez. 2, 16/02/2001, n. 2301; Cass. Sez. 2, 04/12/2013, n. 27233).>>.
Contestualmente deve essere ritenuta anche <<invalida la deliberazione dell'assemblea che, all'esito di un giudizio che abbia visto contrapposti il condominio ed un singolo condomino, disponga anche a carico di quest'ultimo, “pro quota”, il pagamento delle spese sostenute dallo stesso condominio per il compenso del difensore nominato in tale processo, non trovando applicazione nella relativa ipotesi, nemmeno in via analogica, gli artt. 1132 e 1101 c.c. (Cass. Sez. 2, 18/06/2014, n. 13885; Cass. Sez. 2, 25/03/1970, n. 801).>>, come tuttavia avvenuto nel caso di specie.
Pertanto, in accoglimento dei motivi di ricorso la Corte cassa la sentenza impugnata e rinvia al Tribunale di Roma, in persona di diverso magistrato, anche per le spese del giudizio di cassazione.

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