Condominio

Guida alle obbligazioni condominiali - 6. La ripartizione delle spese

di Rosario Dolce

I criteri di ripartizione delle spese in condominio non sempre mettono d'accordo tutti, men che mai l'amministratore con i condòmini e questi tra di loro.
Un dato solo è certo: non è possibile uniformare dei parametri per trarre una equa ripartizione delle medesime tra i compartecipi, senza conoscere il dato strutturale e concreto.
Il legislatore, allora, è intervenuto per tipizzare alcune fattispecie generali e astratte, pur facendo salvo il diritto dei condòmini di ricorre alla propria autonomina gestionale per ovviarvi.
L'articolo 1123 codice civile articola una serie di criteri di ripartizione, organizzati in funzione del valore delle parti comuni, del loro uso e, infine, in ragione del loro asservimento in favore di un gruppo di condòmini.
Proviamo a scomporre la norma in esame per ciascuna delle fattispecie contemplate, calibrandone il rilievo e la funzione sotto un profilo pratico e concreto.
1) Spese necessarie per la conservazione e spese necessarie per il godimento delle parti comuni
La prima distinzione che siamo in grado di spendere sul merito è quella tra le spese necessarie per la conservazione e quelle afferenti il godimento e l'uso di talune parti o servizi comuni.
All'interno dell'alveo relativo alle spese di conservazione rientrano quelle afferenti la manutenzione dell'edificio, mentre quelle destinate a servire i condomini in misura diversa sono quelle relative al godimento degli impianti suscettibili di utilizzo, anche separato, da parte dei condòmini.
Le prime, ove poste in essere, concretizzano un atto di gestione della parte comune per garantirne la conservazione. Le seconde esprimono, invece, una sorta di vantaggio personale.
Sotto tale profilo, ad esempio, la Suprema Corte ha considerato le spese necessarie per l'approvvigionamento dell'acqua occorrente per la irrigazione del giardino come spese destinate alla conservazione; mentre ha qualificato come spese destinate al godimento quelle sostenute dai condòmini per l'acquisto del combustibile o dell'energia elettrica necessaria per garantire il funzionamento dell'impianto di riscaldamento e l'erogazione dell'acqua potabile (cfr, Cassazione civile 11747/2003).
2) Le spese necessarie per la conservazione: tra manutenzione ordinaria e straordinaria
Per consentire un'agevole individuazione delle spese di manutenzione – le quali rientrano nell'ambito delle spese di conservazione e godimento delle parti comuni - possiamo fare riferimento al Testo unico in materia edilizia (D.P.R. 380/2001).
L'articolo 3 definisce gli “interventi di manutenzione ordinaria” come interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti.
La stessa norma poi definisce gli “interventi di manutenzione straordinaria” quali quelli volti ad apportare le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e non comportino modifiche delle destinazioni di uso.
3) Le spese d'uso o destinate a servire i condòmini in misura diversa
Il secondo comma dell'articolo 1123 codice civile, a norma del quale le spese di conservazione e godimento delle cose destinate a servire i condomini in misura diversa sono ripartite in proporzione dell'uso che ciascuno può farne, essendo inspirata ad una esigenza di disciplina che meglio si adatta alle specifiche caratteristiche del condominio negli edifici - ove le parti comuni hanno una precisa funzione strumentale rispetto alle parti in proprietà esclusiva dei singoli condòmini, delle quali esse sono a servizio consentendone l'esistenza e l'uso - costituisce una disposizione speciale rispetto al principio generale dell'art. 1100 c.c., in base al quale le spese debbono gravare su tutti i partecipanti in proporzione del valore delle quote di ciascuno di essi, che si presume eguale quando non risulti diversamente (Cassazione civile 6359/96).
La ripartizione delle spese di cui al secondo comma dell'art. 1123 c.c. fatta in misura proporzionale non già al valore della proprietà di ciascun condomino ma all'uso che ciascun condomino può fare di una determinata cosa comune deve avere riguardo, tuttavia, al godimento potenziale e non al godimento effettivo, e, quindi, non all'uso che effettivamente ne faccia o non ne faccia ciascun condòmino (Cassazione civile 13161/1991).
4) Il condominio parziale
Si discorre di condominio parziale allorché sussista un collegamento strumentale del beni e dei servizi comuni a talune, e quindi non a tutte, le unità immobiliari di cui consta il fabbricato condominiale.
Il fondamento giuridico del condominio parziale si trae dal terzo comma dell'articolo 1123 codice civile, a mente del quale: “Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione”.
L'appartenenza, la strumentalità tra beni, cose e servizi comuni e immobili privati è tipica della struttura dell'edificio, e si acquisisce dalla destinazione e/o dal reciproco asservimento funzionale (Cassazione Civile7885/1994)
Le cose i servizi e gli impianti essendo collegati materialmente soltanto a talune unità immobiliari (e non a tutte) appartengono, dunque, solo ed esclusivamente ai relativi proprietari, ancorché essi siano solo una parte esigua dei condòmini in questione.
L'obbligazione contributiva relativa alle spese di conservazione dei beni o impianti comuni solo a parte dei condòmini è commisurata, dunque, in proporzione alle rispettive quote millesimali, e sfugge, quindi, dal criterio della misura di uso.
Pertanto, al fine di omogenizzare l'amministrazione dei beni parzialmente comuni sarebbe opportuno, ove non presente, far adottare una tabella millesimale ad hoc. contestualizzando il valore delle unità immobiliari servite dai beni “comuni”.
5) “salvo diversa convenzione”
L'articolo 1123 codice civile non è una norma chiusa. Il legislatore ha demandato all'autonomia privata dei condòmini il diritto di poterla derogare. L'articolo in disamina, d'altronde, non è contemplato dall'articolo 1138 codice civile – in tema di regolamento di condominio - tra le norme inderogabili.
Ciò non toglie che le modalità attraverso cui sarà possibile procedere ad un'applicazione della ripartizione spese in condominio diversa da quella segnata dall'articolo in disamina siano alquanto estreme, se non eccezionali (si pensi già all'unanimità tra i condòmini per porvi rimedio).
La presenza di clausole derogatorie della previsione legale si rinvengono, in genere, nei regolamenti condominiali di natura contrattuale, trascritti in uno agli atti di compravendita presso i registri immobiliari. Anche, laddove si volesse ricorrere a contrario alla relativa modifica, al fine di determinare l'applicazione del principio di cui all'articolo 1123 codice civile, in quest'ultimo caso, occorrerà raccogliere il consenso da parte di tutti i condomini, e, se del caso, ai fini dell'opponibilità della nuova clausola nei confronti dei terzi (cioè rispetto coloro che acquisteranno in futuro un immobile all'interno del condominio degli edificio), occorrerà procedere alla trascrizione della clausola varata ex novo presso i registri immobiliari.
6) Violazione dell'articolo 1123 codice civile e titoli diversi. Impugnazione del piano di riparto o delle tabelle millesimali?
Anche se, ai sensi dell'articolo 1123 codice civile, la ripartizione delle spese fra i condòmini va compiuta in proporzione della proprietà di ciascuno, l'amministratore deve attenersi alle tabelle millesimali esistenti (che pur avendo natura valutativa e non attributiva della proprietà, vanno applicate -- in quanto approvate ed accettate - finché non siano state modificate).
L'amministratore, pertanto, non è tenuto ad esaminare i titoli di acquisto dei singoli condòmini ed a valutarli di sua iniziativa come (eventualmente) difformi dalle tabelle, adeguando conseguentemente il riparto delle spese.
Consegue, qualora, il condòmino intenda denunciare la violazione dell'articolo 1123 codice civile, è tenuto ad impugnare le tabelle, chiedendone la modifica giudiziale, e non il piano di riparto redatto in base le tabelle medesime (Cassazione civile, II sezione, 18 agosto 2005, n. 16982)
7) Condominio senza tabelle millesimali
Da ultimo, pare opportuno rammentare la fattispecie, poi non tanto insoluta, della mancanza delle tabelle millesimali in condominio.
Molte volte in tale compagini si ricorre ad una ripartizione della spese in parti uguali, ritenendola la prassi più equa. Nulla di più sbagliato.
La delibera che ripartisce le spese condominiali in parti uguali, pur in assenza di tabelle millesimali; è nulla. Spetta, infatti, al giudice – se le parti non riescono a provvedere da sole - stabilire l'entità del contributo dovuto dal singolo condomino conformemente ai criteri di ripartizione derivanti dai valori delle singole quote di proprietà (da ultimo, cfr, Ordinanza 18 gennaio 2017 – 21 febbraio 2018, n. 4259, Presidente Picaroni – Relatore Scarpa).
In mancanza di diversa convenzione adottata all'unanimità, espressione dell'autonomia contrattuale, la ripartizione delle spese condominiali generali deve necessariamente avvenire secondo i criteri di proporzionalità, fissati nell'art. 1123, comma primo, c.c., e, pertanto, non è consentito all'assemblea condominiale, deliberando a maggioranza, di ripartire con criterio “capitario” le spese necessarie per la prestazione di servizi nell'interesse comune (Cassazione Civile, Sez. 2, 04/12/2013, n. 27233).

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