Condominio

L’usucapione non può scattare se c’è un «compossesso»

di Valeria Sibilio

Il diritto per usucapione di un bene immobile non scatta se vige un situazione di compossesso. È quanto determinato dalla Cassazione con la sentenza 3581 del 2018 , nella quale si è esaminato un caso originato da un atto di citazione nel quale il proprietario di un fabbricato con annesso cortile, conveniva, innanzi al Tribunale, due coniugi per aver utilizzato liberamente il cortile del quale essi stessi si dichiaravano proprietari esclusivi grazie all'acquisto del bene per usucapione. In corso di causa, intervenivano coloro i quali avevano acquistato, dal proprietario del fabbricato, il diritto di proprietà della casa prospicente il cortile. Se in primo grado i coniugi convenuti venivano dichiarati proprietari esclusivi del cortile, in secondo grado la Corte riformava la sentenza, dichiarando invece l'esclusività della proprietà ai nuovi proprietari del fabbricato e condannando i coniugi al rilascio del cortile e a rimuovere le opere realizzate. Decisione, questa, motivata con l'accertata mancanza, da parte dei coniugi, delle prove di acquisto della proprietà del cortile per usucapione, non risultando dimostrato il possesso in via esclusiva, per oltre venti anni, di detto bene.
Proponendo ricorso in Cassazione, l'erede dei coniugi chiedeva la nullità della sentenza per aver la Corte omesso di accertare che gli appellanti, intervenuti nel processo successivamente allo scadere del termine, erano privi di legittimazione ad impugnare la sentenza di primo grado. Motivo infondato in quanto gli appellanti avevano inteso far valere il proprio diritto di proprietà sul cortile, quale pertinenza ad essi trasferita, con l'acquisto, unitamente all'immobile principale.
Anche il secondo motivo di ricorso risultava infondato, in quanto il presunto vizio di ultra-petizione della sentenza impugnata - per avere la Corte territoriale dichiarato l'inefficacia dell'atto di compravendita in assenza di domanda – non sussisteva, in quanto nel conflitto sulla proprietà della controversia, la validità ed efficacia dei rispettivi titoli di acquisto dei contendenti, costituisce infatti accertamento presupposto, che può e deve essere effettuato anche d'ufficio dal giudice, seppure in via incidentale e con effetti limitati al giudizio in cui viene effettuato, al fine di decidere sulla domanda di rivendica del bene.
Nel terzo motivo, l'erede lamentava il fatto che la sentenza impugnata avesse erroneamente affermato che nessun teste aveva riferito in ordine all'epoca di realizzazione di un manufatto da parte dei coniugi nel cortile, e avesse ritenuto il mancato raggiungimento della prova dell'esercizio di un potere di fatto ultraventennale su detto bene. Il motivo è inammissibile: la Corte territoriale, infatti, dopo aver rilevato che nessuno dei testi aveva riferito circa l'epoca della costruzione, ha affermato che, in ogni caso, sarebbe stato eventualmente ravvisabile una situazione di compossesso, inidonea ai fini dell'usucapione del bene, essendo invece necessaria un'attività incompatibile con il possesso altrui.
Inamissibile anche il motivo di ricorso nel quale si lamentava il fatto che il giudice di appello avesse erroneamente qualificato la domanda proposta come di usucapione ordinaria, invece che di usucapione decennale. La Corte territoriale aveva infatti escluso la configurabilità in capo ai coniugi di un valido possesso ad usucapione, caratterizzato dall' intenzione di esercitare sulla cosa un potere di fatto in via esclusiva, piuttosto che un godimento derivante da tolleranza dei compossessori. Il giudice di appello aveva accertato che i coniugi non avevano escluso dal godimento del cortile il proprietario dell'immobile, il quale poteva liberamente accedervi.
Anche la presunta erroneità dell'accertamento della Corte territoriale, la quale, nell'esaminare la posizione dell'erede dei coniugi, aveva escluso che il piccolo tratto di cortile - a lui attribuito in eredità - corrispondesse a quello in causa, non è stata ammessa, in quanto in contrasto con diverse planimetrie e materiale fotografico. Il giudice di appello, dopo accertamenti, era giunto alla conclusione che al dante causa del ricorrente non era stato trasferito il cortile.
La Cassazione ha, perciò, rigettato il ricorso, condannando il ricorrente alla refusione delle spese del giudizio, liquidate in euro 3.700,00 di cui euro 200,00 per rimborso spese vive, oltre a rimborso forfetario per spese generali, in misura del 15%, ed accessori di legge, in favore di ciascuna parte.

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