Condominio

Cambio dei millesimi all’unanimità solo se si incide sui diritti

di Marco Panzarella e Matteo Rezzonico

Tra gli ingranaggi che consentono alla macchina condominiale di funzionare correttamente, le tabelle millesimali hanno un ruolo fondamentale. Ogni condomino è titolare di una quota di comproprietà che equivale al valore proporzionale della propria unità immobiliare espresso in millesimi e rapportato al valore complessivo dell’edificio, vale a dire mille. Così, ogni volta che l’assemblea è chiamata a prendere una decisione riguardante le parti comuni o qualora sia necessario ripartire una spesa, è la tabella a indicare qual è il “peso specifico” di ciascun partecipante.

Il Codice civile

La tabella millesimale è allegata al regolamento condominiale, il documento che regola i rapporti all’interno dello stabile, obbligatorio nei condomini con più di dieci partecipanti. Nel caso in cui sia il costruttore dell’edificio a redigere la tabella, questa sarà di tipo “contrattuale”, mentre la tabella approvata in un momento successivo è definita “assembleare”, in quanto votata in assemblea dai condòmini proprietari delle unità immobiliari che costituiscono l’edificio. Una terza tabella “giudiziale”, è determinata dal giudice (previo espletamento di perizia in corso di causa), nell’eventualità in cui l’assemblea non riesca nel suo intento.

Nel Codice civile si parla espressamente di tabelle millesimali negli articoli 68 e 69 delle Disposizioni di attuazione al Codice civile. Il primo dispone che «...nell’accertamento dei valori (...) non si tiene conto del canone locatizio, dei miglioramenti e dello stato di manutenzione di ciascuna unità immobiliare». E quindi, ai fini del calcolo dei millesimi, un appartamento in pessimo stato di manutenzione ha lo stesso “peso” di un alloggio in buono stato.

L’articolo 69 specifica, invece, che «i valori proporzionali delle singole unità immobiliari espressi nella tabella millesimale (...) possono essere rettificati o modificati all’unanimità». Ciò può avvenire (anche nell’interesse di un solo condomino) con la maggioranza prevista dall’articolo 1136, secondo comma, del Codice civile, vale a dire un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio, in due specifici casi: quando risulta che le tabelle siano conseguenza di un errore o quando «...per le mutate condizioni di una parte dell’edificio, in conseguenza di sopraelevazione, di incremento di superfici o di incremento o diminuzione delle unità immobiliari, è alterato per più di un quinto il valore proporzionale dell’unità immobiliare anche di un solo condomino». In quest’ultimo caso, il costo per procedere alla modifica è sostenuto da chi ha dato luogo alla variazione.

La mancata corrispondenza

Per quanto riguarda gli errori, vale il principio secondo cui si configurano tali tutti quelli «obiettivamente verificabili», che comportano una non corrispondenza tra il valore attribuito nella tabella alle unità immobiliari e il valore effettivo delle stesse (obiettiva divergenza), indipendentemente dal carattere negoziale o meno della determinazione delle tabelle millesimali. E quindi, come osservato dalle Sezioni unite della Cassazione (sentenza 6222 del 24 gennaio 1997), si valuta soltanto l’errore tecnico, senza alcun riferimento al consenso di chi aveva firmato le tabelle allegate al regolamento contrattuale.

L’articolo 69 prevede, inoltre, che «ai soli fini della revisione dei valori proporzionali espressi nella tabella millesimale allegata al regolamento di condominio (...) può essere convenuto in giudizio unicamente il condominio in persona dell’amministratore. Questi è tenuto a darne senza indugio notizia all’assemblea dei condomini. L’amministratore che non adempie a quest’obbligo può essere revocato ed è tenuto al risarcimento degli eventuali danni».

Dal tenore letterale dell’articolo 69 sembra quindi che per modificare una tabella millesimale sia sempre necessario il voto unanime dei condòmini proprietari, ad eccezione dei due casi previsti dal Codice.

Decisivo il contenuto

Allo stato le cose stanno diversamente, come confermato da alcune recenti pronunce che si rifanno ancora alla storica sentenza delle Sezioni unite della Cassazione (9 agosto 2010, n. 18477). In quell’occasione la Suprema corte aveva osservato che «...ai fini dell’individuazione dei quorum richiesti per la modifica delle tabelle millesimali, fondamentale è l’indagine circa il contenuto delle stesse, non la loro inclusione in un regolamento che abbia natura contrattuale piuttosto che abbia natura deliberativa. In altri termini (...) occorre verificare se le tabelle siano ricognitive o derogatorie rispetto ai criteri legali individuati dal Codice civile».

In pratica, se non si modifica la portata dei diritti e dei doveri di partecipazione alla spesa, ma si opera soltanto un mero adeguamento matematico, per la revisione è sufficiente il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti in assemblea, che rappresenti almeno la metà del valore dell’edificio. L’unanimità - scrive il Tribunale di Milano (sentenza 8 maggio 2017 n. 5094) riferendosi alla tabella “spese” - occorre soltanto nel caso in cui le tabelle di spesa, redatte in applicazione dei criteri civilistici o convenzionali, siano modificate o revisionate in senso derogatorio ai criteri legali, essendo sufficiente la sola maggioranza assembleare per l’ipotesi in cui la modifica delle precedenti tabelle di gestione sia effettuata in base a criteri di fonte legale. Per il giudice meneghino, qualora l’atto di approvazione delle tabelle millesimali non abbia natura negoziale «...anche l’atto di revisione delle stesse ha mera natura tecnica, con la conseguenza che per la sua validità in assemblea non è necessario raggiungere l’unanimità dei consensi».

Gli esempi

Tra gli ingranaggi che consentono alla macchina condominiale di funzionare correttamente, le tabelle millesimali hanno un ruolo fondamentale. Ogni condomino è titolare di una quota di comproprietà che equivale al valore proporzionale della propria unità immobiliare espresso in millesimi e rapportato al valore complessivo dell’edificio, vale a dire mille. Così, ogni volta che l’assemblea è chiamata a prendere una decisione riguardante le parti comuni o qualora sia necessario ripartire una spesa, è la tabella a indicare qual è il “peso specifico” di ciascun partecipante.

Il Codice civile

La tabella millesimale è allegata al regolamento condominiale, il documento che regola i rapporti all’interno dello stabile, obbligatorio nei condomini con più di dieci partecipanti. Nel caso in cui sia il costruttore dell’edificio a redigere la tabella, questa sarà di tipo “contrattuale”, mentre la tabella approvata in un momento successivo è definita “assembleare”, in quanto votata in assemblea dai condòmini proprietari delle unità immobiliari che costituiscono l’edificio. Una terza tabella “giudiziale”, è determinata dal giudice (previo espletamento di perizia in corso di causa), nell’eventualità in cui l’assemblea non riesca nel suo intento.

Nel Codice civile si parla espressamente di tabelle millesimali negli articoli 68 e 69 delle Disposizioni di attuazione al Codice civile. Il primo dispone che «...nell’accertamento dei valori (...) non si tiene conto del canone locatizio, dei miglioramenti e dello stato di manutenzione di ciascuna unità immobiliare». E quindi, ai fini del calcolo dei millesimi, un appartamento in pessimo stato di manutenzione ha lo stesso “peso” di un alloggio in buono stato.

L’articolo 69 specifica, invece, che «i valori proporzionali delle singole unità immobiliari espressi nella tabella millesimale (...) possono essere rettificati o modificati all’unanimità». Ciò può avvenire (anche nell’interesse di un solo condomino) con la maggioranza prevista dall’articolo 1136, secondo comma, del Codice civile, vale a dire un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio, in due specifici casi: quando risulta che le tabelle siano conseguenza di un errore o quando «...per le mutate condizioni di una parte dell’edificio, in conseguenza di sopraelevazione, di incremento di superfici o di incremento o diminuzione delle unità immobiliari, è alterato per più di un quinto il valore proporzionale dell’unità immobiliare anche di un solo condomino». In quest’ultimo caso, il costo per procedere alla modifica è sostenuto da chi ha dato luogo alla variazione.

La mancata corrispondenza

Per quanto riguarda gli errori, vale il principio secondo cui si configurano tali tutti quelli «obiettivamente verificabili», che comportano una non corrispondenza tra il valore attribuito nella tabella alle unità immobiliari e il valore effettivo delle stesse (obiettiva divergenza), indipendentemente dal carattere negoziale o meno della determinazione delle tabelle millesimali. E quindi, come osservato dalle Sezioni unite della Cassazione (sentenza 6222 del 24 gennaio 1997), si valuta soltanto l’errore tecnico, senza alcun riferimento al consenso di chi aveva firmato le tabelle allegate al regolamento contrattuale.

L’articolo 69 prevede, inoltre, che «ai soli fini della revisione dei valori proporzionali espressi nella tabella millesimale allegata al regolamento di condominio (...) può essere convenuto in giudizio unicamente il condominio in persona dell’amministratore. Questi è tenuto a darne senza indugio notizia all’assemblea dei condomini. L’amministratore che non adempie a quest’obbligo può essere revocato ed è tenuto al risarcimento degli eventuali danni».

Dal tenore letterale dell’articolo 69 sembra quindi che per modificare una tabella millesimale sia sempre necessario il voto unanime dei condòmini proprietari, ad eccezione dei due casi previsti dal Codice.

Decisivo il contenuto

Allo stato le cose stanno diversamente, come confermato da alcune recenti pronunce che si rifanno ancora alla storica sentenza delle Sezioni unite della Cassazione (9 agosto 2010, n. 18477). In quell’occasione la Suprema corte aveva osservato che «...ai fini dell’individuazione dei quorum richiesti per la modifica delle tabelle millesimali, fondamentale è l’indagine circa il contenuto delle stesse, non la loro inclusione in un regolamento che abbia natura contrattuale piuttosto che abbia natura deliberativa. In altri termini (...) occorre verificare se le tabelle siano ricognitive o derogatorie rispetto ai criteri legali individuati dal Codice civile».

In pratica, se non si modifica la portata dei diritti e dei doveri di partecipazione alla spesa, ma si opera soltanto un mero adeguamento matematico, per la revisione è sufficiente il voto favorevole della maggioranza degli intervenuti in assemblea, che rappresenti almeno la metà del valore dell’edificio. L’unanimità - scrive il Tribunale di Milano (sentenza 8 maggio 2017 n. 5094) riferendosi alla tabella “spese” - occorre soltanto nel caso in cui le tabelle di spesa, redatte in applicazione dei criteri civilistici o convenzionali, siano modificate o revisionate in senso derogatorio ai criteri legali, essendo sufficiente la sola maggioranza assembleare per l’ipotesi in cui la modifica delle precedenti tabelle di gestione sia effettuata in base a criteri di fonte legale. Per il giudice meneghino, qualora l’atto di approvazione delle tabelle millesimali non abbia natura negoziale «...anche l’atto di revisione delle stesse ha mera natura tecnica, con la conseguenza che per la sua validità in assemblea non è necessario raggiungere l’unanimità dei consensi».

Gli esempi

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