Condominio

Nelle tabelle millesimali il giudice deve eliminare l’errore di calcolo

di Valeria Sibilio

Al vertice delle problematiche più ricorrenti nell'universo condominiale, si pone, senza dubbio, quella relativa alle tabelle millesimali, ovvero quei valori proporzionali che determinano la quota di contribuzione alle spese di ciascun condòmino e del loro voto in assemblea. L'ordinanza della Cassazione 1848 del 2018, relatore Antonio Scarpa , ha esaminato il ricorso di un condòmino contro la sentenza della Corte d'Appello che aveva confermato il rigetto, in primo grado, della propria domanda volta alle revisione delle tabelle millesimali del condominio, da lui ritenute non conformi al reale valore degli appartamenti. Una revisione già avviata dall'assemblea condominiale senza, però, essere mai stata approvata.
Il Tribunale, all'esito di una perizia disposta e dopo aver dato atto che non fosse stato reperito il fascicolo completo delle tabelle millesimali vigenti nel condominio, concludeva che le quote in uso e quelle indicate dall'ausiliare non erano connotate dall'esistenza di un vero e proprio errore, in quanto la differenza accertata derivava “da un margine di fisiologica opinabilità”.
Il ricorrente evidenziava, invece, difformità ben più rilevanti, fino al 127% in più per la propria proprietà, suscitando dubbi di attendibilità nella Corte, la quale concludeva che le risultanze processuali non reclamassero “una revisione necessaria dei valori tabellari, di origine convenzionale e comunque contenuti nei limiti della decenza estimativa, al di là delle esasperate valutazioni provenienti dal tecnico di parte appellante”. Nel ricorso in Cassazione, il ricorrente deduceva che la Corte d'appello avesse violato l'art. 69 disp. att. c.c., in quanto le risultanze di causa, ed in particolare gli accertamenti peritali, avevano confermato l'obiettiva divergenza tra valore millesimale effettivo e valore attribuito dalle tabelle vigenti.
Perla Cassazione il diritto spettante anche al singolo condomino di chiedere la revisione delle tabelle millesimali, è subordinato all'esistenza di un errore o di un'alterazione del rapporto originario tra i valori delle singole unità immobiliari. Tale errore è costituito dalla obiettiva divergenza fra il valore effettivo delle unità immobiliari e quello previsto nelle tabelle. La parte che chiede la revisione di queste ultime non ha, peraltro, l'onere di provare la reale divergenza tra i valori effettivi e quelli accertati in tabella, potendo limitarsi a fornire la prova anche implicita di una divergenza, dimostrando in giudizio l'esistenza di errori, obiettivamente verificabili, che comportano necessariamente una diversa valutazione dei propri immobili rispetto al resto del condominio. Il giudice, a sua volta, deve verificare i valori di tutte le porzioni, tenendo conto di tutti gli elementi oggettivi incidenti sul valore effettivo di esse e, quindi, adeguarvi le tabelle, eliminando gli errori riscontrati. Soltanto qualora dei condòmini, nell'esercizio della loro autonomia, abbiano espressamente dichiarato di accettare che le loro quote nel condominio vengano determinate in modo difforme da quanto previsto negli artt. 1118 c.c. e 68 disp. att. c.c., dando vita alla “diversa convenzione” di cui all'art. 1123, comma 1, c.c., la dichiarazione di accettazione ha valore negoziale e, risolvendosi in un impegno irrevocabile di determinare le quote in un certo modo, impedisce di ottenerne la revisione ai sensi dell'art. 69 disp. att. c.c., la quale attribuisce rilievo esclusivamente alla obiettiva divergenza tra il valore effettivo delle singole unità immobiliari dell'edificio ed il valore proporzionale ad esse attribuito nelle tabelle.
La Corte d'Appello non si era attenuta ai principi richiamati, in quanto, pur avendo accertato delle divergenze tra le tabelle millesimali in uso e le stime operate dalla perizia, ha ritenuto gli stessi sopportabilmente “contenuti nei limiti della decenza estimativa”, laddove, sussistendo una qualsiasi obiettiva divergenza fra il valore effettivo delle unità immobiliari e quello determinato dalle tabelle, è obbligo del giudice eliminare l'errore riscontrato.
La Cassazione ha, perciò, accolto il ricorso, cassando la sentenza impugnata e rinviandola ad altra sezione della Corte d'Appello, anche per le spese di giudizio.

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