Condominio

L’imprudenza blocca il risarcimento

di Paolo Accoti

Nessun risarcimento al condòmino che conosceva (o avrebbe dovuto conoscere) bene lo stato dei luoghi: integra gli estremi del «caso fortuito», che esclude la responsabilità del custode (articolo 2051 del Codice civile), la disattenzione della condòmina danneggiata da una caduta sulle scale.

La Suprema Corte, con la sentenza 30963/2017 , è tornata sulla questione dei danni prodotti dalla “cosa” in custodia, per i quali il danneggiato è tenuto a fornire la prova del nesso causale fra la cosa in custodia e l’evento lesivo e dell’esistenza di un rapporto di custodia della cosa; viceversa, il custode, nel caso concreto il condominio, è tenuto a provare l’esistenza di un fattore esterno che abbia quei requisiti di imprevedibilità e di eccezionalità tali da interrompere il predetto nesso di causalità: in altri termini, la prova del caso fortuito o della forza maggiore.

Il contenzioso partiva da una condòmina che citava in giudizio il condominio nel quale abitava, per sentirlo condannare a risarcimento del danno cagionatogli per l’infortunio subito lungo la rampa di scale esterne di proprietà condominiale a causa dell’improvvisa chiusura «del pesante portone d’ingresso con apertura a molla situato a ridosso del primo gradino del vestibolo dell’edificio», veniva sbalzata violentemente in avanti, rovinando lungo le scale e procurandosi gravi lesioni personali. L’accusa al condominio era di non aver posto rimedio ad una situazione di pericolo derivante da «difetti progettuali e strutturali dell’edificio».

Il Tribunale di Roma condannava il condominio comunque a risarcire il danno, ravvisandone la responsabilità, ma la Corte d’appello ribaltava la sentenza, evidenziando che il comportamento della danneggiata fosse tale da comportare una sua esclusiva responsabilità nell’evento dannoso subito.

La Cassazione rileva che la Corte territoriale ha ritenuto come la condòmina «fosse a conoscenza della particolare posizione e meccanismo di chiusura del portone, essendo la stessa una condomina che abitava nello stabile da tempo e che ben avrebbe potuto prevedere e scongiurare la caduta con un comportamento ordinariamente cauto, evitando di soffermarsi sulla piattaforma di distribuzione delle scale mentre il portone si richiudeva». E ha ricostruito la vicenda inquadrandola sotto l’aspetto del «caso fortuito» dovuto alla disattenzione della danneggiata.

Quindi, conclude la Corte di Cassazione, è corretta la ricostruzione della Corte d’appello quando afferma che «in mancanza della dimostrazione della sopravvenienza di una situazione ulteriore, la condomina che soffre un danno per la chiusura della porta, lo subisce per una sua disattenzione, dato che si trovava nella condizione di conoscere il funzionamento della porta».

Il ricorso, conseguentemente, viene rigettato e la ricorrente condannata al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore del condominio controricorrente.

L’ordinanza della Cassazione giunge a poca distanza dalla n. 25837, pubblicata in data 31 ottobre 2017, con la quale la III Sezione Civile della medesima Corte evidenziava come la «condotta imprevedibile della vittima non è necessariamente una condotta colposa, né è vero il contrario», atteso che «i giudizi di negligenza della vittima, e di imprevedibilità della sua condotta da parte del custode, non si implicano a vicenda», enunciando il principio di diritto per cui «La condotta della vittima del danno causato da una cosa in custodia può costituire un “caso fortuito”, ed escludere integralmente la responsabilità del custode ai sensi dell’art. 2051 c.c., quando abbia due caratteristiche: sia stata colposa, e non fosse prevedibile da parte del custode».

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