Condominio

Il recupero dei cortili secondo gli architetti

di Maria Chiara Voci

Sono gli spazi “nascosti” di un condominio. Gli affacci “privati” dei palazzi, dove ciascun proprietario ha agito da sé. Sommando l’esecuzione di opere di riverniciatura o l'inserimento di tettoie, serramenti, persiane, caldaiette o condizionatori. Un puzzle di micro-interventi, che si sono via via stratificati nel tempo e sono stati eseguiti per lo più senza l’autorizzazione preventiva dell’assemblea condominiale e, soprattutto, in assenza di un progetto di riferimento.

Una situazione che discende da più fattori. A differenza di quanto accade per le facciate su strada, gli strumenti urbanistici dei Comuni difficilmente contengono prescrizioni su come riqualificare cortili o prospetti interni ai fabbricati. Inoltre, gravati da onerosi lavori di recupero di tetti, facciate e adeguamenti energetici, spesso i condomini non hanno più soldi da investire per mettere mano alle parti “non visibili” dell’edificio. Non considerando, a torto, la perdita di valore del manufatto.

Ad occuparsi del tema – con un progetto che conia lo slogan «Lato C» – è fra i primi in Italia l’ordine degli Architetti della Provincia di Torino. Che sta mettendo a punto un servizio per dare aiuto ai proprietari ad affrontare la manutenzione ordinaria e straordinaria degli spazi interni ai fabbricati: cortili, facciate, androni, vani scala. Il “Lato C” altro non è che un documento, composto da schede di facile lettura e utilizzo, che potrà essere predisposto dagli architetti a uso di chi – per la prorpria abitazione – decide di stabilire un coordinamento degli interventi minuti, frazionati o parziali. Annullando il rischio di degrado.

«Siamo partiti dall’osservazione dei fatti – spiega Massimo Giuntoli, presidente dell'Ordine –. Specie nei centri storici, la libertà di azione dei singoli ha finito con il produrre danni architettonici e patrimoniali sugli interi corpi edilizi. Al contrario, il lato degli edifici privato e lontano dai riflettori mediatici va considerato come uno spazio della città da preservare». «Ogni edificio è un oggetto tridimensionale – spiega Marina Gariboldi, progettista e ideatrice dell'iniziativa – pertanto anche le parti che non hanno affaccio su strada, giocano il medesimo ruolo sul valore del bene e sulla qualità della nostra quotidianità».

Dal Nord al Sud Italia, la riflessione non riguarda solo Torino. Gli aspetti di cui tenere conto quando si riqualifica una facciata interna sono molteplici. «La mediazione di un lavoro professionale – prosegue Gariboldi – serve, innanzitutto, a garantire la coerenza degli interventi rispetto alla storia dell’edificio. Il primo consiglio è sviluppare uno studio preliminare e del contesto. Cosa che gli architetti faranno con il lato C». Chiarito il quadro d’insieme, occorre definire le regole del gioco. Ad esempio, laddove non indicato dalle norme amministrative locali, è opportuno che le proprietà provvedano, attraverso la progettazione, a individuare le specifiche di restauro di elementi come infissi e persiane, ringhiere, pluviali e gronde, elementi decorativi. Oppure a dare indicazioni su come procedere in caso di nuove installazioni: classico è il caso delle unità esterne degli impianti di condizionamento.

Se il condominio non ha le risorse per affrontare opere di riqualificazione complessive, ciascuno può procedere assecondando le proprie disponibilità. Uno degli aspetti più innovativi di “Lato C” è che, stabiliti i confini, i singoli interventi possono essere dilazionati nel tempo. «Fra gli aspetti che abbiamo previsto – conclude Gariboldi – c’è la possibilità di usare le schede di indicazione tecnica di intervento anche per operazioni realizzate in self-help (con il fai da te, ndr) dai singoli, senza correre il rischio di disomogeneità e degrado. Oggi le persone hanno, forse, meno capacità economica, ma più tempo libero». Le ricadute sono tangibili. Lato C riporta l'attenzione sulla centralità del progetto – concludono dall'Ordine di Torino - e l’investimento per un piano, che mette in salvaguardia un bene e ne garantisca lo sviluppo positivo, è una piccola cosa rispetto ai benefici che può produrre».

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