Condominio

Energia elettrica sottratta al condominio: non è furto ma appropriazione indebita

di Paolo Accoti

La condotta del condomino che si impossessa dell'energia elettrica sottraendola al condominio dai fili elettrici che collegano l'impianto condominiale, è riconducibile alla fattispecie della appropriazione indebita, e non a quella diversa del furto aggravato con violenza sulle cose.
Ciò perché l'energia elettrica si troverebbe nel possesso di tutti i condòmini e, pertanto, anche di colui il quale se ne impossessa per fini privati, trattandosi di bene comune liberamente utilizzabile – senza alcuna sorveglianza da parte degli altri condomini – per le esigenze di ognuno, correlate all'utilizzo dei beni condominiali.
Questo il principio di diritto espresso dalla Corte di Cassazione, V Sezione Penale, nella sentenza n. 57749, pubblicata in data 28 dicembre 2017 , in parziale contrasto con la sentenza 37930/2017 (si veda il Quotidiano del Sole 24 Ore - Condominio del 15 agosto 2017).
Una condomina veniva condannata in primo grado, con sentenza confermata dalla Corte d'Appello di Palermo, perché ritenuta colpevole del delitto di furto, ex art. 624 Cp, con l'aggravante della violenza sulle cose, ai sensi dell'art. 625 n. 2 Cp, per essersi impossessata di energia elettrica sottraendola al condominio di cui era parte la sua abitazione, con violenza consistita nel collegare due fili all'impianto delle luci delle scale.
Avverso la predetta decisione la condomina propone ricorso per cassazione denunciando la violazione degli artt. 624, 625 n. 2 Cp, attesa la mancata riqualificazione della condotta sussumibile nel reato di appropriazione indebita.
La Corte di Cassazione premette che <<tale questione non era stata dedotta con i motivi di appello ma la stessa è rilevabile di ufficio, ai sensi dell'art. 609, comma 2, cod. proc. pen., in quanto, nell'odierno caso concreto, il punto può essere trattato nei limiti nei quali è stato storicamente ricostruito dai giudici di merito (così, da ultimo: Sez. 5, n. 23391 del 17/03/2017)>>.
Tanto premesso e ritenuto, la Suprema Corte giudica la questione sollevata dalla ricorrente fondata, in considerazione del fatto che <<L'imputata aveva sottratto - come la stessa aveva ammesso e come si era dedotto dalla presenza dei fili elettrici che collegavano l'impianto condominiale a quello della sua abitazione - l'energia elettrica già transitata dal contatore che registrava i consumi del condominio. Si trattava pertanto di energia ad esso appartenente e pro quota di spettanza anche della ricorrente. Energia che era nel possesso sia dalla ricorrente, sia degli altri condomini, ciascuno dei quali poteva consumarla ed utilizzarla al di fuori della stretta sorveglianza degli altri condomini (esercitando, quindi, quel potere di fatto che costituisce il discrimine fra il delitto di furto e quello di appropriazione indebita)>>.
Nel sentenziare ciò ricorda i propri precedenti per cui <<in identica fattispecie, questa Corte aveva già avuto modo di precisare (pur in una risalente pronuncia: Sez. 2, n. 13551 del 21/03/2002,) che integra il reato di appropriazione indebita la condotta del condomino il quale, mediante allaccio abusivo a valle del contatore condominiale, si impossessi di energia elettrica destinata all'alimentazione di apparecchi ed impianti di proprietà comune>>.
La Suprema Corte, pertanto, <<qualificato il fatto ai sensi dell'art. 646 cod. pen., annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché l'azione penale non poteva essere esercitata per mancanza di querela>>.
In altri termini, la Corte indica che il discrimine tra la condotta appropriativa e quella del furto -aggravato o meno - risiederebbe nel punto in cui si effettua l'allaccio abusivo: se a monte del contatore condominiale si configurerebbe il furto e, in questo caso, la parte offesa dovrebbe risultare il fornitore del servizio elettrico; viceversa, qualora l'allaccio illecito dovesse avvenire a valle del contatore questo, comunque, registrerebbe i consumi e li imputerebbe all'intero condominio (e, quindi, anche al condomino autore della sottrazione), di talché si verserebbe nell'ipotesi dell'appropriazione indebita, risultando l'autore del fatto illecito possessore di siffatto bene comune e la parte offesa, in questo caso, risulterebbe il condomino, effettivo danneggiato.
Occorre, tuttavia, dare atto che una tale interpretazione non sembrerebbe affatto pacifica nella giurisprudenza del giudice di legittimità.
A tal proposito, infatti, vi è da registrare un recente precedente della medesima V Sezione Penale, la sentenza n. 37930, pubblicata in data 28 Luglio 2017, che ha confermato la sentenza della corte di merito che aveva condannato una condomina per il delitto di furto aggravato di energia elettrica, per averla indebitamente prelevata da una plafoniera insistente nella parte comune dell'edificio condominiale, al fine di alimentare il proprio appartamento, così implicitamente ritenendo la configurazione del reato di cui agli artt. 624 e 625 n. 2 Cp, nonostante l'identità delle fattispecie decise con le richiamate ultime sentenze.

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