Condominio

L’ascensore: problemi e soluzioni

di Anna Nicola

Fra le opere e i manufatti condominiali si ha l'impianto di sollevamento, comunemente definito ascensore. Sebbene esso sia normalmente bene in comunione, il regolamento di condominio può richiedere una particolare maggioranza per procedere alla sua istallazione. La decisione assembleare deve rispettare le maggioranze sancite dal regolamento, ove previste
«L'installazione di un ascensore nel condominio di un edificio, con o senza delibera di supporto, a seconda che il regolamento condominiale richieda o meno la relativa autorizzazione, è riconducibile, in via generale, all'esercizio della facoltà da parte del singolo condomino di uso più intenso della cosa comune, a norma dell'art. 1102 c.c., sicché può scaturire anche dall'iniziativa di un solo condomino». (App. Napoli Sez. II Sent., 27/03/2009).
Anche nel caso in cui nulla disponga il regolamento, occorre sempre che vi sia una deliberazione che ne autorizzi l'installazione: ove così non fosse, la relativa costruzione mancherebbe di un presupposto necessario. La giurisprudenza è divisa in merito alle maggioranze necessarie per decidere validamente sull'argomento. L'orientamento dominante, in ragione della normativa sull'eliminazione delle barriere architettoniche, ritiene che l'argomento possa essere deciso a maggioranza semplice ai sensi dei commi 2 e 3 dell'art. 1136 c.c. La relativa normativa è prevista dall'art. 27, 1° comma, legge n. 118/1971, dall'art. 1, 1° comma, D.P.R. n. 384/1978, e dell'art. 2 legge n. 13/1989: sulla base di queste disposizioni, l'assemblea di condominio può decidere, in prima convocazione, con la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio; in seconda convocazione, è sufficiente la decisione presa da un numero di voti corrispondenti al terzo dei partecipanti al condominio e almeno un terzo del valore dello stabile condominiale.
In tema di condominio, l'installazione dell'ascensore rientra tra le innovazioni idonee ad eliminare le barriere architettoniche di cui all'art. 27, comma 1, L. n. 118/71 ed all'art. 1, comma 1, D.P.R. n. 384/78, che, ai sensi dell'art. 2, L. n. 13/89, possono essere approvate dall'assemblea condominiale con le maggioranze ridotte prescritte dall'art. 1136, commi 2 e 3, c.c. (Cass. n. 8286 del 20.4.2005) (Trib. Ruvo di Puglia Sent., 13/01/2009; Cass. civ. Sez. II, 20/04/2005, n. 8286).
In tema di deliberazioni condominiali, l'installazione dell'ascensore, rientrando fra le opere dirette ad eliminare le barriere architettoniche di cui all'art. 27, primo comma, della legge n. 118 del 1971 e all'art. 1, primo comma, del D.P.R. n. 384 del 1978, costituisce innovazione che, ai sensi dell'art. 2 legge n. 13 del 1989, è approvata dall'assemblea con la maggioranza prescritta rispettivamente dall'art. 1136 c.c., secondo e terzo comma; tutto ciò ferma rimanendo la previsione del terzo comma del citato art. 2 legge n. 13 del 1989, che fa salvo il disposto dell'art. 1120 c.c., secondo comma, e dell'art. 1121 c.c., terzo comma. (Cass. civ. Sez. II, 29/07/2004, n. 14384).
La legge 13 del 1989 si limita a disciplinare le maggioranze concernenti le delibere in materia e non concede al portatore di handicap un'azione di condanna ad un “facere” nei confronti del condominio, bensì attribuisce, in caso di rifiuto di provvedere all'esecuzione delle opere dirette a superare o ad eliminare le barriere architettoniche un'azione di accertamento del proprio diritto ad eseguire a proprie spese le dette opere. Pertanto, ottenuto l'annullamento della delibera impugnata, al ricorrente è permesso di chiedere la convocazione dell'assemblea condominiale per l'adozione di una nuova delibera, da approvare con le maggioranze di cui alla legge 13/1989, o agire in via giudiziaria al fine di vedersi riconoscere il diritto di poter realizzare a proprie spese le opere necessarie per superare le barriere architettoniche costituite nella specie dalle scale da sostituirsi con l'installazione dell'ascensore (Cass. 2938/2004).
Questa normativa è stata ritenuta applicabile anche in caso di assenza di soggetto condomino portatore di handicap. Le norme della L. n. 13/89 che prevedono una deroga alle maggioranze stabilite dal codice civile per le innovazioni consistenti nella realizzazione di un ascensore in un edificio condominiale al fine dell'eliminazione delle barriere architettoniche sono applicabili indipendentemente dalla presenza o meno di portatori di handicap nell'immobile (Trib. Milano, 19 settembre 1991).
Un tribunale di merito ha rilevato, su questa scorta, che la sostituzione di anditi e scale con un ascensore, anche se prima non esistente, comporta un migliore utilizzo di parti comuni dell'edificio, con ciò escludendo la natura di innovazione del relativo intervento: qualora al posto delle scale o di un andito si realizzi un impianto di ascensore, a cura e spese di alcuni condomini, il venir meno della utilizzazione di dette parti comuni dell'edificio nell'identico modo originario non contrasta con la norma dell'art. 1120, comma 2, c.c., perché, se pure resta eliminata la possibilità di un certo tipo di godimento, al suo posto se ne offre uno diverso, ma di contenuto migliore (Trib. Bologna Sez. I Sent., 16/02/2009).
Non sono mancate, anche di recente, decisioni che hanno richiesto una maggioranza qualificata, rilevando che l'installazione dell'ascensore si configura quale innovazione: secondo queste pronunce, la deliberazione deve essere presa con la maggioranza prescritta dal quinto comma dell'art. 1136 c.c., cioè con un numero di voti che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell'edificio.
La installazione in un edificio in condominio (o in una parte di esso) di un ascensore di cui prima era sprovvisto costituisce, ai sensi dell'art. 1120. primo comma, c.c., una innovazione, con la conseguenza che la relativa deliberazione deve essere presa con la maggioranza di cui al quinto comma dell'art. 1136 c.c., secondo cui l'approvazione deve avvenire “con un numero di voti che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell'edificio” (Cass. civ., sez. II, 9 luglio 1975, n. 2696).
Costituisce innovazione vietata ex art. 1120, secondo comma, c.c. l'installazione di un impianto di ascensore che, rispettando le dimensioni minime della cabina previste dalle prescrizioni tecniche sia della legge nazionale che di quella regionale, comporti una riduzione del piano di calpestio dei vari piani. (Trib. civ. Milano, 23 settembre 1992).
La delibera assembleare con la quale il condominio stabilisce l'installazione dell'ascensore - installazione costituente innovazione ex art. 1120 c.c. - con maggioranza inferiore a quella dei due terzi del valore dell'edificio imposta dall'art. 1136, comma 5, c.c. per le innovazioni ex art. 1120 c.c., non è meramente annullabile, ma radicalmente nulla e non soggiace, quindi, al termine di decadenza di cui all'art. 1137, comma 3, c.c. (App. Napoli Sez. II, 04/05/2005).
L'installazione in un edificio in condominio (o in una parte di esso) di un ascensore di cui prima esso era sprovvisto costituisce, ai sensi dell'art. 1120, comma 1, c.c., una innovazione, con la conseguenza che la relativa deliberazione deve essere presa con la maggioranza di cui al comma 5 dell'art 1136 c.c. (Cass. civ. Sez. II, 11/02/2000, n. 1529).
L'alterazione del decoro architettonico dell'edificio condominiale, di cui è menzione nell'articolo 1120 del c.c. in tema di innovazioni, può derivare anche dalla modifica dell'originario aspetto dei singoli elementi o di singole parti dell'edificio che abbiano una sostanziale e formale autonomia o siano comunque suscettibili di per sé di considerazione autonoma. Deve, pertanto, essere cassata la sentenza del giudice del merito secondo la quale una innovazione (nella specie, installazione di un ascensore) che si traduca in una alterazione dell'estetica dell'edificio condominiale circoscritta a una parte di un solo ambiente di questo e non percepibile all'esterno non può rivestire i caratteri di gravità e appariscenza e sia, altresì, priva di significative ripercussioni pregiudizievoli nella valutazione economica delle singole unità immobiliari. (Cass. civ. Sez. II, 24/03/2004, n. 5899).
Non costituisce innovazione la sostituzione dell'ascensore, anche ove il precedente non sia più a norma di legge. A questo fine è certo che sia sufficiente la deliberazione presa a maggioranza semplice ex art. 1136, secondo comma, c.c.
In tema di domanda di declaratoria di illegittimità della deliberazione dell'assemblea condominiale, per essere stata assunta con la maggioranza semplice, in violazione dell'art. 1136, comma 5, c.c., non può ravvisarsi nella sostituzione di un impianto di ascensore risalente al 1960, una innovazione, ai sensi dell'art. 1120 c.c., né una spesa voluttuaria, non addebitabile ai condomini che non intendano trarne vantaggio, in quanto l'intervento deliberato non altera la destinazione della cosa comune, ma soprattutto perché tale sostituzione integra l'adempimento di un preciso onere gravante sul condominio, responsabile del buon funzionamento dell'ascensore nei confronti degli stessi condomini e dei terzi utenti. (Trib. Monza Sez. I, 03/03/2006).
Non integrando “innovazione”, la spesa per la sostituzione del precedente impianto di ascensore deve essere ripartita secondo il criterio di cui all'art. 1124 c.c. (Trib. Genova Sez. III, 02/05/2003).
L'assemblea di condominio può anche decidere di installare una gettoniera all'interno dell'ascensore, con ciò prevedendo una diversa distribuzione delle relative spese.
Nei regolamenti condominiali, accettati in seno agli atti di acquisto delle singole unità immobiliari, hanno natura negoziale solo quelle disposizioni che incidono nella sfera dei diritti soggettivi dei condomini, mentre hanno natura tipicamente regolamentare quelle che concernono le modalità d'uso delle cose comuni e, in genere, l'organizzazione e il funzionamento dei servizi condominiali, e che non riguardano quindi il diritto al loro godimento, né qualsivoglia altro diritto spettante ai condomini come tali. Le disposizioni oggettivamente regolamentari, a differenza di quelle a contenuto negoziale, possono essere modificate con deliberazione assembleare maggioritaria, ai sensi dell'art. 1136 c.c., pur se formalmente inserite in un regolamento a tipo contrattuale. (Nella specie, la Suprema Corte ha affermato la legittimità della deliberazione assembleare maggioritaria, che aveva disposto l'installazione di una gettoniera nell'ascensore, in deroga alla disposizione a contenuto regolamentare, fissata in un regolamento condominiale a tipo contrattuale, prevedente un sistema diverso di pagamento delle spese relative all'ascensore stesso). (Cass. civ., sez. II, 12 marzo 1976, n. 864).
La costruzione dell'ascensore può comunque essere bloccata con l'azione cautelare possessoria ex art. 1171 c.c. ove dall'esecuzione dei lavori vi sia pericolo per i singoli alloggi e/o per le parti comuni dell'edificio
E' ammissibile, in quanto finalizzata alla tutela della proprietà, l'azione cautelare intrapresa nei confronti del condominio ex art. 1171 c.c., da alcuni condomini, per il conseguimento della sospensione dei lavori di costruzione di un nuovo ascensore all'interno dell'edificio condominiale, già deliberati dall'assemblea, se la sua realizzazione comporta pericoli per gli immobili dei ricorrenti e le parti comuni dello stabile (Trib. Trani, 30/01/2009).
Seppure non espressamente richiamato dal regolamento di condominio, esiste una presunzione di condominialità dell'ascensore per cui le sue spese di manutenzione, sia ordinarie sia straordinarie, devono essere ripartite tra tutti i condomini con il criterio della proporzionalità dettato dall'art. 1123 a nulla valendo la considerazione che il proprietario dell'appartamento al piano terra non ne usufruisca in concreto. (Trib. Nocera Inferiore, 29/09/2004).
Il pari uso del bene comune deve tener conto della sua natura e funzione. I condomini che abitano negli ultimi piani dell'edificio godono e si servono di più dell'ascensore rispetto agli altri. Ciò può comportare una diversa distribuzione delle spese di gestione e manutenzione a norma di regolamento contrattuale.
L'art. 1102, comma 1, c.c., pone due limiti alla utilizzazione da parte del singolo condomino della cosa comune: l'uno, di carattere quantitativo, che impone di consentire agli altri condomini “il pari uso” del bene; l'altro, di natura qualitativa, che prescrive la non alterazione della normale destinazione della cosa. Per “pari uso” non deve intendersi uso uguale, identico e contemporaneo del bene comune, ma uso, sia attuale che potenziale (quest'ultimo prevedibile secondo un giudizio di ragionevolezza), che gli altri condomini devono potere ugualmente fare. Pertanto il singolo condomino può considerarsi autorizzato alla modificazione del bene comune al fine di ottenere un più intenso vantaggio a favore della sua proprietà esclusiva, in quanto proprio questa è la finalità dell'uso delle parti comuni rispetto alle proprietà individuali: rendere più agevole e funzionale il godimento di queste ultime, nel rispetto dei limiti legali, in applicazione del principio secondo il quale ciascun comproprietario ha diritto di trarre dal bene comune un'utilità maggiore e più intensa di quella tratta eventualmente in concreto dagli altri comproprietari, purché non ne venga alterata la destinazione o compromesso il diritto al pari uso. Il “pari uso”, quindi, non deve essere interpretato nel senso che va in ogni caso garantito l'uso paritario ed uguale della cosa comune, perché così opinando si addiverrebbe alla inaccettabile “conclusione della immodificabilità della cosa comune da parte del singolo condomino ed alla sua inutilizzabilità in modo più intenso rispetto agli altri. Qualora sia prevedibile che gli altri partecipanti alla comunione non faranno un pari uso della cosa comune, la modifica apportata alla stessa dal condomino deve ritenersi legittima, dal momento che, in una materia in cui è prevista la massima espansione dell'uso, il limite al godimento di ciascuno dei condomini è dato dagli interessi altrui, i quali pertanto costituiscono impedimento alla modifica solo se sia ragionevole prevedere che i loro titolari possano volere accrescere il pari uso cui hanno diritto. Quanto al secondo limite di cui all'art. 1102 c.c., deve rilevarsi come per “non alterazione della destinazione della e comune” si debba avere riguardo all'uso normale o usuale della stessa. Rispetto ai beni comuni, il “normale utilizzo” deve apprezzarsi diversamente a seconda che si abbia riguardo a beni la cui funzione risulti oggettivamente dalla disamina della loro struttura e per il collegamento con proprietà individuali (ad esempio: suolo, fondazioni, muri maestri, tutti oggettivamente utili per la statica dell'edificio) ovvero a beni da cui i condomini traggano, per la loro stessa funzione ed essenza, una soggettiva e diversa utilità (ad esempio: portone di ingresso, anditi, scale, ascensore). (Trib. Bologna Sez. III Sent., 19/02/2009).
Anche per l'ascensore è stata rilevata la responsabilità del condominio ex art. 2051 cc
E' responsabile ex art. 2051 c.c. il condominio per l'infortunio patito da un utente il quale, entrando in ascensore condominiale, cade per l'esistenza di una insidia non visibile nè prevedibile dall'esterno della cabina, costituita da un dislivello di 16 cm tra i pavimenti del piano dell'immobile e della cabina dell'impianto. (Trib. Milano, 07/04/2004).
Discorso a sé è il caso in cui l'ascensore venga installato dal singolo: esso è di sua proprietà esclusiva fino al momento in cui gli altri non richiedano di potersene servire e, di conseguenza, di sopportare le relative spese.. Si qualifica come un particolare uso del bene comune -da intendersi il luogo comune in cui viene installato l'ascensore- lecito ex art. 1102 c.c. semprechè non vi sia lesione del pari diritto d'uso del luogo da parte degli altri condomini. Al momento della sua installazione è lecito aspettarsi la prospettazione del suo utilizzo anche da parte degli altri condomini. Se è tale, non necessita di previa autorizzazione assembleare.
L'ascensore installato dal singolo non è innovazione vietata o lesiva ex art. 1120 cc neppure nel caso in cui rechi pregiudizio, per alcuni condomini, alla originaria possibilità di utilizzazione delle scale e dell'andito occupati dall'impianto di ascensore: alla possibilità dell'originario godimento della cosa comune è offerto un godimento migliore, anche se di diverso contenuto.
Il pregiudizio, per alcuni condomini, della originaria possibilità di utilizzazione delle scale e dell'andito occupati dall'impianto di ascensore collocato a cura e spese di altri condomini, non rende l'innovazione lesiva del divieto posto dall'art. 1120, secondo comma, c.c., ove risulti che alla possibilità dell'originario godimento della cosa comune è offerto un godimento migliore, anche se di diverso contenuto. (Cass. civ., sez. II, 29 aprile 1994, n. 4152).
Di recente la Suprema Corte ha così affermato: <<La norma di cui all'articolo 1120 c.c., nel prescrivere che le innovazioni della cosa comune siano approvate dai condomini con determinate maggioranze, tende a disciplinare l'approvazione di quelle innovazioni che comportano oneri di spesa per tutti i condomini; ma, ove non debba procedersi a tale ripartizione per essere stata la spesa relativa alle innovazioni di cui si tratta assunta interamente a proprio carico da un condomino, trova applicazione la norma generale di cui all'articolo 1102 c.c., che contempla anche le innovazioni, ed in forza della quale ciascun partecipante puo' servirsi della cosa comune, a condizione che non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri condomini di farne uguale uso secondo il loro diritto, e, pertanto, puo' apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa comune; cosicche', ricorrendo dette condizioni, il condomino ha facolta' di installare a proprie spese nella tromba delle scale dell'edificio condominiale un ascensore, ponendolo a disposizione degli altri condomini, e puo' far valere il relativo diritto con azione di accertamento, in contraddittorio degli altri condomini che contestino il diritto stesso, indipendentemente dalla mancata impugnazione della delibera assembleare che abbia respinto la sua proposta al riguardo.>> (Cass. 23995/2017)

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