Condominio

Equo compenso, parametri vincolanti

di Federica Micardi

L’equo compenso diventa più vincolante. Con un emendamento presentato alla legge di Bilancio da Nunzia De Girolamo (Forza Italia) e appoggiato, tra gli altri, da Chiara Gribaudo (responsabile Pd per il lavoro) è stata modificata, a vantaggio dei professionisti, la norma sull’equo compenso contenuta nel Dl fiscale.

Il riferimento ai parametri passa da «tener conto» a «conforme»; viene poi eliminata la possibilità di “trattare” su alcune clausole vessatorie e viene tolto il limite temporale dei 24 mesi per proporre l’azione di nullità.

Le professioni sono soddisfatte del testo uscito oggi dal voto della commissione Bilancio della Camera, anche se la strada ora non è tutta in discesa.

Il testo piace molto al presidente del Consiglio nazionale forense Andrea Mascherin: «la norma è migliorata rispetto al decreto fiscale» commenta, e aggiunge «ora per legge ci sono delle soglie al di sotto delle quali non si può più andare». Per Mascherin è maturata a livello bipartisan la consapevolezza che le liberalizzazioni e l’eliminazione delle tariffe fatte con le famose lenzuolate hanno creato «un caporalato professionale, questa regola - conclude Mascherin - pone fine allo sfruttamento del professionista».E questo nonostante l’intervento a gamba tesa del Garante della concorrenza di pochi giorni fa che ha criticato l’equo compenso parlando di un «ritorno al passato».

L’equo compenso, per Massimo Miani presidente del Consiglio nazionale dei commercialisti, è una norma giusta, ma l’ambito di applicazione andrebbe ampliato almeno alle funzioni di interesse pubblico, dove la lotta al ribasso sui compensi rischia di compromettere la qualità, e quindi, generare dei danni. «Un esempio per la mia professione - spiega Miani - è il collegio sindacale, che ha importanti responsabilità e svolge funzioni delicate e andrebbe remunerato con un compenso adeguato». Miani apprezza, poi, l’approvazione bipartisan; «al Congresso nazionale di giugno i politici intervistati si erano detti favorevoli all’equo compenso - racconta - una posizione confermata da questo voto».

Di riferimento diretto e non più allusivo ai parametri parla Marina Calderone, presidente del Comitato unitario professioni: «soddisfatta perché il testo è migliore, rispetto a quello del Dl fiscale». Anche Calderone auspica che sia «una norma propedeutica per un futuro ampliamento ad altri soggetti, come le Pmi».

Al momento l’equo compenso riguarda la pubblica amministrazione, le banche, le assicurazioni e le grandi imprese; sono escluse le piccole e medie imprese come definite dalla raccomandazione 2003/361 Ce (secondo cui sono medie imprese - e quindi escluse- quelle che occupano meno di 250 persone e hanno un fatturato annuo sotto i 50 milioni di euro).

Gaetano Stella, presidente di Confprofessioni, sottolinea l’importanza della stretta sulle clausole vessatorie, che non sono più trattabili. «L’apertura contenuta nel testo precedente avrebbe messo in difficoltà i soggetti deboli, che si sarebbero trovati nella condizione di dover negoziare per forza».

Rimangono vivi - secondo Stella - i dubbi in merito ai parametri per le professioni non ordinistiche, che al momento mancano.

La definizione dei parametri per le professioni non ordinistiche - secondo Anna Soru, presidente di Acta- sarà la parte più difficile: «Credo che una definizione di un range, dove l’equo compenso rappresenta il minimo garantito andrebbe fatta con l’Aran, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni, che immagino avrebbe l’interesse a porre anche un limite massimo in un’ottica di contenimento della spesa pubblica». La Pa è un importante committente e potrebbe tracciare la linea anche per i professionisti stessi «alcuni di loro - racconta Soru - entrano nel mercato chiedendo compensi inadeguati, un errore di cui si rendono conto troppo tardi».

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