Condominio

Alloggio del portiere: senza destinazione comune appartiene al costruttore

di Marco Panzarella e Matteo Rezzonico

L'articolo 1117 del Codice civile - che contiene un'elencazione non tassativa delle parti comuni (salvo che il contrario non risulti dai titoli, cioè dall'atto di vendita) – annovera tra i beni comuni l'alloggio del portiere. Senonché, per stabilire se un bene sia effettivamente di proprietà comune, occorre verificare se esso sia necessario per l'esistenza del condominio o comunque abbia una funzione comune all'atto della costituzione del condominio (a nulla rilevando la destinazione avuta, prima del frazionamento dell'edificio). Sotto questo profilo, un locale – che in astratto può essere adibito ad alloggio del portiere – non è detto che costituisca bene comune se tale funzione non gli è conferita dall'unico proprietario all'atto del frazionamento. È quanto stabilito dalla Suprema Corte, con la sentenza del 14 giugno 2017, n.14796, secondo cui «...In difetto di espressa disciplina negoziale, affinché un locale sito nell'edificio - che per la sua collocazione può essere adibito ad alloggio del portiere oppure utilizzato come qualsiasi unità abitativa - diventi una parte comune ai sensi dell'art. 1117 n. 2 cit., occorre che, all'atto della costituzione del condominio, al detto locale sia di fatto assegnata la specifica destinazione al servizio comune». Di conseguenza «...se prima della costituzione del condominio la destinazione al servizio comune non gli viene conferita, o gli viene sottratta, il locale non può considerarsi come bene comune». E se il locale non è comune, il proprietario (costruttore/venditore) dell'edificio lo può vendere liberamente a terzi, come una qualsiasi altra unità.
Per affermare tale principio, la Cassazione cita l'articolo 934 del Codice civile in tema di accessione per il quale, «...tutto ciò che si costruisce sul suolo, si acquista dal proprietario di esso. Quindi il proprietario del suolo, che costruisce un edificio composto da più piani o porzioni di piano, per effetto dell'accessione acquista la proprietà esclusiva dell'intero fabbricato».
Nel momento in cui il condominio si sostituisce alla proprietà solitaria - per effetto del frazionamento e della vendita della prima unità - vengono individuati i beni “ontologicamente” comuni, cioè quelli necessari per l'esistenza del condominio: il suolo, le fondazioni, i muri maestri, i tetti, i lastrici solari, le scale, i portoni d'ingresso, i cortili etc.
Discorso diverso per i beni contemplati dall'articolo 1117 n. 2, che, per loro natura sono suscettibili di utilizzazioni diverse, anche autonome, e che per diventare comuni necessitano di una specifica destinazione in tal senso.
Nel caso in esame, i dati processuali hanno escluso che i locali degli ex portieri avessero assunto la qualifica di beni condominiali e quindi fossero divenuti comuni. Osserva ancora la Corte: «Appare rilevante il fatto che prima dell'alienazione del settembre 2005 non vi era un condominio e quindi la precedente destinazione dei locali non assumeva rilevanza, posto che l'unico proprietario poteva imprimere ai propri beni la destinazione che riteneva opportune. Il fatto poi che per 17 anni vi fosse stato un servizio di portierato era circostanza irrilevante dal momento che il proprietario, vale la pena ribadirlo, può organizzare i suoi beni come crede senza per ciò solo imprimere loro alcun vincolo di destinazione (...). Pertanto, appare del tutto evidente che la condominialità dei locali dei portieri fu eliminata dalla messa in vendita dei locali in questione contemporaneamente alla vendita degli altri alloggi».

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