Condominio

Per la rigenerazione urbana servono incentivi al consenso

di Saverio Fossati

La rigenerazione urbana è una strada percorribile. Ma con molta prudenza e, per ora, a piccoli passi. Anche se rimane l’unica per adeguare le nostre città a standard decenti di qualità della vita, dove le esigenze di rinnovamento del tessuto urbano si accompagnino a prospettiva di redditività reali per chi investirà in operazioni decisamente complesse. Su questa linea si stanno muovendo alcuni attori, tra cui Assoedilizia e la Fondazione Sullo, che ne discuteranno venerdì 17 novembre alle 11, in via Meravigli 3 a Milano ( per la locandina cliccare qui ).

Uno dei nodi centrali è, però, come un edificio condominiale possa «rigenerarsi» senza l’unanimità dei consensi. La chiave, per il presidente di Assoedilizia, Achille Colombo Clerici, è che l’unanimità nasca da una ragionevole convenienza economica: «Per far decollare il processo di rottamazione (in termine tecnico, sostituzione) edilizia degli immobili scadenti, occorre che la relativa area economica rappresenti una sorta di “zona franca” fiscale, consistente in un pacchetto di misure dalle quali scaturisca un forte interesse economico che motivi a interagire a tutti i livelli di intervento, dal promotore, al costruttore, all’intermediario, all’investitore finale. E permetta anche ampi margini di convenienza per i condòmini, il vero scoglio sulla rotta del processo. Ma non solo: i Comuni devono premiare in termini volumetrici chi si impegna in un’operazione del genere. Occorre puntare su una nuova produzione edilizia, per la vendita ma anche per la locazione».

La Fondazione Sullo presenterà anche una proposta di legge, il cui fine è appunto quello di garantire una serie di incentivi che agevolino la demolizione e ricostruzione di immobili «edificati, nel periodo post-bellico, con materiali scadenti, inquinanti e quindi privi di qualità».

Sin qui tutto bene. Ma l’articolato, spiega Marilisa D’Amico, ordinaria di Diritto costituzionale alla Statale di Milano, presenta alcune problematicità su cui riflettere nel corso dell’iter legislativo: si tratta di materia concorrente con le Regioni; è difficile individuare quali siano gli immobili per i quali sono ammessi gli incentivi; non sono quantificati i costi di copertura.

«Ma le maggiori perplessità - spiega Marilisa D’Amico - investono la norma che prevede che, se gli interventi di demolizione e ristrutturazione interessino proprietà condominiali, la relativa decisione possa essere presa con la maggioranza di cui all’articolo 1136, comma 5, del Codice civile (maggioranza degli intervenuti all’assemblea che rappresenti i due terzi del valore). Questa previsione, presa isolatamente, è foriera di forti dubbi quanto alla sua ragionevolezza e al rispetto del diritto di proprietà sancito dall’articolo 42 della Costituzione. La stessa Corte costituzionale (sentenza 369/2008) ha segnalato come “l’assemblea dei condòmini non ha altri poteri rispetto a quelli fissati tassativamente dal Codice e non può porre limitazioni alla sfera di proprietà dei singoli condomini, a meno che le predette limitazioni non siano specificatamente accettate o nei singoli atti d’acquisto o mediante approvazione del regolamento di condominio”. Soltanto la regola del consenso unanime dei partecipanti al condominio a incidere su una così incisiva compressione del diritto di proprietà sembrerebbe dunque conforme a quanto dice la Costituzione».

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