Condominio

Condòmini morosi: riscossione rapida per decreto ingiuntivo

di Marco Panzarella e Matteo Rezzonico

Tra i tanti compiti che la legge attribuisce all’amministratore di condominio, c’è anche la riscossione delle somme che ogni partecipante è tenuto a versare per la fruizione dei servizi condivisi. Le scale, a norma dell’articolo 1117 del Codice civile, rientrano tra le parti comuni dell’edificio e, come disposto dall’articolo 1123, tutti i condòmini sono tenuti a partecipare alla spesa per la loro conservazione e per il loro mantenimento. Chi viene meno a tale obbligazione acquisisce lo status di “moroso”, ossia debitore nei confronti dell’intero condominio, ed è compito dell’amministratore adoperarsi per recuperare quanto dovuto.

Per l’articolo 1129, comma 9, del Codice civile «salvo che sia stato espressamente dispensato dall’assemblea, l’amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell’esercizio nel quale il credito esigibile è compreso, anche ai sensi dell’articolo 63, primo comma, delle disposizioni per l’attuazione del presente Codice». Nello specifico, l’articolo 63, modificato dalla legge di riforma 220/2012, prevede che «per la riscossione dei contributi in base allo stato di ripartizione approvato dall’assemblea, l’amministratore, senza bisogno di autorizzazione di questa, può ottenere un decreto di ingiunzione immediatamente esecutivo, nonostante opposizione, ed è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi».

Più poteri

Nell’eventualità in cui uno o più condòmini non paghino le rispettive quote di spesa, l’amministratore è obbligato a recuperare le somme, entro sei mesi a decorrere dalla chiusura dell’esercizio a cui si riferisce il debito. E se non agisce nei termini previsti dalla legge, curando anche l’eventuale azione giudiziaria, l’assemblea può revocargli l’incarico e obbligarlo a risarcire il danno al condominio. Rispetto al passato, l’amministratore ha quindi maggiori responsabilità ma, allo stesso tempo, è aumentata la sua autonomia decisionale. A cominciare dalla scelta dell’avvocato che seguirà l’iter per la riscossione del credito, che può individuare liberamente senza il necessario assenso dell’assemblea.

Una volta nominato il legale, dopo aver sollecitato gli inadempienti (ma non è un passaggio obbligatorio, anche se opportuno), l’amministratore, anche in questo caso scavalcando l’assemblea, può ottenere un decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo e, in caso di mancato pagamento, procedere al pignoramento dei beni intestati ai condòmini morosi, che l’amministratore individua attraverso una ricerca in Conservatoria.

Un’altra carta da giocare è il cosiddetto “pignoramento presso terzi”, utile quando il proprietario dell’immobile, debitore verso il condominio, ha concesso il bene in locazione. Il condominio, inoltre, può pignorare presso terzi l’eventuale conto corrente del debitore (se ne è a conoscenza), il suo stipendio (nei limiti del quinto) o il trattamento pensionistico.

L’iter giudiziario - visti i tempi tecnici e la mole elle esecuzioni che intasano i tribunali - può subire notevoli rallentamenti. Una procedura esecutiva immobiliare al tribunale di Milano, ad esempio, può durare anche tre-cinque anni. Nel frattempo il condominio deve comunque saldare le bollette ed evitare che l’ente fornitore decida di interrompere l’erogazione del servizio, creando notevoli disagi a chi abita nello stabile. Sul punto l’articolo 63, oltre a obbligare l’amministratore a comunicare i nomi dei morosi ai creditori, dispone che questi ultimi «non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condomini».

Nel caso in questione, l’impresa di pulizie, forte del decreto ingiuntivo emesso dal giudice, per prima cosa deve avviare le procedure di pignoramento nei confronti dei soggetti inadempienti e soltanto se il tentativo non va a buon fine, agire contro l’intera compagine condominiale. I condòmini in regola dovranno allora accollarsi il pagamento delle quote mancanti, suddivise in base ai millesimi di proprietà, calcolati escludendo i morosi.

Il debito si trasferisce

Gli ultimi commi dell’articolo 63, oltre a individuare la possibilità per l’amministratore di sospendere il condomino moroso dalla fruizione dei «servizi comuni suscettibili di godimento separato», prevedono che «chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente» e «chi cede diritti su unità immobiliari resta obbligato solidalmente con l’avente causa per i contributi maturati fino al momento in cui è trasmessa all’amministratore copia autentica del titolo che determina il trasferimento del diritto». Ciò significa, in caso di vendita dell’immobile, che l’acquirente può essere chiamato a rispondere dei debiti condominiali contratti dal vecchio proprietario, nell’anno in corso e in quello precedente, anche se il soggetto subentrante ne era a conoscenza. Il nuovo proprietario è comunque legittimato a fare causa al venditore e provare a ottenere quanto versato ingiustamente.

Un altro aspetto che negli ultimi anni è stato oggetto di dibattito riguarda il rapporto tra morosità e privacy. Come ha più volte chiarito il Garante, in nessun caso l’amministratore può affiggere in bacheca i nomi dei morosi e le cifre che devono al condominio, mettendole a disposizione di soggetti terzi, mentre il resto dei condòmini ha il diritto di conoscere l’ammontare della morosità. Ogni comunicazione tra le parti deve quindi avvenire in forma privata, così da non ledere le norme sulla riservatezza.

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