Condominio

L’assemblea: guida alla costituzione e alla validità delle delibere

di Anna Nicola

L'art. 1136 c.c. – Costituzione dell'assemblea e validità delle deliberazioni – così recita:
L'assemblea in prima convocazione è regolarmente costituita con l'intervento di tanti condomini che rappresentino i due terzi del valore dell'intero edificio e la maggioranza dei partecipanti al condominio.
Sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio.
Se l'assemblea in prima convocazione non può deliberare per mancanza di numero legale, l'assemblea in seconda convocazione delibera in un giorno successivo a quello della prima e, in ogni caso, non oltre dieci giorni dalla medesima. L'assemblea in seconda convocazione è regolarmente costituita con l'intervento di tanti condomini che rappresentino almeno un terzo del valore dell'intero edificio e un terzo dei partecipanti al condominio. La deliberazione è valida se approvata dalla maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell'edificio.
Le deliberazioni che concernono la nomina e la revoca dell'amministratore o le liti attive e passive relative a materie che esorbitano dalle attribuzioni dell'amministratore medesimo, le deliberazioni che concernono la ricostruzione dell'edificio o riparazioni straordinarie di notevole entità e le deliberazioni di cui agli articoli 1117-quater, 1120, secondo comma, e 1122ter, , nonché 1135, terzo comma, devono essere sempre approvate con la maggioranza stabilita dal secondo comma del presente articolo.
Le deliberazioni di cui all'articolo 1120, primo comma, e 1122bis, terzo comma, devono essere approvate dall'assemblea con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno i due terzi del valore dell'edificio.
L'assemblea non può deliberare, se non consta che tutti gli aventi diritto sono stati regolarmente convocati.
Delle riunioni dell'assemblea si redige processo verbale da trascrivere nel registro tenuto dall'amministratore.
La nuova norma compie una modifica ai quorum costitutivi dell'assemblea sia in prima, sia in seconda convocazione, riducendo la maggioranza necessaria per l'assunzione di una valida deliberazione nella riunione di seconda convocazione.
La costituzione della prima assemblea in precedenza era data dalla presenza di tanti condomini che rappresentavano i due terzi del valore dell'intero edificio –si intendono i millesimi di proprietà- e i due terzi dei partecipanti al condominio. Il nuovo primo comma dell'art. 1136 c.c. sancisce che, pur essendo sempre necessario l'intervento di tanti condomini che rappresentino i due terzi del valore dello stabile, è sufficiente che essi rappresentino la maggioranza dei partecipanti al condominio.
Una volta verificata la corretta costituzione assembleare, per i quorum deliberativi, sanciti dal secondo comma della norma, si stabilisce che sono valide le deliberazioni approvate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio. Per questa parte l'art. 1136 c.c. non ha subito variazioni.
L'assemblea di seconda convocazione segue –come già era disposto in precedenza- la riunione in prima convocazione. Ciò si verifica quando quest'ultima non ha potuto deliberare per mancanza di numero legale; come si suol dire “è andata deserta”. Essa deve essere tenuta in un giorno successivo a quello della prima e, in ogni caso, non oltre dieci giorni dalla medesima. La previsione di un termine massimo tra l'una e l'altra riunione è al fine di permettere l'assunzione delle delibere poste all'ordine del giorno nell'avviso di convocazione. Se dovesse trascorrere un lungo lasso temporale, l'argomento potrebbe perdere di attualità o i condomini non avere più piena contezza di quanto andare a deliberare (Cass. civ. Sez. II Sent., 13/11/2009, n. 24132)
In precedenza non era sancito alcunché in merito al quorum costitutivo della seconda assemblea. Questo silenzio è stato oggetto di diverse interpretazioni. Da un lato, si affermava che si dovesse calcolare la stessa maggioranza prescritta per la costituzione della riunione in prima convocazione, dall'altro, si riteneva che l'unico quorum previsto dall'art. 1136 c.c. per la seconda convocazione coprisse anche gli aspetti deliberativi (Trib. Benevento, 22/10/2008)
La nuova versione dell'art. 1136 c.c. esplicita quando la seconda riunione può dirsi validamente formata: si ha la sua regolare costituzione con la presenza di un numero di condomino rappresentanti almeno un terzo del totale di tutti i condomini sempreché; nello stesso tempo, esprimano in termini di tabelle millesimali un valore pari a un terzo del complessivo valore dello stabile.
Come detto, anche i quorum deliberativi della seconda riunione sono stati modificati: essi sono meno stringenti rispetto a quelli sanciti in precedenza. Con il nuovo art. 1136 c.c. la deliberazione è valida se è approvata dalla maggioranza degli intervenuti –senza un limite minimo rispetto al numero dei partecipanti all'edificio- con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell'edificio.
Vi sono poi materie di particolare importanza che richiedono quorum deliberativi particolari, anche solo in seconda convocazione, non accontentandosi di quelli ordinari appena visti
Questa particolarità non intacca comunque mai la costituzione assembleare che è quella di base, stabilita dai primi commi dell'art. 1136 c.c.
Parecchie sono le fattispecie in cui è richiesta che la deliberazione sia assunta sia in prima, sia in seconda convocazione con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell'edificio, stante il rimando al secondo comma della norma in esame. I casi sono i seguenti: la nomina e la revoca dell'amministratore, le liti attive e passive relative a materie che esorbitano dalle sue attribuzioni, la ricostruzione dell'edificio, gli interventi straordinari di notevole entità (art. 1136 comma quarto c.c.)
Vi sono altresì norme specifiche che indicano, già loro stesse, i quorum necessari per deliberare, senza aver alcun rimando all'art. 1136 c.c. Questo vale per la tutela di destinazione d'uso ex art. 1117quater c.c., per le innovazioni c.d. “sociali”, per gli impianti di videosorveglianza di cui all'art. 1122ter c.c., per le decisioni ex art. 1135 ultimo comma c.c. in tema di miglioramento del territorio in cui è ubicato il condominio.
Poiché si tratta di alcuni temi principali del condominio, di immediata necessità o utilità per lo stabile, per tutte le assemblee –anche di quelle in seconda convocazione- occorre il rispetto di questi quorum.
Più stringenti paiono essere le decisioni in tema di innovazioni di cui al primo comma dell'art. 1120 c.c. e di modificazioni delle parti comuni che si rendono necessarie ai fini dell'installazione di impianti non centralizzati di ricezione radiotelevisiva e di riproduzione di energia di cui all'art. 1122 bis terzo comma. Le relative decisioni devono essere approvate dall'assemblea con un numero di voti che rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno i due terzi del valore dell'edificio.
I condomini vengono edotti dell'indicenda assemblea tramite l'avviso di convocazione
Come in precedenza, esso deve sempre pervenire a tutti i condomini e agli aventi diritto: l'assemblea non può deliberare se non consta che tutti gli aventi diritto sono stati regolarmente convocati. Il condomino che non ha ricevuto la chiamata alla riunione può impugnare la deliberazione nei termini e con le modalità sancite dall'art. 1137 c.c. Ai sensi dell'art. 66 disp. Att. C.c., l'avviso di convocazione deve essere inoltrato per raccomandata, posta elettronica certificata, via fax o consegnato a mano. L'onere probatorio in merito all'invio della convocazione è a totale carico dell'amministratore di condominio. Come precisato dalla Suprema Corte a Sezioni Unite n. 4806/2005 si tratta di un vizio che attiene all'ambito dell'annullabilità della deliberazione e non della sua nullità. (ex multis, Cass. civ., Sez. Un., 7 marzo 2005, n. 4806; Cass. civ. Sez. II Sent., 13/11/2009, n. 24132)
Come accennato, il nuovo primo comma dell'art. 66 disp. Att. C.c. in tema di avviso di convocazione indica particolari modalità di invio onde evitare contenziosi su questo argomento. L'amministratore deve chiamare i singoli condomini per la riunione a mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o la consegna a mano. Se il condomino agisce in giudizio dicendo che non è stato convocato, all'amministratore basta produrre il documento con cui lo ha chiamato alla riunione. Il termine raccomandata non aiuta l'amministratore in questo senso, non avendo la certezza del suo arrivo al destinatario. Si consiglia quindi di utilizzare sempre la raccomandata con ricevuta di ritorno.
Delle riunioni dell'assemblea si redige processo verbale da trascrivere nel registro tenuto dall'amministratore. Il registro di cui si fa menzione è quello sancito dall'art. 1130 n. 7, cioè il registro dei verbali delle assemblee dove l'amministratore deve aver cura di riportare non solo le decisioni assunte ma anche le eventuali mancate costituzioni dell'assemblea (i c.d. verbali negativi) nonché le brevi dichiarazioni rese dai condomini che ne hanno fatto richiesta. Quest'ultima verbalizzazione è importante per il condomino dissenziente che vuole impugnare il verbale ex art. 1137 c.c. I verbali negativi sono utili tutte le volte in cui la legge permette di adire l'autorità giudiziaria a seguito del mancato raggiungimento della maggioranza. Così è per la mancata nomina dell'amministratore, in ragione dell'art. 1105 c.c. –visto il rimando di applicabilità alle norma sulla comunione ex art. 1139 c.c.- ovvero per la mancata redazione del regolamento di condominio ex art. 1106 c.c. Al medesimo registro deve essere allegato il regolamento di condominio, ove adottato. Ai sensi dell'art. 1138 c.c. il regolamento è obbligatorio quando i condomini sono in numero superiore a dieci. (Cassazione Civile, Sez. VI – 2 (Ord.), 05.02.2013, n. 2668)
Appena viene aperta l'assemblea, la prassi richiede che i partecipanti nominino il presidente e il segretario delle riunione. Si tratta di prassi, non essendo prescritta da alcuna norma la loro nomina: la loro mancanza non inficia l'assemblea.. Il primo verifica la regolare costituzione dell'assemblea, dirige i temi da trattare e le eventuali discussioni, fa riportare a verbale i voti espressi per ogni singolo argomento, dispone la chiusura e l'apertura delle questioni poste all'ordine del giorno. Il secondo è colui che redige il verbale dell'incontro e ne dà lettura al termine dell'assemblea. Entrambi, sia il presidente, sia il segretario, devono sottoscriverlo. (Cassazione civile , sez. II, 27 giugno 1987, n. 5709 Cassazione civile , sez. II, 16 luglio 1980, n. 4615)
Sebbene la giurisprudenza ritenga che sia compito istituzione dell'amministratore presenziare alle assemblee, non vi è alcuna disposizione normativa che ne prescriva l'onere. (Cass. civ. Sez. II, 12/03/2003, n. 3596)
Il regolamento di condominio può prevedere particolari clausole in merito alla figura dell'amministratore relativamente alle assemblee dell'edificio. Può ad esempio vietare che l'amministratore sia il segretario o il presidente dell'assemblea, può stabilire l'obbligo o il divieto di partecipazione, può sancire il divieto di ricevere deleghe dai condomini e così via. Se viola le clausole del regolamento, l'assemblea è passibile di annullamento ex art. 1137 c.c. (Trib. Ivrea, 11/11/2003; Tribunale Bologna, 12 marzo 1997)
Essendo l'assemblea l'organo sovrano del condominio, salvo che per la manutenzione ordinaria, l'amministratore, quale mandatario dell'edificio, deve essere sempre munito di previa autorizzazione assembleare
“L'amministratore di condominio, in base al disposto dell'art. 1131, commi 2 e 3, c.c., può anche costituirsi in giudizio e impugnare la sentenza sfavorevole senza previa autorizzazione dell'assemblea, ma dovrà, in tal caso, ottenere la necessaria ratifica del suo operato da parte dell'assemblea per evitare pronuncia di inammissibilità dell'atto di costituzione ovvero di impugnazione.” (Cassazione civile, SS.UU., sentenza 06.08.2010 n° 18331)

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