Condominio

Arriva il Pos nello studio dell’amministratore?

di Francesco Schena


L'obbligo di dotarsi di POS e accettare pagamenti elettronici sopra i 30 euro riguarda tutti i soggetti che vendono beni e/o servizi, anche professionali e, con appositi decreti attuativsi disporrà presto sulle sanzioni per ogni transazione rifiutata che, secondo la bozza della legge si stabilità 2018, sembra riguarderà addirittura anche i micro pagamenti, come quello per un semplice caffè.
L'ipotesi, inoltre, al vaglio del Governo di modifica ed estensione dell'art. 693 del codice penale all'accettazione della moneta elettronica riaccende la discussione sull'obbligo di dotarsi di POS anche per gli amministratori di condominio, con tutta la relativa rilevanza penale non di poco conto che ne consegue in caso di violazioni.
Se è vero che l'obbligo ricade non solo sulle professioni ordinistiche ma anche su quelle che operano sotto l'egida della legge n. 4/2013 (che comprende, tra gli altri, anche gli amministratori di condominio), a parere di chi scrive occorre dar corso ad una riflessione sulla specificità delle attività svolte da questa particolare categoria.
L'amministratore Mario Rossi, infatti, può trovarsi nella condizione di incassare delle somme da parte del suo cliente Mario Bianchi per due ordini di ragioni. La prima può riguardare l'erogazione di consulenza professionale effettuata direttamente in favore del cliente e per un diretto interesse di quest'ultimo. Potrebbe essere, questo, il caso della stesura di una lettera di richiesta di convocazione assembleare ai sensi dell'art. 66 disp. att. c.c. che riguarda, però, il rapporto del cliente Bianchi con un condominio diverso da quello amministrato da Rossi. In siffatte circostanze non vi è dubbio alcuno su come il professionista amministratore Rossi debba accettare il pagamento della sua consulenza da Bianchi con moneta elettronica quando richiesto dal cliente.
La seconda ragione per la quale sempre l'amministratore Mario Rossi può ritrovarsi ad incassare delle somme dal suo cliente Mario Bianchi è diversa e riguarda il caso dell'incasso dei contributi condominiali riferiti al condominio amministrato proprio dal Rossi. La domanda, quindi, è se anche in questo caso l'amministratore sia obbligato ad incassare la rata condominiale con moneta elettronica. A parere di chi scrive, la risposta è negativa e vediamo perché.
Se siamo d'accordo nel sostenere che, a differenza del primo caso, nel secondo il cliente Bianchi non stia pagando il prezzo di una prestazione professionale nei suoi confronti direttamente erogata ma stia provvedendo al versamento degli oneri comuni in favore dell'amministrazione condominiale che Rossi meramente rappresenta, è di tutta evidenza l'assenza del presupposto oggettivo della norma. Invero, l'Amministratore si comporta, in questo caso, come semplice esattore ma non incassa le somme per nome e suo conto, bensì in nome e per conto del condominio, entità giuridica evidentemente separata e autonoma.
Si potrebbe osservare, ancora, come nell'ambito dei contributi condominiali possa ricadere in quota una parte del compenso dello stesso amministratore ma anche questa riflessione non appare corretta. In realtà, l'amministratore riceve il suo compenso dall'ente condominiale e giammai dai singoli condòmini i quali, tra l'altro, non pagherebbero bene direttamente nelle mani del professionista amministratore (fornitore terzo) e una tale evenienza non libererebbe loro dall'obbligo di pagare le rispettive quote verso il condominio.
Il rapporto di committenza e mandato in ordine all'erogazione del servizio di amministrazione si instaura tra il professionista e il condominio e giammai tra l'amministratore e tutti i partecipanti al condominio quantunque questi ultimi restino investiti della relativa obbligazione e, pertanto, il pagamento del relativo prezzo potrebbe in teoria essere sì soggetto alla transazione elettronica ma i singoli partecipanti al condominio non possono mai ritrovarsi nella condizione di pretendere ciò perché è da escludersi il pagamento diretto.
Nella medesima direzione si registra l'ipotesi, al vaglio del Governo, di escludere dalle sanzioni i professionisti degli studi associati che non fatturano direttamente alla clientela.
Una ulteriore riflessione potrebbe riguardare la qualità di consumatore del condominio da farsi valere anche nei confronti dell'amministratore professionista e, per questo, tornare a sostenere la tesi dell'utilizzo del POS. Ebbene, questo potrebbe spiegare sì riflessi meritevoli di approfondimento ma limitatamente al compenso pagato dal condominio al professionista e giammai sull'incasso delle quote condominiali. Invero, in questo caso il punto di osservazione risulta spostato su una direttrice diversa: così come l'amministratore ha il diritto di pagare con la carta bancomat del condominio le spese di copisteria per gli avvisi di convocazione allo stesso modo potrebbe pagare a sé stesso, con carta del condominio e con POS personale, il rispettivo compenso. In questo caso, però, resterebbe da chiedersi chi domanderebbe all'amministratore di pagare il suo compenso con carta se non sé stesso?
Sul piano puramente dei servizi alla clientela, poi, lo studio dell'amministratore potrebbe decidere di dotarsi di un POS multiconto o di tanti apparecchi quanti sono i condominii amministrati per consentire alla clientela di pagare gli oneri condominiali con carta di credito o bancomat, ma si tratterebbe di un atto di mera cortesia e di matrice strettamente concorrenziale.
Sul quello più squisitamente di diritto, invece, possiamo concludere sostenendo certamente l'obbligo del POS per gli amministratori di condominio per l'incasso delle prestazioni erogate direttamente ai clienti ma, all'opposto, di alcun obbligo per la riscossione delle quote condominiali pagate dai singoli partecipanti.

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