Condominio

Il notaio non sempre risponde dei vincoli che la parte già conosce

di Patrizia Maciocchi

Il notaio non può essere considerato responsabile per non aver informato la società acquirente dei vincoli che limitavano la proprietà dei posti auto trasferiti, se la loro esistenza doveva essere nota perchè sottoscritti dal suo mandatario. La Corte di cassazione, con la sentenza 25111 del 24 ottobre, respinge il ricorso di una società a responsabilità limitata, che chiedeva i danni al professionista per aver “taciuto” nell’atto di permuta da lui rogato l’esistenza di vincoli pertinenziali, in favore del Comune , su 16 posti auto trasferiti alla ricorrente nell’ambito di un contratto che aveva come controparte una società di costruzioni.

Nel caso specifico però il professionista non aveva colpa. La Suprema corte ricorda che certamente l’opera del notaio non è limitata al solo accertamento della volontà delle parti e alla compilazione dell’atto, ma si deve estendere anche alle attività «preparatorie e successive perché sia assicurata la serietà e la certezza degli effetti tipici dell’atto e del risultato pratico perseguito dalle parti». È dunque dovere del notaio informare dell’esistenza di eventuali vincoli, anche quando è stato esonerato dalle visure, in nome della diligenza qualificata richiesta dal suo ruolo di pubblico ufficiale.

Nel caso specifico però - chiarisce la Cassazione - c’è una particolarità che esclude la “colpa” del professionista. L’atto di imposizione dei vincoli era stato, infatti, sottoscritto dal legale rappresentante della società di costruzioni ma in forza di un mandato che gli era stato conferito dalla società ricorrente, nell’ambito di rapporti più vasti che erano intercorsi tra le due società per lo sfruttamento di un terreno del Comune di Padova.

I giudici di merito avevano dunque, giustamente, considerato i vincoli motivo del contendere posti proprio sulla base di un’istanza riferibile alla società acquirente tramite il suo mandatario. Una circostanza che “salva” il notaio, al quale non può essere rimproverato di aver agito con scarsa diligenza.

In un caso come quello esaminato, il deficit informativo dell’atto nel quale i beni sono indicati come liberi da oneri, pesi e vincoli non comporta «una lesione del diritto di autodeterminazione negoziale del contraente, giacché le informazioni omesse sono comunque già certamente in suo possesso».

Per i giudici manca il nesso causale tra la stipula di un atto che non era al “buio” e il danno che ne sarebbe derivato alla ricorrente.

Senza successo la società acquirente mette in risalto la probabile scarsa “correttezza” del mandatario, che avrebbe agito nell’esclusivo interesse della società della quale era legale rappresentante, costituendo il vincolo solo sui posti auto della ricorrente e non su quelli della sua, evitando così il pagamento delle concessioni. Il mandatario aveva così ecceduto i limiti del mandato tenendo il mandante all’oscuro delle sue “mosse”.

Per i giudici della terza sezione civile però l’eccezione sollevata non sposta i termini della questione. Le circostanze sulle quali attira l’attenzione la società ricorrente andrebbero, se provate, a incidere - spiega la Suprema corte - sui rapporti tra mandante e mandatario, che avrebbe agito abusando dei poteri che gli erano stati conferiti. Ma l’eventuale prova della “malafede” del legale rappresentante non avrebbe alcuna rilevanza esterna e non basterebbe, ai fini del presente giudizio, ad escludere che i vincoli pertinenziali siano stati posti proprio su iniziativa della società acquirente. E non importa se per quest’ultima i vincoli non erano nè previsti, nè necessari, anzi dannosi.

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