Condominio

Auto rimossa dallo spazio comune, il condominio paga i danni

di Valeria  Sibilio

Rimuovere le autovetturein “sosta vietata” da uno spazio condominiale può risultare controproducente per il condominio e per l'amministratore che ha dato l’ordne. Come nel caso dell'ordinanza 25527 del 2017 della Cassazione (relatore Antonio Scarpa), che ha trattato un caso in cui una condòmina aveva citato in giudizio il condominio e l'amministratore per il risarcimento dei danni, quantificati in euro 3.777,60, oltre interessi, subiti dalla propria autovettura rimossa, in esecuzione di una deliberazione assembleare, da un'area condominiale ed abbandonata sulla via pubblica, dove era stata oggetto di danneggiamento ad opera di terzi.
La domanda, rigettata dal Tribunale, veniva parzialmente accolta dalla Corte d'Appello la quale affermava che l'amministratore non avrebbe comunque potuto procedere personalmente alla rimozione coattiva dell'autovettura. Tuttavia, pur dichiarando illegittima la condotta dell’amministratore, sosteneva che non sussistevano prove del danno patrimoniale subito dalla condòmina le quali potessero essere casualmente e direttamente riconducibili alla condotta posta in essere dalla parte appellata.
Ricorrendo in Cassazione, la stessa condòmina denunciava che la Corte d'Appello non aveva chiarito la motivazione per la quale non era stata valutata la esibita documentazione fiscale della carrozzeria e la testimonianza dello stesso carrozziere sui danni subiti dall'autovettura e sui costi di riparazione.
La ricorrente, inoltre, criticava la mancata motivazione sull'esistenza del nesso causale tra la condotta illecita dell'amministratore, che aveva rimosso ed abbandonato l'auto sulla strada pubblica, ed il danneggiamento subito dalla stessa. Danneggiamento che non si sarebbe verificato se il veicolo fosse rimasto all'interno dell'area privata condominiale. I controricorrenti evidenziano che l'autoveicolo era stato immatricolato nel 1994, ed aveva un valore di mercato di euro 100,00 – valore dedotto dai listini di riviste specializzate dei settore automobilistico - , sicché la riparazione risultava comunque antieconomica. Per la Cassazione, la sentenza di secondo grado denotava un'anomalia motivazionale in forma di “motivazione apparente”, in quanto la Corte di merito aveva omesso del tutto l'indicazione degli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, rendendo impossibile ogni controllo sull'esattezza del suo ragionamento e sul diniego della sussistenza di un nesso di causalità, materiale e giuridica, che leghi l'accertata condotta illecita dell'amministratore e i danni che si sono pretesi conseguenti.
La Corte ha, perciò, accolto il ricorso, cassando la sentenza impugnata e rinviandola ad un'altra sezione della Corte d'Appello, che deciderà tenendo conto dei rilievi svolti e regolerà anche le spese del giudizio di cassazione.

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