Condominio

In Cassazione non si può discutere di questioni già affrontate nel merito

di Valeria Sibilio

Il fatto di aver subito un danneggiamento causato, ad esempio, da infiltrazioni d'acqua, non consente di ottenere sempre e automaticamente il risarcimento. Come dimostra l'ordinanza 24918 del 2017 della Cassazione che ha visto un condòmino, proprietario di due box auto, all'interno dell'edificio condominiale, convenire innanzi al tribunale locale il condominio per ottenere il risarcimento dei danni causati da infiltrazioni d'acqua dovute alla cattiva manutenzione di parti comuni dell'edificio, compresi quelli da lucro cessante. In corso di causa era intervenuta volontariamente la signora divenuta successivamente proprietaria dei box, associandosi alla domanda risarcitoria dell'attore.
Il Tribunale di primo grado, accogliendo la pretesa, condannava il condominio al risarcimento del danno nella misura di euro 9.000,00 in favore del condòmino (attore) e di euro 2.000,00 in favore della nova proprietaria, ordinando al condominio di eseguire le opere necessarie ad eliminare la causa delle infiltrazioni. In Appello, la Corte accoglieva parzialmente l'impugnazione del condominio, riducendo da euro 9.000,00 a euro 7.900,00 l'importo del risarcimento fissato ed eliminando la condanna al pagamento di euro 2.000,00 in favore della nuova proprietaria, con compensazione delle le spese del doppio grado. Per la Corte, non era stata dimostrata la prova del danno da lucro cessante.
Ricorrendo in Cassazione, il condòmino criticava la motivazione della sentenza rimproverando alla Corte di merito di non avere valutato l'intero quadro probatorio ed in particolare lo stato di degrado dei box che li rendeva inidonei alla cessione e locazione a terzi. Inoltre, deduceva un vizio di motivazione della sentenza sulla regolamentazione delle spese, dolendosi della compensazione integrale.
Per la Cassazione, i due motivi, esaminati in modo unitario per il comune riferimento al vizio motivazionale, sono risultati inammissibili, in quanto entrambi investivano la motivazione della sentenza, rispettivamente sulla prova del danno da lucro cessante e sulla compensazione delle spese, denunciando, perciò, un vizio non più invocabile in sede di legittimità. Il legislatore, per una precisa scelta volta a ridurre il contenzioso in sede di legittimità, ha consentito di far valere l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti.
La Corte ha, perciò, rigettato il ricorso, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

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