Condominio

La «dichiarazione d’intenti» vincola il condominio

di Rosario Dolce

Secondo le attribuzioni poste dall'articolo 1135 codice civile, l'assemblea dei condòmini è l'organo collegiale chiamato a definire i rapporti con i terzi. L'attività da essa svolta è, in genere, “consacrata” in seno ad un atto scritto (verbale), il quale, essendo frutto di un procedimento collegiale, prende il nome di deliberazione.
Quanto oggetto di statuizione non può quindi essere svalutato (a posteriori) e vincola il condominio e, per esso i condòmini, indipendentemente dalla effettiva coscienza di quanto si riporta in sede di verbale. In altri termini, anche una mera dichiarazioni di intenti, riportata a verbale da parte del segretario, è in grado di impegnare contrattualmente la compagine condominiale nei confronti di un terzo, specie, laddove quest'ultimo, riponga affidamento a quanto ivi riconosciuto e svolga, di fatto, la prestazione richiesta.
Per la Corte di Appello di Catania trova applicazione, in tali situazioni, la previsione di cui all'articolo 2237 codice civile, il quale, nell'ambito del contratto di prestazione d'opera intellettuale, ammette l'esercizio da parte del cliente della facoltà di recesso, prevendendo, in tale ipotesi, il rimborso delle spese sostenute dal prestatore d'opera ed il diritto di quest'ultimo al compenso per l'attività svolta (cfr, Sentenza numero 1400 del 17 luglio 2017; consigliere estensore, dott.ssa Maria Chiara Carlà).
A nulla rileverebbe, invece, la circostanza che l'opera effettuata dal professionista, appena designato in verbale, non abbia arrecato al Condominio alcun vantaggio di sorta, avendo provveduto il medesimo al successivo conferimento dell'incarico ad altro professionista.
Sotto tale profilo, il giudice collegiale – richiamando parte della giurisprudenza di legittimità (e, partitamente, Cassazione Civile, Sezione II, sent. N. 14510 del 14.08.2012)- ha chiarito che la previsione normativa di cui sopra pone a carico del cliente che receda dal contratto d'opera il compenso per l'attività svolta, indipendentemente dall'utilità che ne abbia ricavato.
Rimane, tuttavia, salvo – così prosegue la Sentenza - il caso in cui i contraenti abbiano deciso, a monte, di derogare alla predetta disposizione, subordinando il diritto del professionista al compenso alla realizzazione di un determinato risultato. In questo caso, il fatto oggettivo del mancato verificarsi dell'evento, come oggetto della condizione sospensiva, comporterebbe l'esclusione del compenso stesso.
Conseguentemente è stata ritenuta fondata la pretesa creditoria vantata dal professionista designato dall'assemblea dei condòmini nei confronti del Condominio stesso, pur nei limiti delle prestazioni professionali svolte, laddove prodromiche all'esecuzione delle opere di manutenzione straordinaria dell'edificio. E' stata invece escluso il diritto al compenso rivendicato dal professionista per l'attività di direzione lavori nel cantiere, in quanto essa è stata, effettivamente, svolta da altro tecnico.

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