Condominio

Il tribunale di Milano estende la «diligenza» dell’amministratore alle parti private

di Raffaello Stendardi

L’amministratore di condominio è il mandatario dei condòmini e proprio per questo è tenuto, per gli effetti di cui all’articolo 1710 del Codice civile, a svolgere il proprio compito con livello di diligenza analogo a quello è lecito attendersi da un qualunque soggetto di media avvedutezza e accortezza, cosciente delle relative responsabilità.

In una vertenza sul risarcimento del danno subito dalla condòmina proprietaria di un appartamento interessato da infiltrazioni provenienti dal piano superiore, il Tribunale di Milano (sentenza del 19 maggio scorso) ha fornito un’interpretazione decisamente estensiva sia dei compiti dell’amministratore che, conseguentemente, del livello di diligenza che gli compete. La domanda della condòmina danneggiata, oltre a essere diretta nei confronti dei proprietari dell’appartamento soprastante da cui proveniva l’infiltrazione, ha infatti coinvolto l’amministratore personalmente, addebitandogli appunto una scarsa diligenza nello svolgimento del suo compito.

Si è quindi trattato di decidere se nella fattispecie vi fosse effettivamente un obbligo dell’amministratore di intervenire e se l’amministratore avesse operato con la necessaria diligenza.

La sentenza ha dato risposta positiva al primo quesito, affermando l’obbligo dell’amministratore di intervenire anche se la lite riguardava parti private e ritenendo che la fonte di tale obbligo fosse riconducibile al mandato che lega l’amministratore al singolo condòmino.

Il giudice ha poi ritenuto che l’amministratore - in assenza della diligenza minima per il ruolo ricoperto - si fosse attivato con insufficiente tempestività nella ricerca ed individuazione cause delle infiltrazioni, così concorrendo ad aggravare il danno.

Appare evidente come la sentenza in esame ampli notevolmente il mandato dell’amministratore, ben oltre i limiti di cui all’articolo 1130, sul presupposto di un rapporto diretto tra quest’ultimo ed il singolo condòmino danneggiato per la tutela delle parti private.

Il ruolo di gestione e tutela delle sole cose comuni, di cui agli articoli 1130 e seguenti del Codice, risulta però snaturato ed esteso anche ai compiti di tutela della proprietà dei singoli condomini, con inevitabili intromissione nei diritti dei singoli e con evidenti ripercussioni anche sulle regole di diligenza. A un’interpretazione così estensiva va tuttavia obiettato che l’attribuzione di maggiori compiti, esulanti da quelli fissati per legge, non può comunque prescindere da un incarico espresso da parte del mandante al mandatario (in questo caso dalla condòmina danneggiata all’amministratore); e che detto incarico sia ben precisato nei suoi limiti e debba comportare un compenso.

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