Condominio

La modifica della destinazione d'uso dell'immobile comporta la revisione dei millesimi?

di Ettore Ditta


Fonte: Consulente Immobiliare

La predisposizione delle tabelle millesimali in un condominio avviene in base a vari criteri che il tecnico incaricato utilizza, eventualmente anche tenendo conto delle particolari prescrizioni contenute nel regolamento condominiale (che ovviamente deve essere di tipo contrattuale e non semplicemente assembleare); si deve infatti tenere conto di tutti gli aspetti specifici delle unità immobiliari ubicate nell'edificio, ma non delle loro destinazioni d'uso.
Per questo stesso motivo la modifica dell'attuale destinazione d'uso di un'unità immobiliare non comporta, di per sé, l'automatica revisione del suo valore millesimale.
La giurisprudenza della Corte di Cassazione lo esclude.
Ma la revisione dei millesimi a seguito della modifica della destinazione d'uso di un' unità immobiliare può ugualmente avere luogo quando ricorrono particolari condizioni.

La giurisprudenza della Cassazione
Secondo la giurisprudenza costante della Corte di Cassazione, la modifica della destinazione d'uso di un'unità immobiliare non basta a determinare automaticamente l'obbligo di revisionare i valori millesimali preesistenti.
Con la sua più recente sentenza emessa in materia (Cass., sent. 4 ottobre 2016, n. 19797), la Suprema Corte ha riassunto in modo esaustivo i termini della problematica, chiarendo i motivi per cui la revisione delle tabelle millesimali deve essere esclusa quando viene modificata la destinazione d'uso di un'unità immobiliare.
La sentenza ha avuto origine dalla vicenda del proprietario di un magazzino, adibito a deposito ubicato al piano seminterrato dell'edificio, che aveva chiesto al condominio la revisione delle tabelle in uso perché, nel corso degli anni, si erano verificate varie infiltrazioni di acqua dal sottosuolo, che avevano reso i locali del tutto inutilizzabili per gli scopi a cui erano destinati secondo il catasto; secondo il condomino, l'inevitabile modifica della destinazione d'uso delle unità immobiliari comportava la necessità di rivedere anche le tabelle millesimali di riparto delle spese condominiali per adeguarle alla nuova situazione.
Nel giudizio di primo grado, la richiesta era stata rigettata, spiegando che non era mai cessata la potenziale destinazione commerciale della porzione oggetto di causa e che comunque le infiltrazioni d'acqua provenienti dal sottosuolo non avevano inciso sulle caratteristiche strutturali del locale.
E anche nel successivo giudizio di appello era stato escluso che una differente destinazione d'uso del locale potesse incidere sull'assetto millesimale, rilevando che l'individuazione dei valori proporzionali deve avvenire tenendo conto delle caratteristiche obiettive proprie degli immobili e non anche della loro possibile destinazione.
A questo punto il proprietario del magazzino ha proposto ricorso per cassazione, ma anche la Suprema Corte ha infine respinto la sua richiesta.
Nella sua motivazione la Corte di Cassazione ha innanzi tutto ricordato che la normativa di riferimento in materia è costituita dagli artt. 68 e 69 disp. att. cod. civ., ai sensi dei quali il regolamento di condominio deve precisare il valore proporzionale di ciascun piano o di ciascuna porzione di piano spettante in proprietà esclusiva ai singoli condomini e che tali valori, che devono essere ragguagliati in millesimi a quello dell'intero edificio ed espressi in un'apposita tabella allegata al regolamento, possono essere riveduti e modificati, anche nell'interesse di un solo condomino in due specifici casi, vale a dire quando risulta che sono conseguenza di un errore e quando, per le mutate condizioni di una parte dell'edificio, per effetto della sopraelevazione di nuovi piani, di espropriazione parziale o di innovazioni di vasta portata, viene notevolmente alterato il rapporto originario tra i valori dei singoli piani o porzioni di piano.
La Corte ha quindi osservato che, nel condominio di edifici, i valori delle unità immobiliari di proprietà esclusiva dei singoli condomini e il loro proporzionale ragguaglio in millesimi al valore dell'edificio devono essere individuati con riferimento al momento dell'adozione del regolamento e che la tabella che li esprime è soggetta a rettifica soltanto quando vi siano errori, di fatto e di diritto, riferiti alla determinazione degli elementi necessari al calcolo del valore delle singole unità immobiliari oppure a circostanze sopravvenute relative alla consistenza dell'edificio o delle sue porzioni, che incidano in modo rilevante sull'originaria proporzione dei valori.
Richiamando la propria giurisprudenza precedente (Cass., sent. 10 febbraio 2010, n. 3001), la Suprema Corte ha affermato quindi che, dovendosi tenere conto dell'esigenza della certezza dei diritti e degli obblighi dei singoli condomini che sono fissati nelle tabelle millesimali, non si possono considerare tali da comportare la revisione o la modifica delle tabelle:
- gli errori relativi alla determinazione del valore che non vengano indotti da quelli sugli elementi necessari al suo calcolo;
- i mutamenti successivi dei criteri di stima della proprietà immobiliare, pure quando abbiano determinato una rivalutazione disomogenea delle singole unità dell'edificio o alterato comunque il rapporto originario fra il valore delle singole unità e tra queste e l'edificio.
La Corte ha poi ricordato che (Cass., Sez. Unite, sent. 24 gennaio 1997, n. 6222) gli errori rilevanti con riguardo alla revisione delle tabelle devono determinare un'apprezzabile divergenza tra il valore attribuito nella tabella alle unità immobiliari e il valore effettivo delle stesse e inoltre devono essere verificabili obiettivamente, come avviene per le divergenze di estensione della superficie, di piano e simili; e che invece, con riguardo all'errore, resta esclusa, nella stima degli elementi necessari per la valutazione ai sensi dell'art. 68 disp. att. cod. civ., la rilevanza dei criteri soggettivi, come i criteri d'ordine estetico e simili.
La Suprema Corte ha inoltre chiarito che, nello specifico, costituiscono errori essenziali che possono dare luogo a revisione delle tabelle millesimali gli errori che attengano alla determinazione degli elementi necessari per il calcolo del valore dei singoli appartamenti, come:
- 'estensione;
- l'altezza;
- l'ubicazione;
- l'esposizione e simili.
Questi tipi di errori, appena menzionati, possono consistere:
- in errori di fatto, come l'erronea convinzione che un singolo appartamento abbia un'estensione diversa da quella effettiva;
- in errori di diritto, come l'errata convinzione che, nell'accertamento dei valori, si debba tenere conto di alcuni degli elementi che, ai sensi dell'art. 68 disp. att. cod. civ., sono irrilevanti a tale effetto.
La Corte ha quindi ricordato come (Cass. , sent. 27 marzo 2001, n. 4421), al contrario, costituiscano errori non essenziali quelli determinati soltanto da criteri più o meno soggettivi con cui sia stata compiuta la valutazione dei singoli elementi necessari per la stima; infatti l'errore di valutazione, di per sé considerato, non può essere mai ritenuto essenziale, dal momento che non costituisce un errore sulla qualità della cosa a norma dell'art. 1429, n. 2, cod. civ.
Inoltre la Corte ha ricordato che (Cass., sent. 10 febbraio 1994, n. 1367) la norma di cui all'art. 68 disp. att. cod. civ. prevede che, nell'accertamento dei valori dei piani o delle porzioni di piano, ragguagliati a quello dell'intero edificio, non si deve tenere conto del canone locatizio, dei miglioramenti e dello stato di manutenzione e ha osservato che l'esclusione del canone locativo, dei miglioramenti e dello stato di manutenzione si giustifica nel fatto che tali elementi non afferiscono all'obiettiva conformazione strutturale del piano o della porzione di piano in rapporto all'intero edificio, che invece dipende da altri fattori, dati dall'estensione, dall'altezza, dall'ubicazione e dall'esposizione.
Riassunto così il quadro normativo della materia, la Corte ha applicato al caso concreto i principi ricordati e ha quindi rigettato il ricorso, affermando che, nel giudizio di secondo grado, la Corte di appello aveva correttamente escluso la sussistenza dei presupposti che legittimano la revisione delle tabelle millesimali, in quanto aveva accertato:
- l'assenza di errori obiettivamente verificabili, tali da causare un'apprezzabile discrasia tra il valore attribuito nella tabella alle unità immobiliari e il loro valore effettivo;
- la mancanza di un'alterazione della consistenza reale oppure della superficie effettivamente godibile e, di conseguenza, l'assenza di una modifica delle caratteristiche proprie degli immobili, idonea a determinare una diversa destinazione d'uso del locale suscettibile di incidere sul valore millesimale, dal momento che l'individuazione dei valori proporzionali deve avvenire tenendo conto delle caratteristiche obiettive proprie degli immobili e non anche della loro possibile destinazione, determinata essenzialmente da valutazioni di carattere soggettivo.
Così la Suprema Corte ha confermato la decisione della Corte di appello, che aveva accertato come il mutamento delle condizioni dell'unità immobiliare non fosse stato tale da incidere sulla consistenza reale e sulle caratteristiche obiettive rilevanti ai fini del calcolo del valore delle singole porzioni di piano e così aveva correttamente escluso la sussistenza dei presupposti richiesti dalla legge per un'eventuale revisione delle tabelle millesimali, riguardo ai quali, ai sensi dell'art. 68 disp. att. cod. civ., non possono assumere alcuna influenza, in particolare, fattori che riguardano lo stato di manutenzione delle singole unità immobiliari.
In conclusione, la Suprema Corte ha affermato il principio secondo cui la tabella che esprime i valori millesimali è soggetta a emenda solo in relazione a errori, di fatto e di diritto, che riguardano la determinazione degli elementi necessari al calcolo del valore delle singole unità immobiliari oppure a circostanze sopravvenute relative alla consistenza dell'edificio o delle sue porzioni, che incidano in modo rilevante sull'originaria proporzione dei valori; e che invece il mero mutamento della destinazione d'uso non determina la necessità di revisionare i millesimi.

Quando può rilevare il mutamento della destinazione d'uso?
Chiariti i condivisibili e persuasivi principi esposti dalla Suprema Corte di Cassazione, resta da chiedersi se vi siano comunque dei casi in cui il mutamento della destinazione d'uso può rilevare.
Va però subito evidenziato che si tratta di una problematica complessa, in cui i principi teorici si intersecano con le esigenze pratiche e possono portare a conclusioni in apparenza illogiche.
Il caso classico in cui si presenta il problema è quello di un'unità immobiliare che viene adibita da uso abitativo o altro a uso commerciale con cospicuo afflusso di clienti e, in ipotesi, costante utilizzo delle parti comuni (androne, corridoi, scale e, in particolare, l'impianto di ascensore) e quindi con aumenti di costi di esercizio molto maggiori rispetto a quelli precedenti.
Come si è detto, ciò non basta a determinare una revisione delle tabelle millesimali. Ed è logico che sia così anche in considerazione del fatto che:
- le tabelle millesimali, se predisposte da un tecnico esperto secondo le regole corrette, non consentono valutazioni soggettive o arbitrarie;
- se si ammettesse che qualunque modifica della destinazione d'uso pure di un'unica unità immobiliare possa determinare la necessità di revisionare le tabelle millesimali vigenti, ciò significherebbe dovere procedere alla rielaborazione delle tabelle anche nel caso di una variazione che di fatto si rivela minima (rielaborazione − bisogna peraltro presumere − il cui costo resta a carico esclusivo del condomino che ha modificato la destinazione d'uso, in quanto non vi è motivo per cui pure gli altri condomini debbano contribuire a essa, solo per il fatto che le tabelle millesimali riguardano tutti); ma l'operazione di rielaborazione si riferirebbe all'unità immobiliare la cui destinazione d'uso è stata modificata dal proprietario predisponendo nuovi valori millesimali, che andrebbero poi rapportati a quelli di tutte le altre unità immobiliari di cui fa parte l'edificio, che vengono alterati di conseguenza; e si tratta di un lavoro complesso che, a seconda delle caratteristiche del condominio, può avere anche costi molto elevati.
Precisato tutto questo, resta tuttavia una maniera per adeguare le precedenti tabelle alla nuova destinazione d'uso impressa all'unità immobiliare in modo da adeguare di conseguenza anche la ripartizione delle spese di esercizio che risultano variate rispetto a prima: per tornare all'ipotesi formulata (relativa al locale commerciale a cui accede un'ingente clientela con conseguente maggiori costi di esercizio rispetto alla situazione precedente), è proprio questo nuovo utilizzo e le nuove conseguenti maggiori spese che giustificano – a prescindere dal mutamento o meno della destinazione d'uso dell'unità immobiliare interessata – una richiesta di revisione del precedente riparto delle spese.
Si tratta peraltro di una soluzione di buon senso, che può essere realizzata in maniera molto semplice determinando un coefficiente di aumento delle spese a carico del condomino interessato (che ovviamente deve essere d'accordo ad accettare questo aumento e deve dare il consenso) e decurtando, di conseguenza, una parte delle quote spettanti agli altri condomini rispetto a quelle risultanti dalle tabelle millesimali, senza dovere neppure procedere ad alcuna revisione delle tabelle.
Una soluzione di questo tipo può risolvere validamente il problema e in effetti, nella prassi, si ricorre spesso a essa, senza alcuna necessità di revisionare formalmente le tabelle millesimali delle spese.

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