Condominio

Le attività edilizie sono «pericolose», i danni vanno risarciti

di Luca Bridi

Spetta il risarcimento dei danni causati da attività pericolose, in special modo da lavori edili. Lo afferma il Tribunale di Milano, Sezione X, con la sentenza 9180/2017 pubblicata il 12 settembre scorso.

L’articolo 2050 del Codice civile regola la responsabilità derivante dall’esercizio di attività pericolose e, in particolare, statuisce che: «chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di una attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno».

Ai fini dell’applicazione della responsabilità in base all’articolo 2050 del Codice civile, l’attività deve, quindi, essere tale da rendere non semplicemente possibile ma probabile il verificarsi di un evento dannoso , in relazione alla natura e ai mezzi impiegati. Si tratta di una ipotesi di cosiddetta “responsabilità oggettiva”: il danneggiato deve solo provare la esistenza del nesso causale (ossia della relazione che lega un atto o un fatto all’evento dannoso).

Sono state ritenute pericolose dalla giurisprudenza varie attività di diversa natura tra le quali anche l’attività edile che è da considerare pericolosa agli effetti dell’articolo 2050 del Codice civiledal momento che per la natura dei mezzi adoperati – attrezzature (impalcature, ponteggi), e macchinari (escavatrici, autocarri trasporto, betoniere, ruspe) - impone a chi la esercita un obbligo di particolare prudenza al fine di evitare danni a persone o a cose.

La fattispecie ricorre anche nella recente Sentenza del Tribunale di Milano n. 9180/2017: il proprietario di un’unità immobiliare avanzava una domanda risarcitoria per i danni subiti dal suo appartamento a seguito dell’esecuzione di opere di demolizione e riedificazione eseguite nel confinante immobile.

Considerata la natura e l’entità delle demolizioni, l’importanza e l’invasività degli scavi per le nuove fondazioni nonché il contesto urbano in zona confinante con adiacenti e preesistenti fabbricati il Tribunale di Milano ha rilevato che la prova del nesso causale fra l’attività del cantiere e i danni subiti fosse di competenza del danneggiato, incombendo invece sulle imprese (succedutesi nel tempo) l’onere di dimostrare di aver posto in essere tutti gli accorgimenti per evitare i danni.

Il Ctu concludeva, quindi, che i danni nell’appartamento dell’attore erano stati prodotti dall’attività di demolizione e di scavo per la predisposizione di nuove fondazioni, così individuando documentalmente nel cantiere le due imprese che di tali attività si erano occupate peraltro in concorso tra loro e che il Giudice ha condannato al risarcimento dei danni in parti uguali.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©