Condominio

All’agenzia immobiliare spetta il compenso anche se chi compra ha revocato la proposta

di Valeria Sibilio

Se da un lato è aumentata la percentuale di potenziali compratori che si rivolgono ad un'agenzia immobiliare per acquistare casa, dall'altro il costo della transazione rimane uno dei motivi di diffidenza verso questo settore, nonostante le provate capacità di mediazione e, a volte, pedagogiche degli agenti. Il diritto al compenso della società mediatrice è stato al centro del caso che ha coinvolto una società esercente nell'attività di intermediazione immobiliare la quale, nel febbraio 2003, riceveva da una signora la proposta irrevocabile di acquisto di una porzione immobiliare condominiale, pattuendo ai fini dell'opera di intermediazione la corresponsione del compenso di euro 7.230,00. La società in questione comunicava, a mezzo raccomandata, l'accettazione della proposta da parte del proprietario dell'immobile. Proposta che, con telegramma inoltrato sia alla società che al proprietario, la signora revocava.
La suddetta società, ricorrendo in primo grado, chiedeva l'ingiunzione alla signora per il pagamento di euro 7.230,00 oltre gli interessi e le spese di procedura monitoria. All'esito dell'istruzione probatoria il tribunale accoglieva l'opposizione della signora, revocando l'ingiunzione e condannando la società alle spese di lite. L'appello proposto da quest'ultima vanificava la sentenza di primo grado, confermando il decreto ingiuntivo e condannando l'appellata a restituire all'appellante la somma di euro 9.500,00, ricevuta in esecuzione della sentenza di primo grado, nonché a rimborsare a controparte le spese del doppio grado. L'ultimo esame di giudizio confermava la sentenza di secondo grado, ritenendo i motivi di ricorso della signora o inammissibili o privi di fondamento. In particolare, la Cassazione (ordinanza 21353/2017) ha spiegato che, in tema di contratto di mediazione, l'affare - da intendersi nel senso di qualsiasi operazione economica generatrice di un rapporto obbligatorio - deve ritenersi concluso, per effetto della “messa in relazione” da parte del mediatore, quando si costituisca un vincolo giuridico che abiliti ciascuna delle parti ad agire per l'esecuzione specifica del negozio o per il risarcimento del danno. Su tale scorta la Cassazione ha ribadito che la ricorrente ha ricevuto comunicazione telefonica dell'accettazione della sua proposta in data antecedentemente la scadenza del termine di efficacia. La responsabilità precontrattuale - la quale presuppone che il contratto non sia stato concluso e comunque non validamente concluso - può configurarsi tanto in relazione al processo formativo del contratto quanto in rapporto alle semplici trattative, per cui se lo svolgimento di queste ultime è tale da determinare un affidamento sulla conclusione del contratto, la parte che violi l'obbligo di comportarsi secondo buona fede è tenuto nei confronti della al risarcimento del danno.
La Cassazione ha, perciò, rigettato il ricorso, condannando anche la ricorrente a rimborsare alla società le spese del giudizio di legittimità, liquidate nel complesso in euro 1.700,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, I.V.A. e cassa come per legge.

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