Condominio

Riforma, un'analisi critica - 6. Il quorum deliberativo di seconda adunata

di Francesco Schena

L'articolo 1136 del codice civile previgente alla legge di riforma n. 220/2012, al terzo comma, prevedeva come le deliberazioni di seconda adunata (eccezioni escluse) fossero validamente assunte riportando un numero di voti che rappresentasse il terzo dei partecipanti al condominio e almeno un terzo del valore dell'edificio. La versione vigente, invece, stabilisce che la deliberazione è valida se approvata dalla maggioranza degli intervenuti con un numero di voti che rappresenti almeno un terzo del valore dell'edificio. Si trattava e si tratta, dunque, di un doppio quorum, di partecipanti (o di testa) da una parte e di valore millesimale dall'altra. La lettura del doppio quorum, però, secondo alcuni deve essere estesa all'individuazione di una doppia maggioranza per logicità del diritto. In buona sostanza, pur avendo raggiunti i due quorum questi devono, in ogni caso, rappresentare una maggioranza.
Ma proviamo ad immaginare un caso concreto e a valutarlo in base alle due discipline per comprendere se qualcosa sia cambiato. Assemblea di seconda convocazione con 15 intervenuti su 21 partecipanti, per un valore di 750/000 in assemblea e poniamo ai voti l'approvazione del rendiconto ordinario. Votano a favore 7 su 15, per 350/000. Votano contro 7 su 15, per 350/000, 1 astenuto per 50/000.
Secondo il vecchio ordinamento la delibera sarebbe validamente approvata posto che riporta esattamente il minimo richiesto dalla norma che non fa riferimenti ad alcuna “maggioranza” perché non espressamente indicata e voluta. Infatti, 7 teste su 21 rappresenta certamente un terzo dei partecipanti e almeno 1/3 di mille. Ma a bene vedere, nella medesima votazione si palesa un voto contrario di pari forza ed entità. Anche i “NO”, infatti, raggiungono le 7 teste e rappresentano almeno un terzo del valore dell'edificio. Si sarebbe trattata, dunque, di una approvazione validamente deliberata? La risposta poteva essere positiva sulla scorta di una interpretazione letterale del vecchio articolo 1136 che non faceva alcun espresso riferimento a “maggioranza” di sorta ma si limitava all'individuazione di un mero quorum da raggiungere. Mentre, secondo la scuola della “doppia maggioranza”, la delibera non sarebbe stata valida proprio per l'assenza di una espressione maggioritaria prevalente su quella minoritaria avendo, nel caso dell'esempio, il perfetto pareggio tra le due votazioni.
Leggendo, ora, l'esito della votazione secondo il nuovo articolo 1136, la deliberazione è senz'altro non approvata perché è evidente come non sia stata raggiunta la maggioranza degli intervenuti voluta (8 su 15) avendo votato a favore, come contro, 7 intervenuti. E' evidente, allora, come la novella del 2012 abbia voluto porre chiarezza su un dilemma che ha visto in passato scuole di pensiero contrapposte. Infatti, la normativa vigente non si limita ad indicare un quorum nelle espressioni di voto di testa, ma indica una maggioranza da raggiungere verosimilmente al fine di porre chiarezza sulla questione. invero, l'individuazione di una maggioranza degli intervenuti è per definizione e determinazione matematica sempre indiscutibile. Su 15, la maggioranza degli intervenuti è 8 e c'è poco da discutere nel comprendere se questa sia stata raggiunta o meno.
Tuttavia, resta un ulteriore punto di domanda rispetto all'espressione di voto determinata per valore. Infatti, la norma vigente continua a richiedere il raggiungimento di un quorum e non di una maggioranza, maggioranza di valore chiaramente ed espressamente non voluta anche in prima adunata richiedendosi almeno la metà del valore e questo, evidentemente, dovrà pure significare qualcosa.
Simuliamo, quindi, il seguente esito di votazione: 8 “SI” su 15 per 350/000 e 7 “NO” su 15 per 400/000. La domanda è, ancora una volta, se la delibera risulti validamente approvata. La maggioranza di teste voluta dalla norma è certamente raggiunta dagli 8 su 15. Il quorum di valore è anch'esso raggiunto perché 350 rappresenta almeno 1/3 del valore dell'edificio. Ma la minoranza di teste rappresenta un valore maggiore, ovvero 400/000. E' comunque valida la deliberazione? Se continuiamo a tenere conto della “doppia maggioranza” la risposta è no. Ma, a ben leggere il nuovo articolo 1136, il Legislatore ha voluto una maggioranza tra gli intervenuti ma non nel valore avendo indicato, invece, un mero quorum da raggiungere e, dovendosi ragionare anche in stretta correlazione col nuovo quorum costitutivo di seconda convocazione, precedentemente non previsto, la deliberazione non può che ritenersi validamente approvata.
Se la scuola di pensiero della doppia maggioranza aveva un suo perché ante riforma del 2012, oggi non può dirsi la stessa cosa con l'introduzione di una sola e specifica maggioranza (di testa) e il mero raggiungimento di un quorum, col chiaro intendimento del legislatore di spostare sulla maggioranza dei partecipanti un preminente pregio giuridico.
La questione merita certamente ulteriori approfondimenti e conforti dalla Suprema Corte sono auspicabili in tal senso, in specie tenendo conto delle impostazioni di alcuni software gestionali che sviluppano e redigono verbali che ora ragionano secondo la doppia maggioranza, ora secondo una sola maggioranza e un quorum da raggiungere, con tutto quello che ne consegue in termini di delibere ritenute approvate o non approvate semplicemente in base all'algoritmo adottato da quel software.

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