Condominio

All’ascensore si può sempre partecipare in un secondo momento

di Valeria Sibilio

L'uso dell'ascensore, all'interno di un edificio condominiale, ha semplificato notevolmente la vita quotidiana dei condòmini. Tuttavia, installarlo in immobili che ne siano sprovvisti può causare procedimenti giudiziari riguardanti la necessità, o meno, del parere dell'assemblea per la sua messa in opera. Come nel caso analizzato dalla Cassazione con sentenza 20713 del 2017 che ha visto contrapposti due condòmini contro gli altri. Questi ultimi, avevano convenuto davanti al Tribunale i suddetti due condòmini per verificare il costo dell'ascensore da loro installato e le relative quote di contribuzione nelle spese di gestione e manutenzione dell'impianto.
Il Tribunale, espletata una perizia, riteneva implicita nella domanda svolta quella di riconoscimento del diritto all'acquisizione della comproprietà dell'impianto e accertava che il costo dell'ascensore fosse di € 32.576,78, determinando, perciò, la quota di contribuzione a carico di ciascuno degli altri condòmini, quelli cioè che avevano promosso il contenzioso perché avrebbero voluto partecipare alle spese dell’ascensore per poterlo usare ma si erano visti opporre il veto dai due orginari “installatori”.
I due condòmini avevano comunque fatto ricorso in Corte d'Appello, la quale affermava però la sussistenza dell'interesse ad agire degli altri condòmini, nonostante in un primo momento avessero dichiarato di non voler partecipare alla comunione dell'ascensore, e solo nel corso del giudizio avessero espresso la volontà di entrarne a far parte. Inoltre, la Corte non ravvisava alcun abuso del diritto da parte loro, per aver prima domandato in altra causa la demolizione dell'ascensore, e poi, nella successiva, la declaratoria della comunione del medesimo. La sentenza d'appello riconduceva inoltre l'ascensore alle innovazioni di cui all'art. 1121 c.c. e condivideva il valore dell'impianto stimato dalla perizia.
I due condòmini ricorrevano allora in Cassazione lamentando che la sentenza impugnata avesse consentito agli altri condòmini di conoscere il costo dell'impianto di ascensore, e di non aver tutelato il loro diritto di compartecipazione nell'opera, come si evincerebbe dai documenti prodotti e dagli atti processuali. Inoltre, la sentenza avrebbe consentito loro di vedersi attribuito un diritto di compartecipazione all'impianto senza che ne avessero domandato l'accertamento. Per i ricorrenti, la sentenza avrebbe applicato la disciplina delle innovazioni condominiali di cui all'art. 1121 c.c. a un'opera di ascensore “nata privata”, permettendo, così, agli attori di entrare forzosamente nella comproprietà dell'ascensore. Per ultimo, la sentenza impugnata avrebbe preso atto della valutazione dell'ascensore determinata dalla perizia, senza tener conto degli oneri di costruzione.
Per la Cassazione, però, l'installazione “ex novo” di un ascensore in un edificio in condominio - le cui spese vanno ripartite proporzionalmente al valore della proprietà di ciascun condomino - costituisce innovazione che può essere deliberata a maggioranza dall'assemblea condominiale oppure direttamente realizzata con il consenso di tutti i condomini, divenendo, così, un impianto di proprietà comune. Trattandosi, tuttavia, di ascensore suscettibile di utilizzazione separata, essa può essere attuata a cura e spese anche solo di un condòmino, salvo il diritto degli altri di partecipare in un secondo momento ai vantaggi, contribuendo alle spese di manutenzione e con l'obbligo di pagare pro quota le spese impiegate per l'esecuzione, aggiornate al valore attuale. Questo, per evitare arricchimenti in danno dei condomini che avevano assunto l'iniziativa.
Per la Cassazione, la Corte d'Appello aveva spiegato come la valutazione dell'ascensore raggiunta dalla perizia fosse stata ancorata alle risultanze processuali disponibili, nei limiti in cui risultassero provate dagli interessati le spese sostenute, corrispondenti ai costi correnti di mercato. Tale valutazione è stata condivisa dai giudici di merito, e non è suscettibile di sindacato in sede di legittimità. Al riguardo, i ricorrenti si sono limitati a denunciare errori e lacune della consulenza, che si sostanziano in semplici difformità tra la valutazione del consulente circa l'importo delle spese di realizzazione dell'impianto di ascensore e il valore diverso allo stesso da loro attribuito.
La Corte ha, perciò, rigettato il ricorso, condannando i ricorrenti a rimborsare ai controricorrenti le spese sostenute nel giudizio di cassazione, che liquida in complessivi € 4.700,00, di cui € 200,00 per esborsi, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

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