Condominio

Sopraelevazione vietata, l’azione non si prescrive

di Valeria Sibilio

La demolizione di opere che abbiano alterato l’aspetto architettonico di un intero edificio condominiale, senza che ve ne fosse stato alcun diritto, è soggetta a prescrizione? Una risposta a questo quesito perviene dalla sentenza della Cassazione 20288 del 2017 (relatore Antonio Scarpa) , la quale ha affrontato il caso di un condomino, proprietario di un immobile condominiale sito all’ultimo piano, che aveva effettuato un’opera di sopraelevazione nei locali dell’ex stenditoio.

Il Tribunale di primo grado aveva accolto la domanda dei condomini, tesa a ottenere la condanna del proprietario alla demolizione delle soprelevazioni realizzate, oltre al pagamento di quanto dovuto per le modifiche realizzate.

La Corte d’appello, successivamente, in parziale riforma della sentenza di primo grado, confermava la demolizione delle opere realizzate nei locali dell’ex stenditoio, ma respingeva le domande di risarcimento dei danni e di condanna delle quote condominiali inerenti al periodo dal 1° gennaio 1996 all’ultima emessa dall’amministratore condominiale.

Il proprietario, artefice dei lavori all'ultimo piano, ricorreva allora in Cassazione contestando, tra i vari motivi, l’illegittimità delle opere realizzate, in quanto basata sulla deduzione del pregiudizio all’equilibrio statico dell’edificio e il giudizio di sicurezza statica antisismica espresso, riguardo al “piano veranda”, dalle risultanze peritali.

La Cassazione respingeva il ricorso del proprietario in quanto se per il ripristino, chiesto per ragioni di decoro architettonico, il termine della prescrizione è ventennale, allorché siano le condizioni statiche dell’edificio a non consentire la sopraelevazione, è imprescrittibile l’azione di accertamento negativo tendente a far valere l’inesistenza del diritto di sopraelevare, mancando un presupposto della sua stessa esistenza.

I condòmini, dal canto loro, ricorrevano in Cassazione con ricorso incidentale, denunciando l’insufficiente motivazione in relazione al rigetto della domanda di pagamento delle quote condominiali. Ricorso respinto dalla Cassazione, in quanto la pretesa del pagamento delle quote si sarebbe potuta fondare anche su presupposti diversi da quelli prospettati con la domanda originaria, e perciò avrebbero potuto comportare un indiscriminato mutamento del fatto costitutivo del diritto di credito azionato. La Corte, con la sentenza in oggetto rigettava, perciò, sia il ricorso principale del proprietario sia quello incidentale dei condomini, compensando, tra le parti, le spese di giudizio di Cassazione.

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