Condominio

Il venditore risponde delle spese deliberate prima della riforma, anche se mancava la ripartizione

di Edoardo Valentino

Può accedere in condominio che si renda necessario realizzare lavori di manutenzione straordinaria e che questi siano inizialmente deliberati dall’assemblea, che si limita a decidere di effettuare i lavori, demandando ad un successivo momento le valutazioni in merito alla ripartizione delle spese. Tale ripartizione, poi, deve essere effettuata con gli ordinari criteri mediante approvazione del consuntivo in una successiva assemblea.

Cosa accade, però, se un proprietario che ha partecipato alla prima assemblea aliena il proprio immobile prima della convocazione della seconda, perdendo così la qualità di condomino? A rispondere al quesito ha pensato la Corte di Cassazione con la sentenza numero 15547 del 22 giugno 2017.

Il condominio aveva contro l’ex condòmino con decreto ingiuntivo, intimando il pagamento della quota di spese relative ai lavori straordinari, mentre l’ex proprietario si era difeso affermando di avere perso la qualifica di condòmino prima che fosse realizzata l’assemblea che aveva effettivamente determinato l’ammontare del debito.

Secondo tale ragionamento, quindi, a rispondere del debito avrebbe dovuto unicamente essere il nuovo acquirente dell’appartamento. La Corte di Cassazione, nella sentenza sopra menzionata, rigetta la ricostruzione presentata dal privato, sposando invece la tesi del condominio.

La Suprema Corte affermava l’irrilevanza della vendita dell’appartamento in epoca antecedente alla assemblea di ripartizione delle somme, dato che all’epoca in cui era sorta l’obbligazione era ancora in vigore la disposizione di cui all’articolo 63, comma 2, delle Disposizioni di attuazione del Codice civile, il quale affermava che chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso e a quello precedente (formulazione antecedente alla riforma apportata dall’approvazione della legge 220/2012).

Quindi, nel caso in questione si doveva individuare come momento costitutivo dell’obbligazione la data di approvazione dei lavori e non già la successiva assemblea di ripartizione del debito.

Questo momento, inoltre, è utile anche a determinare la sussistenza o meno dell’obbligo di partecipazione alla spesa da parte del venditore, mentre non sono opponibili al condominio eventuali accordi contrattuali presi tra le parti della vendita.

È quindi vero che al momento della vendita chi vende perde la qualità di condòmino, però per la riscossione dei contributi condominiali a fare fede per la legittimazione passiva del debitore è la sussistenza o meno di tale qualifica quando è sorto il debito.

Conclude quindi la Cassazione che «obbligato a contribuire alle spese di manutenzione straordinaria dell’edificio è chi era condomino, giacché proprietario dell’unità immobiliare poi alienata, al momento della delibera assembleare che abbia disposto l’esecuzione di detti lavori, proprio per il valore costitutivo della relativa obbligazione» e anche che «la circostanza della vendita dell’unità immobiliare prima che siano stati approvati tutti gli stati di ripartizione delle spese inerenti a quei lavori, o comunque prima che il condomino che aveva approvato gli stessi abbia adempiuto ai propri oneri verso il condominio, può impedire che sia emesso il decreto ingiuntivo con la clausola di immediata esecutività ex art. 63, comma 1, disp. Att.c.c., ma di certo non estingue il debito originario del cedente, che rimane azionabile in sede di processo di cognizione, o di ingiunzione ordinaria di pagamento».

La Cassazione, quindi, concludeva la decisione dichiarando la soccombenza dell’ex condomino e ponendo l’accento sull’importanza della verifica della situazione debitoria rispetto al condominio al momento della compravendita di un appartamento.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©