Condominio

Chi incendia la sterpaglia commette un delitto

di Valeria Sibilio


L'investigazione sulla natura degli incendi dolosi è un'attività complessa per la quale occorre operare nell'ambito di scenari particolari atti a consentire la ricostruzione delle cause e le responsabilità dei colpevoli. Il Codice penale categorizza come delitto colposo di danno la condotta di chi provoca incendi tali da non consentire una pronta operazione di spegnimento. Come ha dimostrato la Cassazione con la sentenza 38983 del 2017 nella quale ha esaminato il ricorso di una coppia condannata , dal Tribunale, rispettivamente alla pena di tre mesi e dieci giorni di arresto oltre ad un anno di reclusione, ed a un anno e sei mesi di reclusione per aver radunato e bruciato sterpaglie con conseguente sviluppo di fiamme di vaste proporzioni tali da rendere difficili le operazioni di spegnimento.
La Corte d'Appello, successivamente, aveva assolto una dei due imputati in quanto il fatto non risultava previsto dalla Legge come reato, confermando, tuttavia, nel resto, la sentenza del Tribunale.
Contro questa sentenza la coppia ha presentato ricorso per Cassazione, seppur con autonome impugnazioni. Il primo imputato aveva denunciato l'inutilizzabilità del materiale fotografico presentato agli atti, in quanto ricavato da videoriprese non autorizzate dal giudice per le indagini preliminari, realizzate in un “campo nomadi” e, quindi, in luogo di privata dimora e non in area pubblica. Inoltre, denunciava la mancata dimostrazione della propria responsabilità in relazione al reato ascrittogli, che egli stesso riteneva esclusivamente ascrivibile alla coimputata, la quale sarebbe stata illogicamente assolta per il medesimo episodio. Coimputata che, dal canto suo, tra i motivi di ricorso, denunciava il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, oltre all'erronea applicazione dell'art. 449 cod. pen., di cui non sarebbero stati sussistenti requisiti di fattispecie. Tale articolo recita che “chiunque cagiona per colpa un incendio, o un altro disastro preveduto dal capo primo di questo titolo, è punito con la reclusione da uno a cinque anni”.
Per la Cassazione, entrambi i ricorsi sono manifestamente infondati. Per quanto riguarda il primo imputato, la circostanza di fatto su cui si è fondata la tesi difensiva è stata smentita dai Giudici di Merito, secondo i quali le riprese erano state eseguite in uno spazio pubblico, collocato nelle immediate vicinanze del campo nomadi. Inoltre, le immagini delle videoriprese avevano ritratto l'imputato mentre operava con il rastrello nel punto in cui si erano poi sviluppate le fiamme, cogliendolo, in modo evidente, mentre era intento ad accumulare le sterpaglie che erano state, successivamente, bruciate. Quanto alle motivazioni presentate, in ricorso, dalla seconda imputata, i Giudici di merito hanno rilevato un repentino aumento delle fiamme la cui capacità di espansione era tale da provocare una difficoltà di spegnimento nelle operazioni condotte dai vigili del fuoco, protrattesi per circa mezz'ora. Inoltre, il giudice di merito ha ritenuto che non potessero concedersi le attenuanti generiche in considerazione dei precedenti penali dell'imputata.
Pertanto, la Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi e ha condannato i ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 2.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle Ammende.

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