Condominio

Posto auto, per la proprietà non basta la scrittura privata

di Valeria Sibilio

Se un condòmino occupa, saltuariamente, un posto auto condominiale, può vantare, di fatto, il diritto di possesso dello stesso? A questo quesito ha risposto la Cassazione con sentenza 19144 del 2017, nella quale ha esaminato il ricorso di un condòmino al quale la Corte d'Appello aveva respinto la domanda tendente alla reintegra nel possesso di un posto auto di cui il ricorrente si riteneva proprietario per acquisto mediante scrittura privata dal precedente proprietario.
La Corte di merito, negando rilievo a tale scrittura privata invocata dal ricorrente, aveva osservato che, nel caso in esame, mancava la prova di tale possesso in quanto dalle deposizioni dei testi emergevano indicazioni in merito ad un utilizzo sporadico del posto auto e non elementi concreti da cui desumere l'esercizio di un potere di fatto corrispondente al diritto di proprietà. Il ricorso in Cassazione era motivato dal fatto che, per il ricorrente, ai fini della tutela possessoria non è richiesta la pacificità del possesso né la continua utilizzazione della cosa, essendo sufficiente che la situazione di fatto si concreti in forme di godimento, anche se limitato in base alle esigenze del possessore, e che abbia i caratteri esteriori della proprietà.
Per la Cassazione, la sentenza impugnata si basava sulla mancanza di un potere di fatto del ricorrente riconducibile alla configurabilità del possesso, affermando che atti di saltuaria utilizzazione di un bene non valgono di per sé ad integrare gli estremi del possesso, poiché un soggetto può essere considerato possessore o compossessore di una cosa solo quando abbia in concreto la possibilità di disporre materialmente di essa senza che altri soggetti abbiano di fatto o di diritto il potere di escluderlo. Dalle deposizioni dei testi, era emerso un utilizzo solo sporadico del posto auto da parte del ricorrente, limitato a tre o quattro occasioni e da tale circostanza ha desunto la mancanza di prova di un possesso tutelabile. Secondo la Corte, in tema di azione di reintegrazione nel possesso, il ricorrente avrebbe dovuto provare di avere effettivamente esercitato, con carattere di attualità, la signoria di fatto sul bene. La Cassazione ha, perciò, rigettato il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese del grado di giudizio, liquidate in euro 2.100,00 di cui euro 200,00 per esborsi. Inoltre, al versamento dell'ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.

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