Condominio

Per i vizi dell’opera denuncia solo quando se ne ha «conoscenza piena»

di Antonino Porracciolo

Il termine di un anno per la denuncia dei vizi della costruzione decorre dal momento in cui il committente ha avuto conoscenza piena del difetto dell’opera appaltata, non essendo sufficiente una generica percezione di manifestazioni esteriori di vizi del bene. Lo ribadisce il Tribunale di Taranto (giudice Coccioli) nella sentenza 1006 depositata lo scorso 6 aprile.

La controversia scaturisce dalla richiesta di risarcimento di danni, avanzata da due coniugi nei confronti di una Srl per difetti dell’immobile che era stato loro venduto dalla stessa società. Si trattava, in particolare, di vizi che riguardavano la superficie della terrazza, il parapetto della veranda e l’intonaco interno dell’abitazione.

Nell’accogliere la domanda, il Tribunale osserva, innanzitutto, che la pretesa degli attori si fonda sull’articolo 1669 del Codice civile (intitolato «Rovina e difetti di cose immobili»), per il quale l’appaltatore è responsabile nei confronti del committente se, nel corso di dieci anni dalla realizzazione di un immobile destinato a lunga durata, il bene «rovina in tutto o in parte, ovvero presenta evidente pericolo di rovina o gravi difetti». A carico del committente è posto, comunque, l’onere di fare «la denuncia entro un anno dalla scoperta» del difetto.

Il giudice aggiunge quindi - citando la sentenza 25541/2015 della Cassazione - che l’azione di responsabilità prevista dall’articolo 1669 può essere esercitata non solo dal committente contro l’appaltatore, ma anche (come nel caso in esame) «dall’acquirente contro il venditore che abbia costruito l’immobile».

La questione da approfondire riguarda dunque il momento da cui decorre il termine per denunciare il vizio. Sul punto, la sentenza afferma che raramente si viene a conoscenza del difetto dell’opera in base alla sola «constatazione dell’aspetto delle cose»; in genere (e soprattutto quando «si tratta di opere di una certa entità»), è invece necessario lo svolgimento di indagini tecniche, anche per non iniziare liti infondate. Solo dopo quegli accertamenti, infatti, il committente acquista una sufficiente conoscenza (obiettiva e completa e non solo presuntiva) sia dei difetti sia «del loro collegamento causale con l’attività di esecuzione dell’opera». In questi casi - conclude il Tribunale, richiamando la sentenza 4398/1985 della Suprema corte - il termine annuale di decadenza «decorre dalla relazione del tecnico».

Nella vicenda in decisione, la consapevolezza dei vizi dell’opera si era avuta con una perizia del febbraio 2013, mentre la citazione per il risarcimento dei danni era stata notificata nel gennaio del 2014, e dunque entro l’anno previsto dall’articolo 1669 del Codice civile.

Il Tribunale rileva quindi che il consulente tecnico d’ufficio aveva verificato l’esistenza dei danni lamentati dagli attori, «derivati da cattiva ovvero insufficiente esecuzione dell’opera». Così, in base alle conclusioni del Ctu, la società convenuta è stata condannata al pagamento di 18mila euro a titolo di risarcimento.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©